Mentre altre
serie adolescenziali come Pretty Little Liars e The Vampire Diaries
stavano per concludersi, nel 2017 Riverdale (qui la recensione della serie) si distingueva con il suo
mix di mistero contemporaneo e atmosfera retrò. Nel corso dei suoi sette anni
di messa in onda, Riverdale ci ha abituati alle stramberie più bizzarre
e impensabili. La serie si è trasformata più volte nel corso delle stagioni
toccando diversi generi fino a sfociare nel soprannaturale che ha comportato -
in ordine casuale - stregoneria, viaggi nel tempo e universi alternativi.
Insomma, i coraggiosi che sono rimasti fedeli alla serie fino alla fine ne
hanno viste di tutti i colori. La sensazione, giunti alla fine di quasi ogni
episodio, ricco di molti svincoli narrativi aperti (e talvolta mai chiusi), era
spesso quella che Roberto Aguirre-Sacasa e gli sceneggiatori scrivessero sotto
l'effetto della Jingle Jungle della serie o, in alternativa, che noi spettatori
stessimo in qualche modo sperimentando un'allucinazione collettiva. Non ha
fatto eccezione, da questo punto di vista, la settima e ultima stagione della
serie (conclusasi negli Stati Uniti un anno fa esatto) che ci ha regalato ancora
una volta momenti che, nel bene ma soprattutto nel male, non dimenticheremo poi
troppo facilmente.
Il finale della stagione 6 (qui la recensione) aveva visto i protagonisti vedersela con una cometa che minacciava di abbattersi su Riverdale. Mentre tentavano di fermarla con le loro inedite abilità sovrannaturali, con l'aiuto di Tabitha l'ormai strega Cheryl e compagni erano stati catapultati indietro nel tempo fino nei coloratissimi anni '50, nuovamente adolescenti, ma senza ricordo alcuno della loro vita passata. Ed è così che li abbiamo ritrovati a partire dalla premiere della settima stagione. Dall'arrivo di Veronica alla cotta di Betty per Archie fino alla vita da outsider di Jughead, la stagione conclusiva di Riverdale ha riproposto eventi e personaggi cardine della prima stagione mescolandoli a un contesto storico e sociale del tutto nuovo per lo show. Nuovo non proprio, visto il caratteristico stile della serie e le trame già sviscerate negli anni, ma sicuramente un ritorno alle origini. Dove tutto era più bello. C'è, però, da sottolineare che gli attori, ormai adulti, fanno ridere nuovamente nei panni di loro adolescenti. Questa volta negli anni '50, ma pur sempre adolescenti e con un futuro ancora tutto da scrivere. Scelta interessante per la serie, ma non abbastanza sensata per la trama dello show. Anche se, ormai, alla fine siamo giunti a trame e sottotrame inverosimili in cui tutto aveva poco senso.
In realtà si tratta di una sorta di
omaggio ai fumetti: i primi pubblicati da Archie Comics, infatti, risalgono al
1942. Come racconta lo showrunner, l'ultima stagione permette alla serie tv di
richiamare il fascino dei fumetti come una sorta di lettera d'amore nei loro
confronti a partire dall'estetica dei personaggi. Lo sceneggiatore, seppur le idee
iniziali di scrittura erano diverse, ha poi ribadito che quando hanno iniziato
a delineare l'ultima stagione si sono resi conto che il vero villain avrebbe
dovuto essere la società, mostrando i protagonisti che lottano per vivere in
modo autentico e onesto, dando spazio alla propria individualità nonostante si
ritrovino alle prese con una realtà opprimente che punisce chiunque andasse
contro le idee tradizionali di famiglia e sui ruoli di genere. Peccato, però, che questa stagione
non sia altro che un reboot finalizzato a chiudere la serie, senza rispondere
realmente a nessuna delle linee narrative precedenti. Essa propone solo nuove
situazioni per portare avanti i nuovi personaggi (poiché alla fine tutti loro
sono diversi da come li avevamo conosciuti fino ad ora) in una linea narrativa
che non ha niente a che fare con il racconto precedente, se non per alcuni
piccoli elementi presenti sia nel Mondo 1 che nel Mondo 2. Ora Betty è fidanzata con Kevin,
Archie vive con sua madre Mary mentre suo padre è morto nella guerra in Corea e
Veronica è la figlia di star del cinema e amica di James Dean, appena deceduto
in un incidente stradale. Jughead è l'unico che ricorda le loro vite precedenti, ma ha difficoltà a
convincere i suoi amici che in realtà vengono dal futuro. Così una sera al
Pop's gli appare l'angelo Tabitha del futuro che gli racconta la verità: la
Riverdale della sua linea temporale è stata distrutta con tutti i suoi abitanti
e, per salvarli, li ha mandati nel passato. Nel frattempo, lei sta cercando di
riordinare le linee temporali e per farlo nella più totale tranquillità ha
bisogno che Jughead dimentichi il suo passato, come è avvenuto anche per gli
altri. Jones, triste per ciò, è costretto ad accettare, cancellando il suo
passato e accettando il suo nuovo presente; Jughead capisce che ormai sono tutti
bloccati lì e fino a quando non riusciranno a tornare nel presente dovranno
ricostruirsi una vita in quell'epoca, pensando semplicemente ai ragazzi/e, ai
piani futuri da intraprendere nella vita, oltre alle problematiche connesse
agli anni '50 come la paura del comunismo, la guerra fredda e i numerosi
problemi legati al razzismo, al femminismo e alle tematiche sessuali, in un
mondo ancora alquanto bigotto e a favore del tradizionalismo e dei bianchi.
Nonostante una conclusione soddisfacente ed emozionale, che mostra una Riverdale alquanto distrutta e abbandonata, ho avuto la
sensazione che tutto sia stato tirato via, con un finale tappa buco che può far
contenti un po' tutti all'interno di una stagione che ha giocato sempre con un
costante mix tra sentimentalismo ed elementi grotteschi-assurdi, con giovani
donne e giovani uomini che si ritrovano ad affrontare situazioni complesse e
più grandi di loro e poco realistiche per la loro effettiva età (Veronica
produttrice e gestore di un cinema??), in questo senso Riverdale soffre
dei problemi che ha avuto Tredici, nonostante ciò possiamo ben asserire
che se Tredici offre anche attori mediocri e dialoghi alquanto
inverosimili, la serie di The Cw riesce a mantenere una maggior dignità,
attraverso un'ottima convivenza tra le sue mille sfaccettature.
L'ultimo episodio di Riverdale 7 si è aperto
con una Betty ottantaseienne che, sul letto di morte, ha espresso il desiderio
di rivivere il suo ultimo giorno di scuola con gli amici di sempre.
Accompagnata da una sorta di guida spirituale con le sembianze di Jughead, si è
ritrovata ancora una volta nel suo corpo da adolescente per rivedere le persone
che aveva amato in quegli anni prima di congedarsi dalla vita terrena. Attraverso il viaggio di Betty nel
viale dei ricordi, anche noi spettatori abbiamo appreso il destino di tutti i
personaggi che ci hanno tenuto compagnia nel corso degli ultimi sette anni.
C'è da dire che, come
succede spesso nella vita reale, anche in Riverdale gli amici si perdono
nel corso della vita e non restano tutti insieme per sempre, nonostante la
promessa di rimanere l'uno nella vita dell'altro. Veronica è diventata una
produttrice di Hollywood che ha vinto due Oscar. Archie si è trasferito in
California, dove ha formato una famiglia diventando operario, ma continuando a
coltivare l'hobby della scrittura. Sua madre ha incontrato una donna di nome
Brooke della quale si è innamorata. Jughead si è trasferito a New York City,
dove ha fondato il Jughead's Madhouse Magazine, una rivista umoristica, e non è
mai convolato a nozze. Anche Betty si è trasferita a New York e ha fondato una
rivista femminista e progressista. Non si è mai sposata e non se ne pente, però
ha adottato una bambina che la ha dato una nipote, Alice. Sua madre è diventata
una pilota, realizzando il sogno di una vita. "Questo è ciò che conta
oggi: ricordare e avere un'altra possibilità. Nessun rimpianto", dice
l'onnisciente Jughead a una Betty piena di rimorsi. Betty così non cerca di
cambiare il passato, nemmeno quando Archie ammette di pensare che sarebbero
finiti insieme.
Riverdale è una di quelle serie che possiamo tranquillamente odiare, narrativamente parlando, per ciò che è stata e per ciò che avrebbe potuta essere. La serie si è dimostrata fin dalla sua prima stagione un teen drama capace di unire il genere sentimentale adolescenziale con venature marcatamente thriller e fantasy, in un connubio alquanto complesso che, spesso e volentieri, ha condotto la serie a situazioni grottesche, se non perfino assurde, ben gestite, quasi sempre, a livello registico e di scrittura, conquistando un posto nel cuore dei fan di tutto il mondo. La stagione finale doveva dare un senso compiuto a tutto ciò che avevamo intravisto dalla prima alla sesta stagione, dove le storie dei vari personaggi erano entrate a pieno titolo nel genere fantastico da supereroi delle forze del bene. Alla luce di tutto ciò, la settima stagione non conclude assolutamente nulla; i suoi venti episodi non danno un senso a ciò che abbiamo visto per sei stagioni. Anzi, fa peggio, eliminando praticamente tutto ciò che avevamo visto fino ad ora, inserendolo in una linea temporale alternativa che non esisterà più, dicendo al pubblico esattamente un concetto: la Riverdale che abbiamo conosciuto nelle prime sei stagioni e i suoi abitanti è morta, non esiste più, e ora abbiamo questa nuova Riverdale degli anni '50. Tutto da rivivere da capo. Cosa c'è di più noioso?
Nonostante le sue trame spesso bizzarre e
imprevedibili, lo show ha affrontato temi importanti e ha rappresentato un
rifugio per storie diverse e inclusive e questa stagione 7 si dirama meglio
delle stagioni precedenti, soprattutto la quinta e la sesta, riuscendo a fornire una
chiosa finale colorata, ironica, ricca di contenuto ma anche originale dal
punto di vista stilistico, in grado di portare abiti e atmosfere di un'epoca
iconica sullo schermo con potente icasticità. È riuscita a mettere tutto
insieme come sempre è stato. Può piacere o non piacere, ma sicuramente l'ultimo
episodio ha dato il giusto finale alla serie.