Da febbraio di quest'anno ci siamo avvolti ad un nuovo mystery,
in stile Pretty Little Liars, Gossip Girl e, perché no, anche di Veronica Mars: quattro liceali, un blog, un morto e un mistero da risolvere. La serie
è tratta dall'omonimo bestseller internazionale di Karen McManus esploso su
TikTok. Una storia di mistero young-adult che molti si sono sentiti di
consigliare vivamente ai loro follower. Gli stereotipi del genere teen-drama ci
sono tutti, così come quelli delle storie young adult, ma nonostante questo Uno
di noi sta mentendo, fatta di intrighi, congetture, citazioni pop, non
è un prodotto del tutto da scartare. La premessa è interessante, il ritmo è
incalzante, e può soddisfare chi cerca una visione leggera. La recitazione e la
struttura narrativa della storia viene composta in maniera altrettanto buona.
La vicenda raccontata da Uno di noi sta mentendo
inizia da Simon, uno studente emarginato della Bayview High – figlio del
sindaco - che attraverso un blog di gossip scolastico, "About That", svela i
più reconditi segreti degli studenti insieme all'amica Janae per vendicarsi di
come viene trattato giornalmente dai suoi compagni di scuola.
La differenza con
altre serie simili, in questo caso, è che tutti sanno che Simon è l'autore del
blog, e tutti quanti hanno ottimi motivi per avercela con lui. Questi motivi,
per quattro studenti, si trasformano in moventi quando Simon, mentre è in
punizione con loro - per essere arrivati tardi a scuola o aver usato il
cellulare in classe -, ha una reazione allergica e muore improvvisamente. Solo
uno dei presenti avrebbe potuto materialmente avvelenare Simon. La polizia
fiuta un omicidio ma Brownyn, la migliore studentessa della scuola promessa al
comitato scolastico e pronta per Yale, Nate, il classico bad boy bello e
dannato in libertà vigilata, Addy, la cheerleader bella bionda e popolare, e
Cooper, atleta arrivato dal Missouri promessa del baseball, si professano da
subito innocenti. Eppure tutti avevano un motivo per temere Simon, un grande
segreto che non volevano venisse rivelato: Addy tradisce il proprio ragazzo, il
più popolare della scuola e vive alla sua ombra avendo paura di fare o dire
qualsiasi cosa possa turbarlo; Cooper non sa come dire al padre che l'ha
allenato fin da piccolo e alla famiglia che è gay; Bronwyn sembra avere
qualcosa da nascondere proprio sulla sua carriera scolastica; infine Nate è il
ripetente più grande, spacciatore con dei precedenti penali e un passato
misterioso, nonché una situazione familiare difficile. Chi di loro sta
mentendo?
Alla morte di Simon, tra l'altro, vengono ancora pubblicati segreti sul
blog. Quindi, chi ha rubato il blog a Simon, perseguitando ancora i quattro
protagonisti? Nate, Addy, Bronwyn e Cooper si trasformano in detective provetti
per dimostrare che qualcuno li ha incastrati e provare la loro innocenza. Le
indagini dei quattro protagonisti, che lavorano al caso parallelamente alla
polizia cercando di non destare troppi sospetti, li porteranno a confidare i
segreti che Simon minacciava di rivelare, ricostruendo il puzzle della sua
morte con una detective-story semplice e funzionale. La rivelazione finale è quasi sconvolgente.
Come già detto, abbiamo i soliti clichè del teen drama: abbiamo
gli atleti spacconi, il cattivo ragazzo che fa il delinquente ma in realtà è
dolce e affascinante, la studiosa che mira alla perfezione, la cheerleader
popolare che tratta tutti malissimo, il ragazzo outsider che vuole farla pagare
a tutti spifferando i loro segreti. Simon ci viene presentato come un
emarginato, incattivito dalla sua solitudine, che gioca a fare il vendicatore
nascosto attraverso un'app che i suoi coetanei temono ed amano al tempo stesso.
La relazione tra i personaggi è costantemente messa alla prova, e la meccanica
amici-nemici riesce a divertire ed appassionare grazie alla naturalezza delle
loro reazioni. Tutti ci vengono presentati attraverso brevi flashback, nei
quali non solo viene fornito uno spiraglio sui segreti che nascondevano agli
altri, ma servono ad inserire i personaggi all'interno di quella superficiale
definizione che li inchioda nei loro schemi comportamentali. Durante il corso
della serie, in un certo senso il percorso evolutivo dei personaggi li porta a
scrollarsi di dosso la semplicistica etichetta che gli era stata affibbiata dai
loro amici.
Per non parlare del fatto che i teenagers rappresentati sono tutti
belli come modelli e che hanno una vita sociale più attiva e complessa di
quella di un trentenne (come in tutti i teen drama).
Difficilmente si riesce a
provare empatia per loro, ma sicuramente non ci annoiano mai: ovviamente non possiamo
non innamorarci di Bronwyn e Nate che si rincorrono continuamente ma essendo
molto diversi avranno non pochi problemi; oppure non possiamo non sentirci
vicino a Cooper diviso fra la sua sessualità e lo sport; o ad Addy che
nonostante fin dal primo momento sembra essere la classica bionda stupida e
senza cervello, finisca per sorprendere chiunque ed instaura un legame di
amicizia profondo sia con Cooper che con gli altri. Eppure, nonostante tutta la
sensazione di già visto e la facilità con cui si prevedono molti dei plot
twist, Uno di noi sta mentendo ha un suo modo di catturare il pubblico,
tanto da essere stato già rinnovato per una seconda stagione.
Gli episodi sono
ben girati, il montaggio e la regia sono molto incalzanti e riescono a ottenere
quello che la serie fondamentalmente vuole: la voglia di finire l'episodio e
iniziare subito il successivo, per sapere come va a finire la storia e capire
chi dei protagonisti sta effettivamente mentendo. Se i primi episodi sono
artificiosi ed eccessivamente glamour, esattamente in linea con una messinscena
volutamente kitsch e patinata, con il tempo la regia si fa più concreta e la
fotografia ammorbidisce le luci sfavillanti che si riflettevano nei corridoi di
un classico liceo americano. Certo, i colpi di scena sono abbastanza
prevedibili e nel complesso la serie non racconta niente di nuovo, non
permettendole di distinguersi da altre serie tv dello stesso genere, quindi c'è
da dire che scorre non poco lentamente anche se in alcuni momenti ci si stanca
per la poca originalità. Non è ingiusto affermare allora che l'operazione del
teen poliziesco non appassioni affatto. Molti la troveranno l'ennesimo esempio
del trash fatto male che spesso cavalca le onde dello streaming, che vuole
premere su quegli schemi che avevano fatto la fortuna (e la sfortuna) degli
show venuti prima di lui: la "presenza" costante di Simon anche dopo
la sua morte, il pressante senso di oppressione e mistero che i protagonisti
portano con sé e che non li abbandona mai, nemmeno quando vanno a dormire. Nessuno
dei quattro studenti dà l'idea di essere un killer ma la serie ci porterà a
dubitare su ognuno di loro. Questo senso di incertezza è probabilmente il punto
forte di Uno di noi sta mentendo.
Ciò che differenzia le altre serie del
passato è l'arrivo degli smartphone. Se proviamo a pensare alle serie tv
maggiormente di successo arrivate al pubblico tra il finire degli anni Novanta
e i primi Duemila, i telefonini e internet erano pressoché assenti o, quantomeno,
non così rilevanti nella vita degli adolescenti, ancora ignari di quei
dispositivi che di lì a poco avrebbe dato forma alla loro identità e dunque al
destino dei prodotti seriali del nuovo millennio. Proprio con Gossip Girl e PLL abbiamo notato una forte presenza dei cellulari.
Ovviamente non mancano i
difetti. I dialoghi ad esempio non mi hanno convinto poiché poco realistici.
Se cercate una serie leggera da guardare tutta d'un fiato e
che vi faccia provare un pizzico di nostalgia per i teen drama del passato,
ecco che questi otto episodi sono perfetti perché scorrono veloci, anche se non
particolarmente innovativi. Tematiche già viste e plot twist interessanti ma
non abbastanza sorprendenti per una storia che strizza gli occhi al thriller. Nonostante
questo, la serie è tutto sommato ben riuscita. Il mistero riesce ad essere
tale, con una rivelazione finale che arriva all'improvviso e che apre anche a
un seguito (qui).