EL CAMINO: IL FILM DI BREAKING BAD



Sei anni fa andava in onda "Felina", l'ultimo episodio di Breaking Bad (recensione qui), fenomeno televisivo degli ultimi anni. Parlare di questa serie significa parlare del passato, ma non è il momento di soffermarsi sulla moderna serie tv che ha spopolato il mondo: nove mesi fa è uscito su Netflix il tanto atteso film di Breaking Bad. Vince Gilligan annulla le distanze, come se non fossero passati sei anni, ripartendo esattamente dal liberatorio ed isterico pianto di Jesse Pinkman a bordo di una Chevrolet El Camino, rubata ai suoi aguzzini dopo lunghi mesi di prigionia. Non è la gioia per la liberazione ma un urlo disperato di un uomo disperato che non ha più niente e guida verso il niente. 
Jesse ha un unico scopo: quello di scappare dalla DEA e da chiunque altro lo stia ancora cercando, ma per farlo, per riuscire a fuggire una volta per tutte dal suo passato, ha bisogno di soldi e aiuto.

El Camino diventa la scelta di percorrere una nuova strada per Jesse. Ed è lui il fulcro della storia, riportato in scena dal bravissimo Aaron Paul. L'autore non si sofferma su eventuali sviluppi nella trama, ma si muove con agilità per dare una meritata conclusione al personaggio di Jesse e riempire quei buchi lasciati dal finale della serie, vuoti che, però, probabilmente nessuno aveva mai sentito bisogno che dovessero essere colmati. Ci fa, comunque, sentire a casa, destreggiandosi tra l'indiscusso thriller, noir e western. È sì uno sguardo al passato, ma anche al futuro di un personaggio. Soprattutto i molteplici flashback, dove in alcuni vediamo anche la figura di Walter White, ci ricordano del passato sempre presente, ma fatto anche di assenze e vuoti. Quei vuoti che Jesse si porta dietro per tutta la durata della sua fuga. Pinkman, coraggioso ma maldestro e perennemente oscurato - direi anche manipolato - da Walter White, riuscirà per la prima volta a cercare di mettere a posto le cose e ricominciare una nuova vita. Ma, come gli ha insegnato il suo maestro Walter White, le cose non si possono mettere a posto, così il ragazzo (nella realtà non più ragazzo :D) decide di guadagnarsi la libertà come vuole lui.
Jesse, troppo incauto per la vita che si era scelto, ha sempre preferito andare dove la vita lo voleva portare, eseguire gli ordini, imparare con attenzione e, quando ha provato a ribellarsi, non gli è mai andata bene perché non ha mai avuto la forza per farlo davvero. 
Così ritorniamo nell'atmosfera inquietante del New Mexico nei suoi deserti vuoti, in cui questa volta il protagonista è Jesse, non il signor White. Il film lavora su tre piani temporali per descrivere la vita di Jesse: le sue prime scorribande con un Walter White ancora abbastanza lucido, la prigionia presso lo zio di Todd, e infine il tentativo di fuga da polizia e altri criminali. Attraverso queste sovrapposizioni tra passato e presente, riviviamo la maturazione di Jesse, passato dall'essere un mediocre teppistello a un uomo segnato dai dolori che ha affrontato.


Jesse, ancora in pieno stress post-traumatico, si rivolge prima ai suoi amici Skinny e Badger, i quali gli forniscono un nuovo mezzo e un diversivo per sfuggire alla polizia. Lo scopo di Jesse è quello di andare in Alaska per ricominciare una nuova vita e per farlo deve trovare i soldi per pagare Ed Galbraith che gli fornirà il trasporto sicuro e una nuova identità. La ricerca del denaro necessario lo porterà ad affrontare i propri conflitti inesplorati, sia con i propri genitori che con gli aguzzini che lo hanno tenuto prigioniero. Due elementi possono dare la misura della mancanza di impatto rispetto alla serie: il confronto tra Pinkman e i personaggi secondari come i nemici da sconfiggere è quasi inutile e di poco spessore, inoltre i camei di alcuni personaggi della serie messi nel film, solo a ravvivare un po' di nostalgia, hanno poco senso.

Il cammino di Jesse non è solo una vera e propria redenzione come l'autore ci vuole far credere sul finale, ma passa prima attraverso la vendetta e la rivincita. Il co-protagonista di Breaking Bad che avrebbe dovuto essere eliminato dopo pochi episodi - ma che è diventato un personaggio fondamentale del piccolo schermo - fa di tutto per conquistarsi la sua libertà. Gilligan dimostra di nuovo la sua abilità nella scrittura e nella regia, caricando di tensione scene già note e prevedibili. Il risultato è un racconto cupo e privo di speranza, o almeno in parte. Di fatto Jesse, dopo gli ultimi avvenimenti, non avrà pace e si procede per tutto il film con il lento scorrere di eventi da lui premeditati con lo scopo di giungere a una meta lungo il suo tortuoso cammino. Ecco che, però, mancano qui le relazioni tra i personaggi, la vera essenza della serie.

Mentre Better Call Saul (la recensione qui) si pone come prequel rispetto alla serie originale, dandoci un arricchimento alla trama principale, El Camino vuole porsi come continuazione, caricando di aspettative impossibili da mantenere. Il film di Breaking Bad, in fondo, non era necessario.