Non sono mai stata un'amante della serialità italiana in generale, sicuramente perché essa ha un diverso approccio da quella straniera. Infondo ogni paese ha i migliori e i peggiori prodotti.
Scrivere e parlare in maniera obiettiva della serialità televisiva straniera è ovviamente più facile, quindi mi limiterò esclusivamente a criticare, cosa che so fare meglio e che mi riesce più facile, il fenomeno nostrano. Ma criticare significa anche apprezzare i nostri prodotti televisivi.
Non nego che da piccolina, come tutti, per staccare la testa dalla vita ordinaria, ho passato le mie serate attaccata alla tv, non vedendo l'ora di seguire le serie di maggior successo in quel momento. Prima fra tutte Il maresciallo Rocca (1996-2005), seguita sempre a spizzichi e bocconi; avrò avuto otto anni quando la seguivo, di sicuro non l'ho potuta apprezzare per il potenziale che aveva allora e tutt'oggi rientra tra quelle fiction di miglior qualità. A seguire posso sicuramente affermare di aver guardato: Un medico in famiglia (1998-2016), classica serie famigliare longeva e di successo che ho abbandonato dopo un tot stagioni prima di tutto per noia e poi perché non aveva niente a che vedere con la qualità che negli ultimi anni ho sempre ricercato; Commesse (1999-2002), storia di una boutique gestita da donne in cui assistiamo ai loro problemi quotidiani - avrò avuto sempre otto anni quando la seguivo ma mi piaceva davvero tanto; Le ali della vita (2000-2001), formata da due miniserie, con Sabrina Ferilli protagonista; Distretto di Polizia (2000-2012), classico con cui sono cresciuta ma le ultime stagioni le ho seguite davvero poco e niente; Il bello delle donne (2001-2003), serie vista da piccolina e seguita saltuariamente e che in quel periodo ha smontato diversi tabù e a cui ha fatto seguito una nuova stagione nel 2017; Carabinieri (2002-2008), storia di una caserma a Città della Pieve e a cui ha fatto seguito lo spin-off Carabinieri - sotto copertura (2005); Elisa di Rivombrosa (2003-2005), un altro appassionante grande classico della tv generalista che ho amato, e il suo sequel La figlia di Elisa (2007) che però non ho avuto il piacere di vedere; Orgoglio (2004-2006), seconda serie in costume che ho visto interamente; Caterina e le sue figlie (2005-2010), anch'essa seguita saltuariamente; Provaci ancora prof (2005-2017), anch'essa serie longeva, ma più attuale, ambientata in un ambiente scolastico, e che ho seguito solo per le prime stagioni. Non sono mai mancate serie sulla scuola sulla tv italiana negli ultimi decenni e nel corso della mia infanzia mi sono ritrovata a guardare qualche episodio: Caro maestro (1996-1997), Sei forte, maestro (2000-2001), Compagni di scuola (2001), I Liceali (2008-2011) e Fuoriclasse (2011).
Storicamente la narrazione seriale è basata sulla frammentazione della linearità e sulla ripetitività di uno schema. Nel primo caso abbiamo una trama lunga segmentata in puntate, nel secondo uno schema narrativo ripetuto in ogni episodio. In entrambi i casi si parte da un universo narrativo di base con un'ambientazione e con personaggi entrambi definiti. Alcuni studiosi ricordano che la "fiction" italiana, convenzionalmente chiamata anche telefilm, sia divisa in film per la tv (di soli pochi minuti in meno rispetto a un film per il cinema) che hanno visto spesso come protagonista la Ferilli, serial televisivi (come le telenovelas e le soap-opera), caratterizzati da una sequenza infinita di episodi come Centovetrine (2001-2016) e Un posto al sole (1996-) e le serie televisive. Questi ultimi due concept sono articolati in episodi; personalmente ho un odio verso le soap-opera in generale - ho seguito soltanto Incantesimo dal 1998 al 2008, inizialmente concepita come una serie/soap serale ma, da quando le ultime due stagioni sono state trasformate in una soap giornaliera, non l'ho più seguita - mentre alcune serie televisive italiane, di cui unicamente parlerò, hanno avuto i loro alti e bassi.
Al contrario, la miniserie è sempre stata una produzione che ha fatto sempre la differenza nelle reti generaliste. Caratterizzata da classici come La freccia nera (1968), La piovra (1984-2001) e Fantaghirò (1991-1996), è stata poi condensata negli anni per lo più da biografie su poliziotti, preti, papi o uomini che hanno fatto la storia, quasi sempre interpretati da Giuseppe Fiorello, per poi dare il via ad altri tipi di produzioni sempre più varie.
Non nego che da piccolina, come tutti, per staccare la testa dalla vita ordinaria, ho passato le mie serate attaccata alla tv, non vedendo l'ora di seguire le serie di maggior successo in quel momento. Prima fra tutte Il maresciallo Rocca (1996-2005), seguita sempre a spizzichi e bocconi; avrò avuto otto anni quando la seguivo, di sicuro non l'ho potuta apprezzare per il potenziale che aveva allora e tutt'oggi rientra tra quelle fiction di miglior qualità. A seguire posso sicuramente affermare di aver guardato: Un medico in famiglia (1998-2016), classica serie famigliare longeva e di successo che ho abbandonato dopo un tot stagioni prima di tutto per noia e poi perché non aveva niente a che vedere con la qualità che negli ultimi anni ho sempre ricercato; Commesse (1999-2002), storia di una boutique gestita da donne in cui assistiamo ai loro problemi quotidiani - avrò avuto sempre otto anni quando la seguivo ma mi piaceva davvero tanto; Le ali della vita (2000-2001), formata da due miniserie, con Sabrina Ferilli protagonista; Distretto di Polizia (2000-2012), classico con cui sono cresciuta ma le ultime stagioni le ho seguite davvero poco e niente; Il bello delle donne (2001-2003), serie vista da piccolina e seguita saltuariamente e che in quel periodo ha smontato diversi tabù e a cui ha fatto seguito una nuova stagione nel 2017; Carabinieri (2002-2008), storia di una caserma a Città della Pieve e a cui ha fatto seguito lo spin-off Carabinieri - sotto copertura (2005); Elisa di Rivombrosa (2003-2005), un altro appassionante grande classico della tv generalista che ho amato, e il suo sequel La figlia di Elisa (2007) che però non ho avuto il piacere di vedere; Orgoglio (2004-2006), seconda serie in costume che ho visto interamente; Caterina e le sue figlie (2005-2010), anch'essa seguita saltuariamente; Provaci ancora prof (2005-2017), anch'essa serie longeva, ma più attuale, ambientata in un ambiente scolastico, e che ho seguito solo per le prime stagioni. Non sono mai mancate serie sulla scuola sulla tv italiana negli ultimi decenni e nel corso della mia infanzia mi sono ritrovata a guardare qualche episodio: Caro maestro (1996-1997), Sei forte, maestro (2000-2001), Compagni di scuola (2001), I Liceali (2008-2011) e Fuoriclasse (2011).
Storicamente la narrazione seriale è basata sulla frammentazione della linearità e sulla ripetitività di uno schema. Nel primo caso abbiamo una trama lunga segmentata in puntate, nel secondo uno schema narrativo ripetuto in ogni episodio. In entrambi i casi si parte da un universo narrativo di base con un'ambientazione e con personaggi entrambi definiti. Alcuni studiosi ricordano che la "fiction" italiana, convenzionalmente chiamata anche telefilm, sia divisa in film per la tv (di soli pochi minuti in meno rispetto a un film per il cinema) che hanno visto spesso come protagonista la Ferilli, serial televisivi (come le telenovelas e le soap-opera), caratterizzati da una sequenza infinita di episodi come Centovetrine (2001-2016) e Un posto al sole (1996-) e le serie televisive. Questi ultimi due concept sono articolati in episodi; personalmente ho un odio verso le soap-opera in generale - ho seguito soltanto Incantesimo dal 1998 al 2008, inizialmente concepita come una serie/soap serale ma, da quando le ultime due stagioni sono state trasformate in una soap giornaliera, non l'ho più seguita - mentre alcune serie televisive italiane, di cui unicamente parlerò, hanno avuto i loro alti e bassi.
Al contrario, la miniserie è sempre stata una produzione che ha fatto sempre la differenza nelle reti generaliste. Caratterizzata da classici come La freccia nera (1968), La piovra (1984-2001) e Fantaghirò (1991-1996), è stata poi condensata negli anni per lo più da biografie su poliziotti, preti, papi o uomini che hanno fatto la storia, quasi sempre interpretati da Giuseppe Fiorello, per poi dare il via ad altri tipi di produzioni sempre più varie.
Tra le tante miniserie italiane degli ultimi anni ne ho viste e apprezzate diverse, ovviamente chi più e chi meno:
Don Milani - Il priore di Barbiana (1997) con Sergio Castellitto,
Soraya (2003) con Anna Valle,
Don Bosco (2004) con Flavio Insinna,
Paolo Borsellino (2004) con Giorgio Tirabassi,
Raccontami una storia (2004) con Lino Banfi,
Rivoglio i miei figli (2004) con Sabrina Ferilli,
Noi (2004) con Barbara D'Urso e Enzo De Caro,
Karol - Un uomo diventato Papa (2005), succeduta l'anno successivo da Karol - Un Papa rimasto uomo con Piotr Adamczyk,
La sacra famiglia (2006) con Alessandro Gassman,
Assunta Spina (2006) con Bianca Guaccero,
Gino Bartali - l'intramontabile (2006) con Pierfrancesco Favino,
La freccia nera (2006) con Riccardo Scamarcio,
Dalida (2006) con Sabrina Ferilli,
Giovanni Falcone - L'uomo che sfidò Cosa Nostra (2006) con Massimo Dapporto,
Exodus (2007) con Monica Guerritore,
Donne Sbagliate (2007) con Virna Lisi,
Chiara e Francesco (2007) con Ettore Bassi,
Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu (2007) con Claudio Santamaria,
Maria Montessori - una vita per i bambini (2007) con Paola Cortellesi,
Il capo dei capi (2007) con Claudio Gioè,
Coco Chanel (2008) con Barbara Bobulova,
Sissi (2009) con Cristiana Capotondi,
Il falco e la colomba (2009) con Giulio Berruti,
Due imbroglioni e mezzo (2010) con Claudio Bisio e Sabrina Ferilli,
Notte prima degli esami '82 (2011) con Enzo Decaro,
Atelier Fontana - le sorelle della moda (2011) con Alessandra Mastronardi, Anna Valle e Federica De Cola,
Viso D'Angelo (2011) con Gabriel Garko,
Il caso Enzo Tortora (2012) con Ricky Tognazzi,
Walter Chiari - fino all'ultima risata (2012) con Alessio Boni,
Volare - la grande storia di Domenico Modugno (2013) con Beppe Fiorello,
Pupetta - Il coraggio e la passione (2013) con Manuela Arcuri,
Il bosco (2015) con Giulia Michelini e Claudio Gioè,
L'Oriana (2015) con Vittoria Puccini,
Luisa Spagnoli (2016) con Luisa Ranieri,
Non è stato mio figlio (2016) con Stefania Sandrelli e Gabriel Garko,
Boris Giuliano - un poliziotto a Palermo (2016) con Adriano Giannini,
C'era una volta Studio Uno (2017) con Alessandra Mastronardi, Diana Del Bufalo e Giusy Buscemi,
Di padre in figlia (2017) con Alessio Boni,
Non mentire (2019) con Alessandro Preziosi e Greta Scarano,
L'amore strappato (2019) con Sabrina Ferilli.
Queste sono solo alcune che ho visto finora e che sicuramente possono valere la pena di essere viste; tutte le altre, se non sono in questo lungo elenco, è perché non ritengo che ne valgono la pena. In generale la maggior parte delle miniserie e serie televisive degli ultimi anni tendo spesso ad evitarle.
A differenza dei paesi esteri, in cui le sitcom riscontrano un maggior successo rispetto all'Italia, qui cito le uniche sitcom italiane conosciute: la classica Casa Vianello dal 1988 al 2008, da cui verranno prese molte scene classiche anche nella sitcom Finalmente soli (1999-2004), ispirata dallo spin-off Io e la mamma (1996-1998); il cast corale nell'azienda italiana di Camera Cafè (2003-2011); la sitcom che esplora le dinamiche dei rapporti di coppia Love Bugs (2004-2007); la sitcom Disney di ambientazione scolastica Quelli dell'intervallo (2005-2008); il prodotto televisivo su una famiglia disneyana Life Bites - Pillole di vita (2007-2013). In Italia, oggi, trova una maggiore influenza la webserie, ovvero minifiction di massimo 20 minuti, pensate esclusivamente per la diffusione via internet. Da Youtube a RaiPlay sono nate diverse produzioni, come The Pills e Una mamma imperfetta, ma grazie al prodotto Skam, che ha spopolato sulle reti TimVision e poi su Netflix, anche la webserie ha trovato una sua importanza.
Ma torniamo alle serie televisive. Dal 2006 fino agli anni 2010 abbiamo produzioni varie: dal ritorno delle serie televisive famigliari come I Cesaroni (2006-2014), meno longeva rispetto a Un medico in famiglia, ma di simile struttura narrativa; e Raccontami (2006-2008), originale prodotto televisivo perché ambientato negli anni '60, fino ad arrivare a produzioni unicamente sentimentali con musiche e ambientazioni meridionali come Capri (2006-2010). In questo periodo non mi sono fatta mancare anche L'onore e il rispetto (2006-2017) che ha, però, riscontrato fortissimi bassi ascolti nelle ultime due stagioni. Anche io ho abbandonato - all'incirca dopo tre stagioni - perché ho preferito produzioni di maggiore qualità, seppur è stato fatto uno sforzo maggiore sulla figura dell'antieroe nel contesto della mafia.
Dopo aver spolverato alcuni prodotti televisivi, a cominciare da quelli più vecchi, è utile citare quelli, per modo di dire, stile "Occhi del cuore", che vanno in onda da quando avevo all'incirca nove anni: in primis abbiamo la longeva Don Matteo (2000) con Terence Hill. Come il già citato Un medico in famiglia, si tratta di serie con stagioni infinite, portate avanti solo per l'interesse del pubblico. Da questo momento in poi il pubblico italiano si è appassionato a serie di indubbia qualità che hanno come protagonisti preti, suore, medici e poliziotti. Sinceramente, come già detto, un po' tutti abbiamo avuto quei momenti da piccoli passati davanti ad una tv di cui ancora non conoscevamo il futuro, e di Don Matteo e di altre serie tv mi rimane comunque un buon ricordo, dopo aver scelto di lasciarle nel dimenticatoio passata qualche stagione. Sono arrivata alla conclusione che tali serie troppo lunghe non riesco più a seguirle, a maggior ragione se il tipo di scrittura è peggiorato di anno in anno.
Arriviamo, così, a produzioni più attuali, ma sempre longeve, come Che Dio ci aiuti (2011) e Un passo dal cielo (2011), che ancora vanno in onda dopo la bellezza di cinque stagioni. Non le ho mai seguite se non qualche puntata guardata a tempo perso, capendo immediatamente come certi prodotti siano tutti uguali.
In questo periodo, però, sulla Rai assistiamo anche a serie tv poliziesche che hanno fatto la storia e che, seppur longeve e attualmente in produzione, sono di buonissima qualità. Sto parlando, ad esempio, de Il commissario Montalbano (1999), Rex (2008), sequel della serie austriaca Il commissario Rex (1994), e successivamente, L'ispettore Coliandro (2006). In particolare la prima e la terza, tratte entrambe da romanzi gialli e molto lontane dallo stile di molte altre serie tv poliziesche italiane, sono state trasmesse secondo un format decisamente innovativo per l'epoca, in quanto ogni serie televisiva, fino allora conosciuta, si concentrava non solo sulle indagini ma anche sulla vita privata dei protagonisti. A differenza di Rex, innovativo per la presenza di un cane come protagonista (anche se dopo il successo della serie originale non era più innovativo), Il commissario Montalbano, acclamato dalla critica, ha dato avvio ad un nuovo modo di raccontare la fiction poliziesca, sicuramente grazie ai romanzi di Andrea Camilleri. Trasmesso in molte reti televisive straniere, vede come protagonista Luca Zingaretti. Ne è stato fatto anche un prequel sulla vita di Montalbano, Il giovane Montalbano (2012), con Michele Riondino. L'Ispettore Coliandro, anch'essa tratta da alcuni romanzi gialli, vede come protagonista Giampaolo Morelli e riprende, appunto, molti modelli polizieschi classici, incluso in parte Il Commissario Montalbano, per farne un genere a sé stante. Le ho poco seguite tutte quante, seppur fatte molto bene. Penso di avere un problema con le serie tv autoconclusive: ogni episodio è un film tv a sé stante con una trama verticale, per questo motivo, senza una ricca trama orizzontale, mi annoiano. Apprezzabile ma non sono decisamente un'amante di questa modalità. Mi è, quindi, più facile seguire qualche puntata di tanto in tanto.
A differenza dei paesi esteri, in cui le sitcom riscontrano un maggior successo rispetto all'Italia, qui cito le uniche sitcom italiane conosciute: la classica Casa Vianello dal 1988 al 2008, da cui verranno prese molte scene classiche anche nella sitcom Finalmente soli (1999-2004), ispirata dallo spin-off Io e la mamma (1996-1998); il cast corale nell'azienda italiana di Camera Cafè (2003-2011); la sitcom che esplora le dinamiche dei rapporti di coppia Love Bugs (2004-2007); la sitcom Disney di ambientazione scolastica Quelli dell'intervallo (2005-2008); il prodotto televisivo su una famiglia disneyana Life Bites - Pillole di vita (2007-2013). In Italia, oggi, trova una maggiore influenza la webserie, ovvero minifiction di massimo 20 minuti, pensate esclusivamente per la diffusione via internet. Da Youtube a RaiPlay sono nate diverse produzioni, come The Pills e Una mamma imperfetta, ma grazie al prodotto Skam, che ha spopolato sulle reti TimVision e poi su Netflix, anche la webserie ha trovato una sua importanza.
Ma torniamo alle serie televisive. Dal 2006 fino agli anni 2010 abbiamo produzioni varie: dal ritorno delle serie televisive famigliari come I Cesaroni (2006-2014), meno longeva rispetto a Un medico in famiglia, ma di simile struttura narrativa; e Raccontami (2006-2008), originale prodotto televisivo perché ambientato negli anni '60, fino ad arrivare a produzioni unicamente sentimentali con musiche e ambientazioni meridionali come Capri (2006-2010). In questo periodo non mi sono fatta mancare anche L'onore e il rispetto (2006-2017) che ha, però, riscontrato fortissimi bassi ascolti nelle ultime due stagioni. Anche io ho abbandonato - all'incirca dopo tre stagioni - perché ho preferito produzioni di maggiore qualità, seppur è stato fatto uno sforzo maggiore sulla figura dell'antieroe nel contesto della mafia.
Dopo aver spolverato alcuni prodotti televisivi, a cominciare da quelli più vecchi, è utile citare quelli, per modo di dire, stile "Occhi del cuore", che vanno in onda da quando avevo all'incirca nove anni: in primis abbiamo la longeva Don Matteo (2000) con Terence Hill. Come il già citato Un medico in famiglia, si tratta di serie con stagioni infinite, portate avanti solo per l'interesse del pubblico. Da questo momento in poi il pubblico italiano si è appassionato a serie di indubbia qualità che hanno come protagonisti preti, suore, medici e poliziotti. Sinceramente, come già detto, un po' tutti abbiamo avuto quei momenti da piccoli passati davanti ad una tv di cui ancora non conoscevamo il futuro, e di Don Matteo e di altre serie tv mi rimane comunque un buon ricordo, dopo aver scelto di lasciarle nel dimenticatoio passata qualche stagione. Sono arrivata alla conclusione che tali serie troppo lunghe non riesco più a seguirle, a maggior ragione se il tipo di scrittura è peggiorato di anno in anno.
Arriviamo, così, a produzioni più attuali, ma sempre longeve, come Che Dio ci aiuti (2011) e Un passo dal cielo (2011), che ancora vanno in onda dopo la bellezza di cinque stagioni. Non le ho mai seguite se non qualche puntata guardata a tempo perso, capendo immediatamente come certi prodotti siano tutti uguali.
In questo periodo, però, sulla Rai assistiamo anche a serie tv poliziesche che hanno fatto la storia e che, seppur longeve e attualmente in produzione, sono di buonissima qualità. Sto parlando, ad esempio, de Il commissario Montalbano (1999), Rex (2008), sequel della serie austriaca Il commissario Rex (1994), e successivamente, L'ispettore Coliandro (2006). In particolare la prima e la terza, tratte entrambe da romanzi gialli e molto lontane dallo stile di molte altre serie tv poliziesche italiane, sono state trasmesse secondo un format decisamente innovativo per l'epoca, in quanto ogni serie televisiva, fino allora conosciuta, si concentrava non solo sulle indagini ma anche sulla vita privata dei protagonisti. A differenza di Rex, innovativo per la presenza di un cane come protagonista (anche se dopo il successo della serie originale non era più innovativo), Il commissario Montalbano, acclamato dalla critica, ha dato avvio ad un nuovo modo di raccontare la fiction poliziesca, sicuramente grazie ai romanzi di Andrea Camilleri. Trasmesso in molte reti televisive straniere, vede come protagonista Luca Zingaretti. Ne è stato fatto anche un prequel sulla vita di Montalbano, Il giovane Montalbano (2012), con Michele Riondino. L'Ispettore Coliandro, anch'essa tratta da alcuni romanzi gialli, vede come protagonista Giampaolo Morelli e riprende, appunto, molti modelli polizieschi classici, incluso in parte Il Commissario Montalbano, per farne un genere a sé stante. Le ho poco seguite tutte quante, seppur fatte molto bene. Penso di avere un problema con le serie tv autoconclusive: ogni episodio è un film tv a sé stante con una trama verticale, per questo motivo, senza una ricca trama orizzontale, mi annoiano. Apprezzabile ma non sono decisamente un'amante di questa modalità. Mi è, quindi, più facile seguire qualche puntata di tanto in tanto.
Grazie a queste e altre produzioni del genere, negli ultimi anni, oltre alle solite e noiose fiction sui preti e suore che fanno i poliziotti, o su insegnanti, o ancora sui medici, viene dato quel valore distinto che c'era negli anni '90 all'Arma dei Carabinieri o ai Commissariati, trovando produzioni ben fatte su poliziotti, carabinieri, mafia, fino a concentrarci sempre di più su gialli e misteri. Menzioni a parte vanno ad alcune miniserie, che non ho avuto modo di vedere, e serie come La Narcotici (2011), I bastardi di Pizzofalcone (2017), Imma Tataranni - sostituto procuratore (2019), ma soprattutto alla nuova serie Rocco Schiavone (dal 2016).
Dopo il successo di Gomorra (recensione qui), arrivato su Sky nel 2014, assistiamo alla svolta televisiva di qualità con 1992 nell'anno 2015, per poi proseguire con 1993 e 1994 (rispettivamente negli anni 2017 e 2019; qui la recensione della trilogia).
Sono i cosiddetti anni d'oro.
Anche nella Rai troviamo una tv un po' più ricercata, seppur di nicchia, con Non Uccidere (2015-2018), che vede protagonista Miriam Leone. Purtroppo non apprezzata da tutti la qualità dello show, gli ultimi episodi della seconda stagione sono stati trasmessi solo nella piattaforma online di RaiPlay. È il momento di Netflix, con le sue innumerevoli produzioni straniere e, cogliendone la particolarità di Non Uccidere, si appresta a trasmettere anche quei pochi buoni prodotti Rai, eclissati da una tv generalista in contrasto da quella essenzialmente di nicchia.
Grazie, quindi, al successo delle nuove piattaforme come Sky (la prima che ha trasmesso i primissimi prodotti di qualità come Boris, 2007) e Netflix, che cominciano a trasmettere anche serie televisive italiane, dal 2016 fino agli attuali anni assistiamo ad un nuovo modo di fare televisione anche nelle reti televisive della Rai. Ricordiamo l'omonimo prodotto televisivo tratto dal film di Pif, La mafia uccide solo d'estate (2016-2018), che racconta di una famiglia siciliana alla fine degli anni '70 alle prese con i problemi quotidiani, i quali diventeranno molto più grandi quando entreranno nelle loro vite anche quelli legati alla mafia. La serie vede come protagonisti Claudio Gioè e Anna Foglietta. Un'altra produzione apprezzabile e di enorme successo in questi anni, ma non della stessa qualità, è stata L'Allieva, tratta dai libri di Alessia Gazzola e con protagonisti Alessandra Mastronardi e Lino Guanciale. Attualmente stiamo in attesa della terza stagione, che verrà trasmessa quest'autunno, ma dopo la prima mi è sembrato di vedere un prodotto un po' troppo riciclato, quindi ho da subito abbandonato. Sicuramente l'attrice protagonista non mi ha fatto apprezzare appieno la trama della serie, quindi la escluderei come serie da consigliare.
Dopo il successo internazionale de I Medici (2016-2019) e l'ingresso su Netflix per Suburra (2017), trasmessa successivamente in chiaro su Rai 2, la Rai ha trovato un grandissimo riscontro nell'attuale prodotto de L'amica geniale (2018), tratta dai best-seller di Elena Ferrante e in attesa della terza stagione. Contemporaneamente Netflix si è apprestata a lanciare il suo secondo prodotto italiano, Baby (2018).
Il 2016 è stato, senza dubbio, un anno memorabile che verrà ricordato in Italia per due grandi produzioni televisive: la già citata Gomorra - La serie (stagione 2) e The Young Pope. Sono ormai passati sei anni da quando il primo episodio di Gomorra, tratta dall'omonimo bestseller di Roberto Saviano, ha debuttato su Sky. Correva l'anno 2014 e nessuno sapeva, ancora, cosa il giudizio del pubblico avrebbe conferito alla serie, diventata ormai di culto. Non è mai facile stabilire quale sia la chiave vincente di quest'opera in relazione al target di riferimento. Eppure il regista Stefano Sollima, dopo il grande successo di Romanzo Criminale (2008-2010), che ha portato ad una rivoluzione su come fare la tv italiana, ha saputo trovare il modo più efficace per adattare storie italiane forti e renderle reali. Anche Sorrentino, due anni dopo rispetto a Gomorra, ha saputo rendere la storia del primo pontefice statunitense interessante, portando sulla televisione un prodotto coraggioso, ben scritto e interpretato da Jude Law. Nel 2020 va in onda il sequel The New Pope che racconta la storia di un nuovo papa. Ad entrambe le sopracitate produzioni Sky è possibile riconoscere lo status di "cult television", ovvero quella che da qualche anno è stata definita tv di qualità. In questo stesso anno si susseguono, ancora una volta, produzioni internazionali come Diavoli con Patrick Dempsey e Alessandro Borghi e, sempre su Sky, arriveranno Romulus, diretta da Matteo Rovere, e We are who We are, diretta da Luca Guadagnino.
Ma torniamo indietro di qualche anno per capire come nasce questo enorme successo per i nuovi prodotti italiani, e quindi torniamo alla rete di nicchia Sky. In realtà già dal 2007 al 2010 su Sky avevamo assistito ad un diverso modo di raccontare la televisione con il grande successo di Boris, che ha fatto sì che venissero scritte serie più legate alla realtà. Sempre su Sky nel 2008 hanno preso piede le piccole produzioni di poche puntate di Quo vadis, baby? e Donne Assassine, senza dimenticarci il già citato cult Romanzo Criminale. Per poi nel 2012 assistere alla miniserie biografica Faccia D'angelo con Elio Germano e dal 2013 al 2017 la serie In Treatment con Sergio Castellitto.
Il 2016 è stato, senza dubbio, un anno memorabile che verrà ricordato in Italia per due grandi produzioni televisive: la già citata Gomorra - La serie (stagione 2) e The Young Pope. Sono ormai passati sei anni da quando il primo episodio di Gomorra, tratta dall'omonimo bestseller di Roberto Saviano, ha debuttato su Sky. Correva l'anno 2014 e nessuno sapeva, ancora, cosa il giudizio del pubblico avrebbe conferito alla serie, diventata ormai di culto. Non è mai facile stabilire quale sia la chiave vincente di quest'opera in relazione al target di riferimento. Eppure il regista Stefano Sollima, dopo il grande successo di Romanzo Criminale (2008-2010), che ha portato ad una rivoluzione su come fare la tv italiana, ha saputo trovare il modo più efficace per adattare storie italiane forti e renderle reali. Anche Sorrentino, due anni dopo rispetto a Gomorra, ha saputo rendere la storia del primo pontefice statunitense interessante, portando sulla televisione un prodotto coraggioso, ben scritto e interpretato da Jude Law. Nel 2020 va in onda il sequel The New Pope che racconta la storia di un nuovo papa. Ad entrambe le sopracitate produzioni Sky è possibile riconoscere lo status di "cult television", ovvero quella che da qualche anno è stata definita tv di qualità. In questo stesso anno si susseguono, ancora una volta, produzioni internazionali come Diavoli con Patrick Dempsey e Alessandro Borghi e, sempre su Sky, arriveranno Romulus, diretta da Matteo Rovere, e We are who We are, diretta da Luca Guadagnino.
Ma torniamo indietro di qualche anno per capire come nasce questo enorme successo per i nuovi prodotti italiani, e quindi torniamo alla rete di nicchia Sky. In realtà già dal 2007 al 2010 su Sky avevamo assistito ad un diverso modo di raccontare la televisione con il grande successo di Boris, che ha fatto sì che venissero scritte serie più legate alla realtà. Sempre su Sky nel 2008 hanno preso piede le piccole produzioni di poche puntate di Quo vadis, baby? e Donne Assassine, senza dimenticarci il già citato cult Romanzo Criminale. Per poi nel 2012 assistere alla miniserie biografica Faccia D'angelo con Elio Germano e dal 2013 al 2017 la serie In Treatment con Sergio Castellitto.
In questo periodo anche la Rai e Mediaset hanno tentato di aprirsi a nuovi generi, non sempre riuscendo, però, a produrre qualcosa di memorabile. Alla fine ciò che ha sempre avuto un discreto successo, fin dai tempi antichi, è la cosiddetta "fiction sulla famiglia":
nel 2008 Tutti pazzi per amore con Emilio Solfrizzi (Rai);
nel 2012 Questo nostro amore con Neri Marcorè e Anna Valle (Rai), Le tre rose di Eva con Roberto Farnesi e Anna Safroncik (Mediaset) e Una grande famiglia con Stefania Sandrelli e Alessandro Gassman (Rai), da cui è stato tratto un prequel in forma di webserie;
nel 2014 Braccialetti Rossi con Aurora Ruffino, Carmine Buschini e Brando Pacitto (Mediaset);
nel 2015 È arrivata la felicità con Claudia Pandolfi e Claudio Santamaria (Rai), da cui sono state tratte due webserie, ed infine Questo è il mio paese con Violante Placido (Rai) e Solo per amore con Antonia Liskova (Mediaset);
nel 2016 Non dirlo al mio capo con Lino Guanciale e Vanessa Incontrada (Rai).
Dopo il boom dell'anno 2016, anche le reti generaliste si sono, quindi, adeguate a scritture ben più particolari, anche se non sempre hanno appassionato. Sono stata la prima ad averle abbandonate dopo una sola stagione o addirittura dopo pochi episodi. In realtà la "particolarità" italiana delle reti generaliste si distingueva solo per alcune serie. Ricordiamo:
Dopo il boom dell'anno 2016, anche le reti generaliste si sono, quindi, adeguate a scritture ben più particolari, anche se non sempre hanno appassionato. Sono stata la prima ad averle abbandonate dopo una sola stagione o addirittura dopo pochi episodi. In realtà la "particolarità" italiana delle reti generaliste si distingueva solo per alcune serie. Ricordiamo:
nel 2017 La porta rossa con Lino Guanciale e Gabriella Pession (Rai), Sorelle con Anna Valle (Rai) e Scomparsa con Vanessa Incontrada e Giuseppe Zeno (Rai);
nel 2018 Il cacciatore con Francesco Montanari (Mediaset), La Vita Promessa con Luisa Ranieri e Francesco Arca (Rai), arrivata alla seconda stagione, e Nero a metà con Claudio Amendola (Rai) ancora in corso;
nel 2019 Il nome della Rosa con John Turturro (Rai) e Il silenzio dell'acqua con Giorgio Pasotti e Ambra Angiolini (Mediaset), a cui ha fatto seguito una seconda stagione che verrà trasmessa due anni dopo;
nel 2020 Doc - Nelle tue mani (Rai) con Luca Argentero.
Non mancano ovviamente i flop come Amore pensaci tu (2017) con Emilio Solfrizzi, Filippo Nigro e Giulia Bevilacqua (Mediaset) e Immaturi - La serie (2018) con Ricky Memphis (Rai), entrambe cancellate dopo una sola stagione. Le altre citate - prima del 2016 - sono di fatto concluse, pochissime altre in conclusione (come Gomorra) e la maggior parte non le seguo più - altre ancora mi piacerebbe seguire come Il cacciatore, Il nome della Rosa e Rocco Schiavone, ma non mi decido mai di iniziarle. Sono andate in onda tantissime altre fiction, oltre Doc, che non mi interessa particolarmente di iniziare. Attualmente, oltre le già citate, attendiamo anche la seconda stagione di Nero a metà e la terza de La porta rossa.
Con Luna Nera e Curon (entrambe del 2020), Netflix ha dato conferma di saper produrre anche serie italiane che si allontanano dai soliti generi delle reti generaliste, andando a ricercare stili diversi, come quelli già incontrati con le produzioni Sky. Già l'avevamo visto con Suburra, ma adesso abbiamo la conferma che la Rai e Mediaset rimarranno sempre un passetto indietro rispetto alle nuove piattaforme online.