Quello di
Joe Goldberg è un personaggio controverso che ha dato da riflettere fin dal suo
esordio. Il grande successo di You (qui la recensione completa), la serie tv attraverso cui è stato
massificato su Netflix, ha messo in evidenza una certa dinamica oltre la
finzione del piccolo schermo: un amore malato e tossico nei confronti di un
protagonista estremamente negativo, ma allo stesso tempo attraente e
affascinante, complice anche l'interpretazione di un Penn Badgley perfettamente
in parte e capace di sublimare il cosiddetto "fascino del male", in
un racconto dall'anima profondamente nera.
Con You 5 si giunge, quindi,
alla conclusione di un viaggio complesso e sfaccettato, in cui inevitabilmente bisognava
prendere delle decisioni sul suo protagonista assassino, con un unico
obiettivo: chiudere tirando le somme di un percorso che negli anni è riuscito
comunque e sempre a costruirsi un seguito, mantenendo alta l'attenzione di
volta in volta con alcuni strumenti narrativi che qui tornano all'ennesima
potenza. Così, dopo gli avvenimenti di una quarta stagione "spaccata in
due" (qui la recensione), il nuovo arco narrativo giunge su Netflix nella sua interezza
a fine aprile di questo 2025. Fra i suoi elementi centrali c'è una particolare consapevolezza del
percorso compiuto dal protagonista fino ad oggi, di pari passo a una scrittura
che, come in passato, oscilla continuamente fra la follia più omicida, tossica
e distaccata, disumana, e un'eleganza di fondo dalla verve letteraria.
Parlando proprio di Joe, in questa
stagione risulta più stanco e perseguitato che mai: non è più solo lo stalker
brillante e manipolatore che tutti conosciamo, ma anche l'uomo che non riesce
più a scappare da sé stesso, e che spesso perde completamente il senno,
perennemente in bilico tra la pazzia e la sanità mentale. Bastano, infatti,
pochi minuti per capire che Joe non è cambiato davvero: la sua prima vittima
della stagione è Bob, lo zio di Kate, percepito inizialmente come una minaccia
per sua nipote, ma che in realtà si rivelerà solo l'ennesima scusa per
giustificare l'omicidio e la sete di violenza di Joe. Capiamo già da subito
che, nonostante le promesse, Joe non ha alcuna intenzione di evolversi.
Dopo
questo evento, la serie comincia a mostrarci il nuovo volto di Joe: un uomo che
prova quasi piacere nell'uccidere, convinto che sia l'unico modo per proteggere
chi ama. Un lato che può risultare tanto disturbante quanto comprensibile,
soprattutto quando si trova sotto pressione per via della preside della scuola
di Henry, dopo che il bambino aggredisce la cugina.
I nuovi personaggi
introdotti in questa stagione sono molto carismatici, anche se ad alcuni manca
una buona scrittura di base e sembrano siano stati inseriti nella storia in
modo forzato come, per esempio, i fratelli di Kate. Un ulteriore elemento
negativo di You 5 sono i colpi di scena: a tratti sembrano fin troppo
artificiali o privi di senso, a differenza della scorsa stagione che invece
riusciva a sorprendere ancora un po' lo spettatore. Quest'ultima e quinta
stagione ci tiene anche ad esplorare tematiche legate alla salute mentale e a
ciò che, al giorno d'oggi, è moralmente giusto o sbagliato, scelta che ho
apprezzato davvero tanto perché riesce a farci vedere un lato del protagonista
nuovo, fragile e più umano di quanto sembri, che non avevamo mai visto e mai
pensavamo di vedere.
Nell'analizzare
You 5 potremmo tranquillamente dividere in due l'intera narrazione,
partendo proprio dal numero di episodi complessivo. Nei primi 5, infatti, le
dinamiche narrative ricalcano tantissime forme, costruzioni e vicende già viste
in precedenza nella vita di Joe, mettendone in evidenza le profonde necessità
schematiche e uno spirito autodistruttivo che conosciamo bene. Intrighi,
uccisioni e quella voglia profonda, recondita e irrefrenabile di "salvare
la donna amata", portando alla morte delle varie minacce e problematiche
intorno a lei e a quello che hanno costruito insieme. Esattamente una scelta anche
un po' noiosa e ripetitiva, ma alla fine coerente con la narrazione precedente.
Ad un certo punto, però, il protagonista, che si muove sempre sicuro nel suo
modus operandi, deve confrontarsi con le conseguenze delle sue azioni. E qui
arriva la seconda parte del resto degli episodi. Nel corso di essi facciamo
anche la conoscenza di Bronte (The Handmaid's Tale), la nuova ossessione
amorosa di Joe. Da una parte, porta un po' di freschezza, ma dall'altra
rappresenta l'ennesima ripetizione di uno schema ormai prevedibile: ogni
stagione ha bisogno di una "nuova fiamma" per tenere in piedi la trama. Bronte,
però, non è solo una proiezione dei desideri di Joe: diventerà anche il suo
punto debole.
Tra i nuovi personaggi introdotti in questa stagione spicca anche Reagan Lockwood, una donna decisa e spietata che darà filo da torcere a Joe e Kate, ormai stanca di sporcarsi le mani, creando così un interessante triangolo narrativo. Peccato che anche Reagan, come molti altri personaggi, finirà per diventare solo una pedina di Joe. E arrivati a questo punto la situazione è ben chiara: Joe e Kate sono agli antipodi. Lui è pronto a uccidere ancora, mentre lei cerca soluzioni più razionali e meno compromettenti, soprattutto nei confronti della sorella. Un po' incoerente arrivati a questo punto, no? La direzione che prende la serie diventa prevedibile: l'ossessione di Joe, i segreti da custodire, la violenza come risposta e l'amore per Bronte come copertura. Anche i colpi di scena, pur presenti, risultano spesso forzati e poco sensati. Nonostante ciò, restano godibili, soprattutto per chi è già affezionato alla serie e al suo stile. Il vero colpo di scena, però, arriva quando scopriamo che Bronte è in realtà un'amica di Beck, la prima vittima di Joe. È venuta a New York per smascherarlo. Questo è forse il twist più riuscito della stagione — o meglio, l'unico davvero efficace (anche se un po' forzato anche questo, ma ci può stare). Bronte passa dall'essere una ragazza che ha contattato Joe per incastrarlo, ad accettare la possibilità di amarlo veramente (o, meglio, "salvarlo", come in tutti i veri amori tossici), per poi tornare sui propri passi e cercare di fermarlo una volta per tutte. In questo senso, la parabola di Bronte è un riassunto della nostra: la consapevolezza di un pericolo, poi la fascinazione che porta a decisioni rischiose, infine il ritorno ad un'altra consapevolezza, più profonda e decisiva perché vissuta sulla propria pelle.
Dal
punto di vista tecnico, la stagione brilla. La regia e la fotografia sono di
altissimo livello: ogni scena sembra uscita da un romanzo romantico. I momenti
di tensione e quelli più intimi sono ben dosati, con un'estetica curata che
rende molte sequenze quasi poetiche. Tuttavia, a livello di scrittura, You 5
risulta meno curata rispetto alle precedenti stagioni: l'intreccio è più
debole, e i buchi di trama iniziano a pesare, soprattutto il background della
vita di Joe che riusciamo veramente a comprendere nell'ultimo episodio, in uno
scontro diretto contro Bronte, in fuga dall'uomo che prima diceva di amarla ma
che ora vuole ucciderla. Veniamo così nuovamente introdotti nella vita di un
uomo disturbato e irrisolto, a contatto con un mondo che non riesce mai a
decifrarlo in tempo, o con le dovute attenzioni. Con il sangue versato che
diventa gradualmente un fiume in piena dal quale è impossibile nascondersi,
tutto torna nelle mani e nel fascino di un Joe che continua irrimediabilmente a
ripetere gli stessi errori, schematizzando una distorsione mentale ancora una
volta chiara, anche se mai affascinante come lo era nelle prime stagioni
(ricordate e omaggiate a dovere).
Ora, però, è stato smascherato, come tutti i serial
killer e uomini tossici prima o poi vengono smascherati. La stagione si
conclude con Bronte che, inizialmente attratta da Joe come figura romantica, e
dopo averlo manipolato per ottenere confessioni e averlo costretto a rivelare i
suoi crimini, lo affronta direttamente senza alcun dubbio, dopo anche lo sforzo
congiunto di diverse donne del suo passato più o meno recenti (quelle ancora
vive). Compiere questo percorso senza sostituire Joe con un altro cattivo, ma
portando le donne della serie a pensare che si sta proprio meglio senza persone
come Joe, mi sembra il risultato migliore e più lucido conquistato dalla serie.
Il piano di Bronte di portare Joe in un posto isolato per poi gestirlo da sola è sembrato molto (troppo) forzato, un tentativo di creare un ultimo gesto di pathos, che però sembra troppo scritto, troppo rapido, poco coerente con lo sviluppo della trama fino a quel momento. Commovente l'ultimo dialogo a telefono con il figlio che gli rinfaccia con dure parole "tu sei il mostro". In questo scenario, Joe è vulnerabile e disarmato, ma alla fine riesce a uccidere Bronte… o almeno così pensa. Mentre scappa, viene braccato da diverse forze dell'ordine, chiamate da lei in precedenza, e viene messo alle strette da Bronte, che si scopre essere sopravvissuta. Joe, in un ultimo atto di resa o forse di disperazione, le implora di finirlo. Ma Bronte, ferma e lucida, si rifiuta. Joe verrà arrestato e messo in carcere, pronto a scontare la sua pena, da solo.
Joe Goldberg viene condannato per tutti gli omicidi commessi negli
anni. Le sue colpe, dopo anni di fughe e manipolazioni, vengono finalmente
riconosciute. Con la sua condanna, anche alcune delle sue vittime collaterali
trovano giustizia: il dottor Nicky e Nadia vengono scagionati, liberati da
colpe che non hanno mai avuto. Henry, il figlio di Joe, viene affidato a Kate,
chiudendo ogni legame con il padre biologico. Anche questo finale mi è sembrata
la scelta migliore che potesse esserci per un protagonista del genere: trasformare
una fascinazione del male in un insegnamento. Finale giusto ma troppo
frettoloso: Kate, anche lei colpevole di un certo numero di crimini, ma "assolta" con troppa facilità, in quanto co-vittima di Joe.
Così anche in
prigione possiamo ascoltare i pensieri di Joe. Nella sua cella, Joe sta ricevendo decine di lettere
di ammiratrici innamoratissime, come sappiamo effettivamente succedere spesso
quando queste figure varcano le soglie della prigione. A quel punto è proprio
lui, che, rivolgendosi a noi, nota come questa pratica nasconda problemi
piuttosto inquietanti, ma invece di liquidare queste spasimanti come delle
fragili, bizzarre eccezioni, le mette in confronto proprio con noi: "forse
il problema non sono io. Forse siete voi". L'ultimo "you" pronunciato dal
protagonista è rivolto a noi e ci chiede un ultimo sforzo di consapevolezza che
sia buono per il futuro: che differenza c'è fra una ragazza che scrive lettere
d'amore a un serial killer in carcere e una persona che quel serial killer
l'ha seguito per anni su Netflix, sperando ogni volta che se la cavasse
per poter proseguire la storia? Che differenza c'è tra chi crede di amare
persone del genere, giustificandole ogni volta? Una frase provocatoria, amara, che porta alla luce una
delle critiche centrali della serie fin dall'inizio: l'ambiguità con cui la
società consuma, giustifica e persino idolatra figure profondamente
disturbanti, trasformandole in icone pop.
Una delle caratteristiche più affascinanti di You
risiede proprio nel fatto che il suo protagonista si narra da solo, si racconta
interpretando gli eventi di una vita che viene continuamente traslata dal suo
sguardo malato, portando a una distorsione della morale che influisce
direttamente sul giudizio degli spettatori. Questa cosa raggiunge vette
insperate in You 5, divenendo non soltanto motivo di fascino tossico, ma
di ulteriore forte e importante riflessione oltre il piccolo schermo, forse
ancora più che in passato.






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