NON UCCIDERE


La serie poliziesca, trasmessa prima su Rai 3 e poi su Rai 2, risale ad ormai molto tempo fa ma mi sono decisa a recensire questa "fiction" italiana perché forse è una delle prime, trasmesse dalla Rai, che prova veramente a distaccarsi dalle altre serie italiane. E ci riesce. Ci riesce eccome. Ne vorrei parlare perché mi sono ritrovata a pensare a tutto ciò che ho visto in tv da piccola e a ciò che negli ultimi anni ho evitato e, facendo una veloce ricostruzione mentale, Non Uccidere è una di quelle serie che, da un certo momento in poi, mi ha dato di nuovo fiducia nei prodotti italiani. Era raro, infatti, trovare insieme tante buone intenzioni e tanti aspetti davvero ben curati (luci, fotografia). Ovvio che stiamo parlando di quei pochi prodotti che hanno cominciato a farsi strada nelle varie piattaforme, ma Non Uccidere nel 2015 non aveva di certo intenzione di sbarcare sulle nuove piattaforme (Netflix aveva cominciato ad ampliare la sua distribuzione online da solo un anno). Nonostante avesse tutte le carte in regola per essere trasmessa da Sky, la piattaforma in quel momento stava puntando tutto su Gomorra. 
Di fatto, il grosso problema della fiction italiana è che non sviluppa le storie, involucra i personaggi dentro un'idea e, in assenza di storyline e cura dei personaggi secondari, si perde. Mantenendo il discorso sulla Rai, almeno si è cercato di provare a rinnovare il linguaggio, confezionando nel tempo pochi, ma buoni, prodotti di qualità.

La serie dal sapore nordeuropeo racconta casi riguardanti crimini familiari o comunque commessi in comunità chiuse. A indagare è Valeria Ferro (Miriam Leone), ispettore della Squadra Omicidi della Mobile di Torino, aiutata dal suo braccio destro Andrea Russo (Matteo Martari), dal veterano Gerardo Mattei e dal novellino Luca Rinaldi. Assieme alle indagini, emerge via via il doloroso passato di Valeria: quando era una bambina, sua madre Lucia (Monica Guerritore) è finita in carcere per l'omicidio del marito, suo padre, e così la piccola Valeria è cresciuta appena fuori Torino con il fratello Giacomo e lo zio Giulio e, una volta entrata in polizia, è diventata la compagna di Giorgio, suo capo. Come se non bastasse, era stato proprio Giorgio, all'epoca ancora agente, a condurre le indagini sul caso che però, anche a distanza di due decenni, non smette di presentare troppi punti oscuri. 
Ora che sua madre è uscita dal carcere, Valeria, nonostante i buoni propositi del fratello, rifiuta ogni contatto con la donna ma continua a porsi domande sulla morte del padre, sulla quale Lucia sembra non aver detto tutto. Valeria, dal carattere piuttosto impulsivo, ha un cattivo rapporto con la madre in seguito all'omicidio di suo padre. Lucia è stata condannata a vent'anni per l'omicidio del marito. Una volta uscita dal carcere, dopo poco fa perdere le sue tracce e Valeria inizia a indagare insieme a Russo e Lombardi scoprendo tutta la verità anche sulla morte del padre. 
La trama verticale di ciascun episodio affronta casi inquietanti, non lontani dalla vera cronaca nera italiana. In una Torino nebbiosa, dai toni spenti e freddi, va in scena la rappresentazione dell'oscurità dell'animo umano.

Nella seconda stagione, per la gioia dei fan, a livello di dialoghi, le scene "giudiziarie" sono ridotte al minimo, mentre, a livello di trama, Valeria ha scelto con chi stare, così gli shippatori seriali potranno piacevolmente esultare. In tutto questo la scelta dei personaggi protagonisti nei casi di puntata in puntata è notevole: quasi solo personaggi con anni di carriera alle spalle e già abituati a un livello alto nelle produzioni. Inoltre l'assenza di uno dei personaggi principali (Monica Guerritore), andato via per dissidi con la produzione, è stata gestita benissimo, a livello di trama. Ridotta, quindi, in termini di cast e in termini di durata (dai 90 ai 50 minuti ad episodio), nonostante questo il risultato finale non cambia, anzi migliora e la serie si conferma come il prodotto televisivo più originale del panorama italiano. Cominciando dalla scelta di dedicare un intero episodio al passato di Valeria e alle vicende che hanno portato alla morte di suo padre, continuando con la dipendenza da antidepressivi che si risolve abbastanza velocemente invece di trascinarsi senza una meta, e finendo con il ridimensionamento del personaggio di Lombardi fin troppo presente nella stagione scorsa. 
La vera sfida risiede proprio nelle storie dei singoli episodi. Riuscire a trattare temi come la pedofilia, la violenza sulle donne, la fede, le malattie incurabili dei bambini e la competizione malata, in modo originale e mai ovvio è complesso. Probabilmente alcuni episodi sono riusciti meglio di altri; inoltre, tutto sembra far pensare che dietro la morte dei genitori di Valeria ci sia la mano di un'associazione mafiosa e il personaggio della neo ritrovata sorella non convince, risulta una presenza fin troppo forzata. L'episodio finale non riesce a coinvolgere emotivamente quanto il finale della scorsa stagione. Nonostante ciò, la sfida è stata proprio quella di staccarsi da una televisione come rifugio sicuro da cui nascondersi per approdare ad una buona qualità del prodotto. È un'investigazione sulla psiche quella di Non Uccidere e la morte della madre non fa che amplificare il tutto, trasformando Valeria dall'implacabile e intuitivo ispettore della prima stagione in un'impulsiva e autodistruttiva donna che non ha più nulla da perdere.

Il prodotto è cupo, teso, lento e da pochi sorrisi, con una fotografia fredda. Non Uccidere è un noir, composto da due stagioni, interrotte a causa dei bassi ascolti, che hanno portato conseguentemente alla cancellazione della serie, troppo avanti per il panorama italiano e troppo indietro per quello anglosassone. Dopo la sua ultima interruzione da parte della Rai (a distanza di tempo ha cambiato canale nel corso della prima stagione e poi la stagione successiva ha riprovato la messa in onda su Rai 2 e prima ancora da RaiPlay in anteprima), molti mesi dopo la piattaforma RaiPlay ha deciso di accontentare i pochi fan con gli ultimi inediti episodi girati (una sorta di terza stagione). Non a caso anche Netflix ha deciso di trasmetterlo per merito della sua scrittura. Una scrittura che non riguarda solo le trame degli episodi ma anche i personaggi che si raccontano all'interno delle storie. Abbiamo una Miriam Leone infilata in maglioni sformati, con i capelli sempre legati e un sorriso che fatica a spuntare oltre le lunghe occhiaie e il viso acqua e sapone. Il personaggio di Valeria Ferro ha dato la possibilità all'attrice catanese di distanziarsi dal ruolo di ex Miss Italia che per molti anni si è portata dietro, dimostrando di possedere notevoli doti recitative e forte personalità (e di questo ne abbiamo avuto conferma con la trilogia 1992-1993-1994) e ha anche offerto la giusta e meritata visibilità al partner di scena della Leone, Matteo Martari (I Medici). Entrambi bravi nel formare una coppia artistica di spessore supportata da un'evidente alchimia. Queste cose in Non Uccidere ci sono, finalmente, ma ancora faticano a definirsi interamente. Prodotto audace e coraggioso, non ripagato dagli ascolti, che ha aperto le strade ad una televisione nuova anche in Italia.