Quando è
uscita su Sky questa serie, non era nella mia lista di priorità delle
cose da vedere. A febbraio di quest'anno presi informazioni sulla serie che era
uscita da settimane e, incuriosita, decisi di provare a vederla, avendo solo sei
episodi.
Il remake della
serie cult francese è elegante e curato, piacevole e fluido, ma lascia
perplessi il trattamento di favore riservato alle star. Raccontano gli autori di Dix pour
cent, la serie francese creata da Fanny Herrero, che all'inizio le star
nazionali non avevano alcuna intenzione di partecipare al progetto. Troppo
seriose, poco disposte a giocare con la propria immagine pubblica. Poi la
situazione si è sbloccata e, dopo il successo della prima stagione, si sono
aggiunte altre star. Le
storie delle singole puntate sono spesso le medesime del progetto francese e nel
complesso l'arco narrativo della prima stagione racconta i medesimi fatti.
È un progetto interessante: un cortocircuito
per un interprete, chiamato a interpretare non direttamente sé stesso ma una
versione alternativa di sé (generalmente iperbolica), con l'obiettivo di
svelare i retroscena del mondo dello spettacolo e rinsaldare l'idea di star
system nell'industria dell'audiovisivo.
L'adattamento italiano, curato dall'ottima Lisa Nur Sultan e
con la regia elegante e fluida di Luca Ribuoli, sceglie il titolo
internazionale, sottolineando il rapporto simbiotico, viscerale, perfino
cannibale tra agente e star piuttosto che quel "dieci per cento", cioè la
percentuale sui compensi delle star che spetta all'agente, che invece definisce
il legame su un freddo piano economico. La serie racconta, dunque, il dietro le quinte del cinema e il retrobottega di set, contratti, produzioni. Dopo Boris (guarda caso affine), Call My Agent Italia offre al pubblico italiano la possibilità di ritrovarsi nelle dinamiche di un ambiente di lavoro. Ambientata nel mondo del cinema invece che in quello della televisione, più elegante, ma non meno cattiva, la serie racconta le vicende quotidiane in una delle più importanti agenzie parigine di talenti cinematografici. Il successo è stato così grande e così internazionale da portare diversi paesi ad acquistare i diritti dello show per crearne un remake. Tutta la stagione vive di una continua esaltazione dei film italiani (reali) che vengono citati. La quantità di film finti, serie inventate, progetti ipotizzati e trame create ad arte dalla serie sono esilaranti e fanno la parodia perfetta di molte produzioni italiane, raccontando un modo di ragionare di cui la stessa Call My Agent è figlia e criticano di rimbalzo un sistema intero.
I protagonisti sono le persone che
lavorano lì dentro, principalmente i quattro agenti citati e una nuova
arrivata, e oltre alla trama orizzontale che va avanti nelle sei puntate, ogni
episodio è centrato sui problemi che vengono posti agli agenti da uno dei loro
talent in particolare. Il segreto del format è che nella parte dei talent ci
sono i talent stessi. Gli agenti che fanno parte della CMA fanno in modo che i
propri assistiti-artisti ottengano gli ingaggi migliori perché più sarà alto il
compenso pattuito dal contratto e più sarà grande la fetta che quegli agenti si
porteranno a casa - ossia il 10% del loro cachet (da qui il titolo originale francese).
Inutile dire che, oltre alla scrittura, la forza di Call My
Agent Italia sta nel cast: come nell'originale, sono stati scelti per i
ruoli degli agenti, i veri protagonisti, attori bravissimi ma dai volti meno
conosciuti dal grande pubblico, in modo da creare una differenza tra i
personaggi di finzione e le star che interpretano sé stesse. C'è Vittorio
(Michele di Mauro), il socio anziano molto supponente ed egoista; Lea (Sara
Drago), dal carattere durissimo e con in testa solo il lavoro, che fa scappare
via le assistenti; Gabriele (Maurizio Lastrico), il più empatico e insicuro del
lotto; Elvira (Marzia Ubaldi), la più agée del gruppo, caustica e disincantata.
Intorno a loro, un gruppo di assistenti e figure junior, per mettere un po' di
carne al fuoco in termini di rapporti da ufficio. Marzia Ubaldi, con la sua
voce magnifica, è il collante tra tutti quelli che lavorano alla CMA. Michele
Di Mauro è bravissimo, mentre Sara Drago e Maurizio Lastrico dopo questa serie
siamo certi che li ritroveremo sempre più spesso in altri film e serie.
Menzione di merito anche per Francesco Russo, che ha il ruolo di Pierpaolo,
l'assistente di Gabriele: si era fatto già notare in A Classic Horror Story,
ma qui conferma di essere uno dei migliori talenti emergenti.
È forse il
merito principale di una commedia molto piacevole nell'andamento, sontuosa
nella realizzazione, efficace nel casting (tutti bravi, dal più famoso Maurizio
Lastrico alla veterana Marzia Ubaldi fino alla rising star Sara Lazzaro), che
però mette in scena uno showbiz patinato ma circoscritto alla sua bolla, che conferisce agli agenti con una rilevanza mediatica discutibile e rappresenta la
magia spenta di un mondo incapace di essere all'altezza di quel glorioso
passato tappezzato sulle pareti dell'agenzia. La vera sorpresa però sono i big del cinema italiano,
che si prendono in giro consapevolmente, divertendosi pure. Paola Cortellesi
scherza sull'età che avanza, mentre Matilda De Angelis gioca a fare la diva, Pierfrancesco
Favino è l'attore che rimane intrappolato nel suo personaggio, famoso per la
sua bravura con gli accenti, che si cimenta in una versione comica di Che Guevara - memorabile - con al suo fianco, come guest star, sua moglie Anna Ferzetti, Stefano
Accorsi dice di sì a tutto, per poi impazzire quando gli impegni si
sovrappongono. Un'altra
perla di Call My Agent Italia è poi la coppia Emanuela Fanelli - Corrado
Guzzanti: una gioia vederli insieme.
Nella prima puntata, Cortellesi è alle prese con la grande
svolta della sua carriera: un ruolo da protagonista in una serie internazionale
sugli etruschi, in cui dovrebbe interpretare una regina e, con grande professionalità, si confronta con Alberto Angela. Il condizionale è
d'obbligo perché di colpo sembra che tutto salti e sta al personaggio di
Lastrico cercare di salvare la faccenda; nel frattempo si fa viva una
ragazza di nome Camilla, che scopriremo essere presto la figlia illegittima di
Vittorio, intenzionata a fare la sua parte e ad entrare alla CMA in incognito
proponendosi come nuova assistente di Lea.
Il vero capolavoro Call My Agent Italia è, però, il secondo episodio, quello con Paolo Sorrentino. Nonostante in molti lo ritengano forse un po' antipatico, Sorrentino ha già dimostrato in passato di possedere un grande senso dell'umorismo. Proprio in Boris ha interpretato sé stesso in versione comica. Qui ci ricasca e questa volta raggiunge vette imperdibili. Sorrentino tiene in scacco tutti gli agenti per un'intera giornata, con un'idea surreale per una nuova serie. Il brainstorming che si vede sulla terza stagione della serie sul papa è pura poesia: per fuggire alla noia piglia per i fondelli l'intera agenzia con la proposta della serie "The Lady Pope". Così come il monologo del regista sul tetto dell'agenzia: un pezzo meraviglioso, per cui è impossibile non ridere di gusto. Scritto proprio da Sorrentino in persona.
Al di là dell'intreccio del singolo episodio, a
funzionare è l'approccio di queste guest, che stanno al gioco e palesemente si
divertono. In questo è esemplare l'episodio con Accorsi, che si prende in giro
in modo esplicito con uno sfoggio importante di autoironia: pensa, infatti, di poter far tutto visto che ha letto L'Orlando Furioso al Louvre. Prima di lui c'è Favino con la moglie e Matilda De Angelis, dopo di lui conclude Guzzanti.
Le sei star coinvolte (Paola
Cortellesi, Paolo Sorrentino, Pierfrancesco Favino, Matilda De Angelis, Stefano
Accorsi, Corrado Guzzanti, più camei di Pif, Joe Bastianich, Paolo Genovese)
sembrano essere trattate coi guanti, come se il loro avatar fosse il risultato
della mediazione con gli stessi agenti. Curioso che le finte produzioni sembrino autoparodie di Sky
(il kolossal etrusco "Tuskia" con Cortellesi sembra scimmiottare Romulus,
Sorrentino gioca con il virale "The Lady Pope" con Ivana Spagna e Lino Banfi come protagonisti, il
western alla Django con Matilda De Angelis, l'ironia sull'ormai celebre "da un'idea di Stefano Accorsi" della saga 1992), quasi a voler
ulteriormente circoscrivere il discorso al rafforzamento dell'universo seriale
del network. Per fortuna c'è Corrado Guzzanti, al solito protagonista di un "film nel film", magnifico ospite dell'ultima puntata in tandem con la
ricorrente Emanuela Fanelli, una delle poche a non interpretare sé stessa: strepitosa
attrice mitomane che nessuno vuole, autrice di spettacoli teatrali fallimentari
e sempre vittimista, che imperversa in quasi tutti gli episodi ossessionando la
sua agente perché non lavora, fino a che non diventa regista di una "serie
irriverente femminile". Non
a caso è uno dei momenti migliori, scritto a diversi livelli di profondità,
dalla più semplice dinamica tra i due, in cui Guzzanti non vuole lavorare con
lei ma lei sembra fregarlo.