La
discriminazione razziale, di cui ha sempre parlato lo show insieme al tema
dell'immigrazione, si fa ancora più forte, cruda e senza freni, per come la
polizia e il governo trattano e confinano le specie magiche, con l'obiettivo di
eliminarle dalla faccia della Terra. È possibile l'inclusività in un mondo del
genere o rimane una lontana e fantasiosa utopia? È questa la domanda principale
che fa da fil rouge a questa seconda stagione, che inizia in modo lento come la
prima e prosegue con qualche intoppo e una parte centrale un po' farraginosa, ma
arriva ad una conclusione coraggiosa ed interessante.
La prima stagione di Carnival Row
aveva colpito per essere stata sostanzialmente un incrocio tra le atmosfere
soprannatural-ottocentesche di una New York alternativa, prendendo spunto da
serie dello stesso genere. Il risultato era, quindi, un mix riuscito di molti elementi fantasy già visti, eppure raccontati in modo nuovo. Se nella prima stagione l'inizio era lento ma via via
intesseva una tela narrativa piena di colpi di scena che teneva incollati allo
schermo, questo secondo ed ultimo capitolo prova ad ampliare e replicare quella
formula, non riuscendoci totalmente ma continuando a intrattenere.
Una malattia
dilaga nella riserva, mentre nella città degli umani si stanno compiendo
efferati omicidi. C'è di nuovo un caso misterioso e raccapricciante su cui
investigare, una serie di omicidi sui quali viene chiamato l'ex ispettore, ora
ostracizzato in quanto mezzosangue, Rycroft Philostrate (Orlando Bloom), che
passa il tempo facendo e vincendo in lotte clandestine tipo Fight Club. Omicidi
che non aiutano a placare le tensioni sociali tra la Row e il Burgue.
Nei nuovi
episodi Philo non si trova solamente a mettere in discussione la propria
identità, dopo aver scoperto di avere sangue Fae ma, ormai escluso dal proprio
ruolo di ispettore, scopre che una nuova minaccia - un crudele assassino - sta
peggiorando le sorti del suo mondo. Per la maggior parte di questa ultima
stagione Philo rifiuta il suo essere fatato e questo mi è parso un enorme passo
indietro visto che, alla fine della prima stagione, l'uomo aveva scelto di
stare nella Row accettando quindi, apparentemente, il suo lato fatato. Philo è
stato cresciuto tra gli umani e ha imparato da loro a disprezzare i fatati, tuttavia già anni prima l'uomo aveva cambiato idea su di loro, considerando che si era
innamorato di una di loro. Parallelamente ritroviamo Vignette Stonemoss (Cara
Delevingne), sempre più legata ad un gruppo terroristico fatato, i Black Raven -
a rapinare treni e simili per portare medicine e beni di prima necessità ai
reclusi della Row - che tramano vendetta per le ingiustizie subite e vorrebbero
sferrare un attacco definitivo agli umani che li hanno confinati. La sua amica
ed ex amante Tourmaline Larou si ritrova, invece, con poteri
soprannaturali inaspettati che la legano a quanto accaduto nel primo ciclo –
poteri dell'aruspice Tsigani morta per mano del Darkasher - e soprattutto a
quanto accadrà nel secondo. Da un lato abbiamo, dunque, il Corvo Nero - a cui
si associa la stessa Vignette - il gruppo di ribelli che lotta contro i soprusi
degli umani attraverso attacchi mirati; dall'altro l'idea di rivoluzione
portata avanti dalla misteriosa Leonora, fauno a capo del movimento della Nuova
Alba. La città si ritrova nel bel mezzo della lotta tra il Patto e la Nuova
Alba. Il Patto è lo stato che odia i fatati e li perseguita mentre,
apparentemente, la Nuova Alba garantisce la coesistenza pacifica tra fatati e
umani. La Nuova Alba appare come una sorta di stato comunista dove i compagni
vivono in pace e umani e fatati sono liberi di amarsi. I ribelli vengono
braccati, costantemente ricercati e fatti prigionieri. Per poco però. È in
vigore la legge marziale ed è Jonah a dettarne i termini. Il nuovo esponente
della maggioranza del Parlamento non ha riserve, sensi di colpa o
tentennamenti. È convinto che il pugno duro sia l'unica soluzione possibile,
l'unica risposta alla diversità.
A Ragusa, intanto, i due amanti, Imogen ed
Agreus, fuggiti da Burgue, incappano nelle trame machiavelliche dei compagni
della Nuova Alba, il movimento di resistenza che si sta organizzando per
portare la rivoluzione a Burgue. Qui queste morti sospette sembrano proprio
opera di un fatato dotato di ali, chiamato Sparas. E dunque, cosa succede nel
finale di questa serie? Non molto, in realtà.
Philo ha ucciso lo Sparas, che
appunto era il maggiore Vir, l'ambasciatore del Patto, che operava segretamente
per la Nuova Alba per fomentare la rivoluzione a Burgue. La sconfitta in trasferta
è pesante per Phaedra, vigilante fatata dei Corvi Neri, che viene scovata da
Agreus, ma si suicida prima di essere catturata dalla polizia. Philo fa per
godersi il trionfo, ma quell'infame dell'agente di polizia Thatch esce da un
angolo e gli spara, colpendolo alla schiena ma venendo per fortuna ucciso dal
sergente Dombey prima che dia il colpo di grazia al nostro eroe. Ed eccoci
all'epilogo, con Philo che finalmente si palesa come figlio dell'ex Cancelliere
Breakspear ma, invece di accettare il ruolo di Cancelliere in eredità, fa un
discorso al Parlamento sulla necessità di aprirlo ai fatati. Un lieto fine chiaro c'è per Imogen e
Agreus che, grazie alla nuova politica di Burgue che ha liberato i fatati, mettono su una qualche azienda di lampadine o elettricità. E anche per Vignette
e Tourmaline, che sono tornate a Tirnanoc, dove coronano il loro amore con un
matrimonio al tramonto. E Philo? La serie si chiude con Millworthy, tornato a
fare il teatrante di strada con le sue creature, che chiede a Philo cosa
intende fare. E lui che dice qualcosa tipo "lo scopriremo solo vivendo".
In questa
nuova stagione c'è una maggiore intesa sentimentale tra Vignette e Philo
rispetto alla stagione precedente, ma sempre messa in disparte, evitando, però,
di dare spazio all'altrettanta disputa tra umani e fatati. Vignette e Philo
passano dall'essere una coppia affiatata ad allontanarsi sempre più e il tutto
avviene troppo rapidamente: un attimo prima i due convivono e quello dopo
sembra che a Vignette non importi nemmeno più della sorte dell'uomo. Quando
Philo viene catturato, dopo essersi precipitato a salvarla dall'esecuzione, la
ragazza sembra non preoccuparsi della sua incolumità. Cara Delevingne, pur avendo a cuore le cause sociali del progetto e calata bene nella parte di una fata, non riesce a rendere giustizia del tutto a Vignette, che ben più di una volta risulta come l'eterna indecisa che complica solamente le cose. Altro che Philo. Perché il popolo fatato dovrebbe seguire Vignette se non dimostra nessun carisma? Lui tenterà la via
della destabilizzazione politica, mentre lei quella della guerriglia. Costava tanto dare a questi due un bel
finale?
Tourmaline, che sembrava essersi avvicinata a Darius (poverino!), si
rivela ancora innamorata di Vignette e quest'ultima comprende di amare ancora
l'ex compagna, dimenticando qualsiasi sentimento la legasse a Philo davvero
troppo velocemente. Non dico che non abbia senso come finale e, se il tutto si
fosse sviluppato più lentamente, magari lo avrei anche apprezzato, ma non così.
Anche
uno script più articolato in una produzione ad alto budget come questa avrebbe
enfatizzato ancora di più le differenze e le analogie tra le due compagini, gli
umani e i fatati. Questo è dovuto sicuramente ad un taglio drastico delle
stagioni, pensate inizialmente come quattro e poi concentrate in un'unica
finale; la conseguenza è stata dover sfruttare un maggior budget in una sola
stagione, per una serie di eventi non proprio sfortunati, tra il cambiamento di
showrunner e soprattutto il Covid che tra 2020 e 2021 ha fermato ripetutamente
le riprese, finendo con lo sforare ampiamente il budget e portando, quindi, alla
decisione di chiudere tutto anzitempo, con due stagioni d'anticipo. Il
risultato è che si vede benissimo che questa stagione è raffazzonata, fatta con
il girato che c'era e cercando di appiccicargli un finale. E non è neanche il
finale l'unico problema, che anzi assume quasi un maggior controllo della
narrazione, risultando apprezzabile più di tutto il resto. Innanzitutto manca
il mistero: dei personaggi non si scopre praticamente più nulla, e l'unica
suspense di tutta la stagione è quella legata all'identità dello Sparas. Allo
stesso modo, però, con tutti i filoni che si vogliono narrare, anche
quest'inquietante creatura, nuovo nemico dei protagonisti, diventa così quasi
una macchietta, una sorta di versione del Demogorgone di Stranger Things.
Manca la tensione, in tutti i sensi: perché non fai in tempo a
"temere" per la sorte di un personaggio che quello muore, alla prima
occasione. In compenso c'è un'abbondanza di scene cruente che in nessun modo
compensa le mancanze di una trama esile, anzi di varie sottotrame esili che
giungono all'epilogo senza sussulti, senza colpi di scena, senza carica. Un'altra
coppia molto amata è quella formata da Imogen Spurnrose (Tamzin Merchant), che
ha costanti incubi sul vendicativo fratello Ezra, e Agreus Astrayon (David
Gyasi), il fauno che le ha rapito il cuore per fuggire insieme su una nave nella notte da un mondo che non accetta la loro relazione interraziale e dal
controllo del fratello di lei che li ha scoperti e per poter vivere sereni e
lontani delle disuguaglianze della città di Burgue. Sono gli unici ad essere
riusciti ad allontanarsi dal Burgue: riusciranno a sopravvivere e a vivere il
proprio amore tra specie diverse alla luce del sole?
Un cast che (ri)vive grazie anche
alla new entry e ai ritorni inaspettati, come l'amico e compagno in guerra di
Philo, Darius Sykes, e all'artista di strada, Runyon Millworthy.
Carnival Row 2 non divide necessariamente i
personaggi in buoni e cattivi. Esalta le loro paure, le trasforma in
vulnerabilità e le radicalizza fino a renderle armi potenzialmente
distruttrici. I Corvi Neri combattono per la libertà delle creature magiche, ma
è giusto perseguire quella libertà ad ogni costo? La Nuova Alba immagina un
ordine nuovo del mondo, ma è anche quello più giusto? Gli interrogativi si
susseguono un episodio dopo l'altro, rendendo impossibile empatizzare del
tutto con la causa dell'uno o dell'altro schieramento. Troppo "umano" per stare
in mezzo alle fate, troppo "fatato" per il mondo degli umani, il personaggio
interpretato da Orlando Bloom è un vagabondo errante, che mette in discussione
sé stesso e non sa dove collocarsi. Il suo travaglio interiore è, forse, quello
più interessante e anche quello concepito in maniera più coerente e organica.
Ancora una volta man mano i
nodi verranno al pettine e tutte le trame, alquanto dispersive fino ad ora,
verranno spiegate, forse con meno appeal rispetto al ciclo inaugurale, fosse
anche solo per una mera assenza dell'effetto novità e per il tentativo di
replicare malamente quanto fatto con il primo capitolo. Il tutto si conclude
con un mah. Come rovinare una serie già di per sé partita maluccio.