Uno di noi sta mentendo 2. Finalmente ultima stagione

Pochi mesi fa avevo recensito la prima stagione (qui), consapevole dell'uscita programmata della seconda. Neanche il tempo di vedere l'ultima che Netflix ha immediatamente deciso di cancellare la serie. 
Lo show sviluppato da Erica Saleh - tratto dal libro bestseller di Karen M. McManus (il secondo volume si chiama One of Us Is Next - Uno di noi è il prossimo) – sembrava si stesse riprendendo per il fatto che riusciva a capovolgere le aspettative del pubblico imbastendo un racconto che si prendeva gioco del suo stesso genere, facendo evolvere i suoi protagonisti con sagacia fino a spogliarli di quell'etichetta superficiale tanto cara alla cultura liceale americana e non. Ma in fin dei conti i soliti teen drama piacciono molto di più. 
Non che la prima stagione mi era piaciuta particolarmente ma tratteneva e il colpo di scena finale è stato sorprendente, a differenza di quest'ultima iniziata sempre bene ma poi è diventata decisamente piatta. Motivo per il quale c'ho messo sei mesi per recensirla.

Il prologo di questo sequel - reso obbligatorio dal finale aperto della scorsa stagione - riparte esattamente sul cliffhanger dell'ultimo episodio: il Murder Club si è sciolto nella seduta conclusiva con l'allontanamento dei suoi membri, ognuno dei quali ha scelto di ritornare nella propria nicchia sociale per sviare le attenzioni dei compagni e della polizia, dopo essere riusciti a scovare le prove che incastrano l'ex di Addy, Jake, per l'omicidio di Simon, suo amico d'infanzia. Il confronto finale la sera di Halloween con il grande colpevole che li ha fatti tremare per settimane non si è però risolto in maniera calma e pacifica perché, in seguito alle colluttazioni nella foresta, Addy si è difesa sparando con l'arma dell'assassino, diventando materialmente l'omicida che tutti già l'accusavano essere. Accorsi sul luogo del misfatto, i cinque amici scelgono di occultare il cadavere per non rischiare la prigione, spargendo la voce che Jake è fuggito in Messico per evitare l'arresto per via di ciò che è accaduto a Simon e ciò che è stato ritrovato sulla playstation. Allo stesso tempo, i ragazzi devono sopportare le accuse di Vanessa, che sul suo canale di gossip ritiene che Jake non sia scappato in Messico, ma sia stato ucciso dal Club del delitto. Uniti da un crimine che questa volta hanno davvero commesso, i ragazzi fanno fronte comune per contenere le voci di un loro possibile coinvolgimento, ma la solidità del gruppo è messa a dura prova dalle minacce di uno sconosciuto che sembra sapere esattamente cosa sia successo tra gli alberi di quella foresta isolata e che si diverte a giocare a "Simon dice". Perché Addy, Nate, Bronwyn, Cooper e Janae si capiscono alla perfezione e si vogliono un bene sincero, per cui farebbero di tutto l'uno per l'altro, persino farsi arrestare. 

Addy, in particolare, continua a vedere il fantasma di Jake torturarla. Browyn e Nate continuano a respingersi sebbene attratti l'uno dall'altra, tra di loro ci si mette anche Fiona, l'adorabile – inquietante- tutor di Nate. Cooper si ritrova ad affrontare gli effetti del coming out, cosa che ai talent sembra interessare più del suo talento per il baseball. 
Già dal primo episodio della seconda stagione, i ragazzi iniziano a ricevere misteriosi sms, simultaneamente, da qualcuno che si spaccia per Simon. Il gioco "Simon dice" ha inizio e ha come scopo quello di torturare il gruppetto: chiunque si celi dietro questi sms, vuole giustizia per Jake e vuole scoprire chi dei ragazzi abbia premuto il grilletto. Vi ricorda qualcosa? Sms intimidatori che arrivano in simultanea, ricatti, suspense: ci sono non pochi ingredienti che fanno di questo cocktail un mix in stile Rosewood! Non si chiama A, ma colui che si cela dietro il nickname "Simon dice" ne ha tutti i connotati, forse anche troppo. L'intera stagione, infatti, ruota attorno al tormento del gruppo di protagonisti provocato da tale stalker psicopatico che vuole vendetta per l'omicidio di Jake. A tratti è quasi imbarazzante quanto questa seconda stagione sembri letteralmente copiata da Pretty Little Liars. Pensare a quanto mi aveva preso e il desiderio di volerla rivedere da capo, nonostante i momenti trash, mostra il fatto che potrebbe incuriosire ma anche stancare. 
Nonostante sia basato su un romanzo, sembra copiare e incollare i fondamenti del genere per dare vita all'ennesimo giallo di facile risoluzione. L'ennesima storia adolescenziale con gli stessi cliché. 
Trama mystery a parte e solite aspettative tra Brownie e Nate (momento inopportuno quando lui prende in giro Fiona), la coppia rivelazione è Cooper e Kris, che all'inizio della stagione scopriamo non stare più insieme – non potendo quest'ultimo sopportare quanto accaduto a Jake, anche a causa del fidanzato – ma che pian piano, amandosi ancora, si riavvicinano, tanto che alla fine, l'atleta riesce ad accettarsi e trova persino il coraggio di presentare Kris al padre, come suo fidanzato. Ma andiamo al finale. 
Dopo aver scoperto l'identità di "Simone dice", ovvero Fiona (lo so, l'ennesima trovata che non c'entra un cavolo), il Murder Club tenta di fermarla, ma lei dà fuoco alla barca di Janae, così la polizia finalmente interviene e la mette in galera. E invece i protagonisti la faranno ovviamente franca. Se le accuse di omicidio a carico dei componenti del Club del delitto vengono prosciolte, essendo accusata Fiona al posto loro, per i cinque la normalità pare un optional. In particolare per Bronwyn, visto che in un flashforward, vediamo la polizia indagare su una scena del crimine e tra i reperti scovati, catalogare la collana regalata proprio a quest'ultima da Nate, come pegno del suo amore. Chissà se questo sia solo un modo per sviarci o se realmente, sta volta, a pagare le conseguenze di quanto accaduto, sarà proprio lei. La cancellazione della serie ci lascia molti dubbi. Sappiamo, inoltre, che Jake nascondeva un segreto che il fratello Cole sembra voler proteggere a tutti i costi… Ma qual è il segreto di Jake? Lo stesso che ha spinto Jake a uccidere Simon, il quale ne era al corrente? Poi ci chiediamo ancora: chi avvelena "Simon dice" mentre si trova in prigione e, soprattutto, a chi appartiene il sangue sulla scena del crimine all'interno del liceo di Bayview che vediamo nelle ultimissime scene?

Dopo averci sorpreso con una scrittura capace di rivoltare i preconcetti legati al setting liceale, la serie sceglie improvvisamente di trasformarsi in So cosa hai fatto, un franchise che - in seguito al romanzo originale datato 1973 - ha già ricevuto numerose trasposizioni. 
Dopo aver combattuto strenuamente per liberarsi dalle false accuse di omicidio, i protagonisti si trovano adesso a condividere un terribile segreto, chiudendosi a riccio per non lasciar trapelare alcun indizio mentre i sospetti montano contro di loro. Solo l'unità può salvarli dal carcere, ed i personaggi ritornano a dubitare dei loro complici più inclini alla resa, ma sembrano farlo senza reale convinzione, essendo ormai legati da un sentimento di fiducia che trascende la classica amicizia scolastica. Tra le indagini da sviare e la ricerca del testimone misterioso che li ha visti nascondere il corpo di Jake, la detective story procede attraverso gravi dimenticanze e superficialità che sfidano a più riprese la sospensione d'incredulità, con sospetti e prove inconfutabili messi da parte per poi essere riesumati alla ricerca di un plot twist improvviso e senza mordente. Lo sviluppo non convince perché ad essere debole è in primis l'occultamento di cadavere che cancella senza appello l'accettabile legittima difesa, mentre i ragazzi sembrano dimenticare spesso di rischiare il carcere quando si concedono frivolezze e divertimenti in barba al loro burattinaio. L'aspetto sentimentale, poi, purtroppo ricade nei più classici stilemi del teen drama, pregno di emozioni spicciole e di una sessualità superficiale che sembra costruita soltanto per accontentare lo spettatore più malizioso. 
Addy, forse il personaggio che vediamo maturare maggiormente, è più sviluppato rispetto agli altri; mentre capisce di valere molto di più di ciò che Jake le avesse fatto credere, Janae prende coscienza della sua identità di genere, Nate e Bronwyn fanno chiarezza sui loro reciproci sentimenti e Cooper vive la sua omosessualità senza più nascondersi. Tutti i personaggi alla fine affrontano i loro demoni, lottano con essi e ne vengono fuori vincitori, chi più e chi meno. Un personaggio, all'apparenza secondario, che in questa stagione ha spiccato particolarmente, è poi Vanessa, che da principale nemica del Club del delitto, si trasforma nella loro più grande alleata e scopre ben presto di essere molto più che un bel faccino e di poter aspirare a grandi cose per il futuro. 

Un po' come in Pretty Little Liars, anche i protagonisti del nostro Club del Delitto sfilano sul set. Ognuno con il suo stile denota di avere una personalità emergente e contemporanea. Anche in questa stagione di Uno di noi sta mentendo c'è molta inclusività, un aspetto importante per una serie tv che parla alle nuove generazioni (vedere la tematica dell'identità di genere nel rapporto tra Janae e Maeve). Ma ancora di più è il rapporto di amicizia tra Janae e Addy a stupire. E ad insegnarci qualcosa. 
Un altro aspetto positivo di questa stagione è la tematica nel trovarsi in una relazione tossica: finalmente abbiamo uno sguardo interiore nella relazione tra Addy e Jake, della quale vengono esplorati i retroscena. Fa male, fa rabbia, ma serve. E colpisce, perché quello che ha passato Addy si vede fin troppo, ai giorni nostri. C'è stata un'evoluzione non indifferente nei personaggi ma quello che più è sembrato reale è stata la reazione di Addy di fronte alle visioni di Jake, cosa le diceva e come lei lo immaginava. 

Ciò che aveva reso la prima stagione dello show una visione fresca ed intrigante - in qualche modo coraggiosa nel suo sfidare i leitmotiv del dramma giovanile - viene ribaltato in questo sequel andando a riproporre in buona sostanza ciò che è stato già sviscerato nell'oceano di produzioni similari, senza alcuno spunto di originalità capace di rendere memorabili otto episodi che si accontentano soltanto di cavalcare l'onda di un pubblico fedele. Così assistiamo alla visione di una storia che rovina per sempre il futuro di una serie dal buon potenziale, amareggiando coloro che si erano affezionati a quel gruppetto di amici capaci di andare oltre le solite apparenze.