You 5 - chiudiamo il cerchio


Quello di Joe Goldberg è un personaggio controverso che ha dato da riflettere fin dal suo esordio. Il grande successo di You (qui la recensione completa), la serie tv attraverso cui è stato massificato su Netflix, ha messo in evidenza una certa dinamica oltre la finzione del piccolo schermo: un amore malato e tossico nei confronti di un protagonista estremamente negativo, ma allo stesso tempo attraente e affascinante, complice anche l'interpretazione di un Penn Badgley perfettamente in parte e capace di sublimare il cosiddetto "fascino del male", in un racconto dall'anima profondamente nera. 
Con You 5 si giunge, quindi, alla conclusione di un viaggio complesso e sfaccettato, in cui inevitabilmente bisognava prendere delle decisioni sul suo protagonista assassino, con un unico obiettivo: chiudere tirando le somme di un percorso che negli anni è riuscito comunque e sempre a costruirsi un seguito, mantenendo alta l'attenzione di volta in volta con alcuni strumenti narrativi che qui tornano all'ennesima potenza. Così, dopo gli avvenimenti di una quarta stagione "spaccata in due" (qui la recensione), il nuovo arco narrativo giunge su Netflix nella sua interezza a fine aprile di questo 2025. Fra i suoi elementi centrali c'è una particolare consapevolezza del percorso compiuto dal protagonista fino ad oggi, di pari passo a una scrittura che, come in passato, oscilla continuamente fra la follia più omicida, tossica e distaccata, disumana, e un'eleganza di fondo dalla verve letteraria.

Non troppo dopo gli eventi londinesi, in You 5 ritroviamo il nostro Joe Goldberg a godersi una sorta di lieto fine per la sua vita, incasinata fino a questo momento e all'ombra di alcune scelte che lo avevano portato a nascondersi, cambiando identità. Il precedente innamoramento con Kate (Charlotte Ritchie) si è poi trasformato in matrimonio, fondandosi su alcune confessioni reciproche che non solo hanno convalidato i sentimenti dei due, ma hanno pure portato a una totale "riscrittura" della vita del nostro protagonista, ripulita del tutto grazie al grande potere e alle risorse della famiglia di lei. Questa nuova "narrazione" ha permesso, quindi, a Joe di tornare a vivere nella New York delle origini, nella città in cui lo abbiamo incrociato per la prima volta, conosciuto e in qualche modo approfondito. La sua nuova immagine, poi, è diventata anche immaginario e popolarità mondana, generando un modesto interesse da parte delle riviste che lo apprezzano, pur non conoscendo assolutamente nulla di lui. Una bella vita agiata, un immaginario invidiabile, soldi, il ricongiungimento con suo figlio. Tanto da potersi riprendere anche "Mooney’s", la libreria in cui l'avevamo conosciuto nel 2018, alla prima stagione. Ed è proprio da lì, dalla libreria che nasconde la gabbia di vetro, che ricomincerà la sua storia di sangue e ossessioni. Tutto nella norma, se non fosse che la famiglia di Kate è, come avviene in ogni contesto di potere, ricca d'insidie e di macchinazioni nell'ombra. 

Parlando proprio di Joe, in questa stagione risulta più stanco e perseguitato che mai: non è più solo lo stalker brillante e manipolatore che tutti conosciamo, ma anche l'uomo che non riesce più a scappare da sé stesso, e che spesso perde completamente il senno, perennemente in bilico tra la pazzia e la sanità mentale. Bastano, infatti, pochi minuti per capire che Joe non è cambiato davvero: la sua prima vittima della stagione è Bob, lo zio di Kate, percepito inizialmente come una minaccia per sua nipote, ma che in realtà si rivelerà solo l'ennesima scusa per giustificare l'omicidio e la sete di violenza di Joe. Capiamo già da subito che, nonostante le promesse, Joe non ha alcuna intenzione di evolversi. 
Dopo questo evento, la serie comincia a mostrarci il nuovo volto di Joe: un uomo che prova quasi piacere nell'uccidere, convinto che sia l'unico modo per proteggere chi ama. Un lato che può risultare tanto disturbante quanto comprensibile, soprattutto quando si trova sotto pressione per via della preside della scuola di Henry, dopo che il bambino aggredisce la cugina. 

I nuovi personaggi introdotti in questa stagione sono molto carismatici, anche se ad alcuni manca una buona scrittura di base e sembrano siano stati inseriti nella storia in modo forzato come, per esempio, i fratelli di Kate. Un ulteriore elemento negativo di You 5 sono i colpi di scena: a tratti sembrano fin troppo artificiali o privi di senso, a differenza della scorsa stagione che invece riusciva a sorprendere ancora un po' lo spettatore. Quest'ultima e quinta stagione ci tiene anche ad esplorare tematiche legate alla salute mentale e a ciò che, al giorno d'oggi, è moralmente giusto o sbagliato, scelta che ho apprezzato davvero tanto perché riesce a farci vedere un lato del protagonista nuovo, fragile e più umano di quanto sembri, che non avevamo mai visto e mai pensavamo di vedere. 
Nell'analizzare You 5 potremmo tranquillamente dividere in due l'intera narrazione, partendo proprio dal numero di episodi complessivo. Nei primi 5, infatti, le dinamiche narrative ricalcano tantissime forme, costruzioni e vicende già viste in precedenza nella vita di Joe, mettendone in evidenza le profonde necessità schematiche e uno spirito autodistruttivo che conosciamo bene. Intrighi, uccisioni e quella voglia profonda, recondita e irrefrenabile di "salvare la donna amata", portando alla morte delle varie minacce e problematiche intorno a lei e a quello che hanno costruito insieme. Esattamente una scelta anche un po' noiosa e ripetitiva, ma alla fine coerente con la narrazione precedente. 
Ad un certo punto, però, il protagonista, che si muove sempre sicuro nel suo modus operandi, deve confrontarsi con le conseguenze delle sue azioni. E qui arriva la seconda parte del resto degli episodi. Nel corso di essi facciamo anche la conoscenza di Bronte (The Handmaid's Tale), la nuova ossessione amorosa di Joe. Da una parte, porta un po' di freschezza, ma dall'altra rappresenta l'ennesima ripetizione di uno schema ormai prevedibile: ogni stagione ha bisogno di una "nuova fiamma" per tenere in piedi la trama. Bronte, però, non è solo una proiezione dei desideri di Joe: diventerà anche il suo punto debole.

Tra i nuovi personaggi introdotti in questa stagione spicca anche Reagan Lockwood, una donna decisa e spietata che darà filo da torcere a Joe e Kate, ormai stanca di sporcarsi le mani, creando così un interessante triangolo narrativo. Peccato che anche Reagan, come molti altri personaggi, finirà per diventare solo una pedina di Joe. E arrivati a questo punto la situazione è ben chiara: Joe e Kate sono agli antipodi. Lui è pronto a uccidere ancora, mentre lei cerca soluzioni più razionali e meno compromettenti, soprattutto nei confronti della sorella. Un po' incoerente arrivati a questo punto, no? La direzione che prende la serie diventa prevedibile: l'ossessione di Joe, i segreti da custodire, la violenza come risposta e l'amore per Bronte come copertura. Anche i colpi di scena, pur presenti, risultano spesso forzati e poco sensati. Nonostante ciò, restano godibili, soprattutto per chi è già affezionato alla serie e al suo stile. Il vero colpo di scena, però, arriva quando scopriamo che Bronte è in realtà un'amica di Beck, la prima vittima di Joe. È venuta a New York per smascherarlo. Questo è forse il twist più riuscito della stagione — o meglio, l'unico davvero efficace (anche se un po' forzato anche questo, ma ci può stare). Bronte passa dall'essere una ragazza che ha contattato Joe per incastrarlo, ad accettare la possibilità di amarlo veramente (o, meglio, "salvarlo", come in tutti i veri amori tossici), per poi tornare sui propri passi e cercare di fermarlo una volta per tutte. In questo senso, la parabola di Bronte è un riassunto della nostra: la consapevolezza di un pericolo, poi la fascinazione che porta a decisioni rischiose, infine il ritorno ad un'altra consapevolezza, più profonda e decisiva perché vissuta sulla propria pelle. 


Dal punto di vista tecnico, la stagione brilla. La regia e la fotografia sono di altissimo livello: ogni scena sembra uscita da un romanzo romantico. I momenti di tensione e quelli più intimi sono ben dosati, con un'estetica curata che rende molte sequenze quasi poetiche. Tuttavia, a livello di scrittura, You 5 risulta meno curata rispetto alle precedenti stagioni: l'intreccio è più debole, e i buchi di trama iniziano a pesare, soprattutto il background della vita di Joe che riusciamo veramente a comprendere nell'ultimo episodio, in uno scontro diretto contro Bronte, in fuga dall'uomo che prima diceva di amarla ma che ora vuole ucciderla. Veniamo così nuovamente introdotti nella vita di un uomo disturbato e irrisolto, a contatto con un mondo che non riesce mai a decifrarlo in tempo, o con le dovute attenzioni. Con il sangue versato che diventa gradualmente un fiume in piena dal quale è impossibile nascondersi, tutto torna nelle mani e nel fascino di un Joe che continua irrimediabilmente a ripetere gli stessi errori, schematizzando una distorsione mentale ancora una volta chiara, anche se mai affascinante come lo era nelle prime stagioni (ricordate e omaggiate a dovere). 
Ora, però, è stato smascherato, come tutti i serial killer e uomini tossici prima o poi vengono smascherati. La stagione si conclude con Bronte che, inizialmente attratta da Joe come figura romantica, e dopo averlo manipolato per ottenere confessioni e averlo costretto a rivelare i suoi crimini, lo affronta direttamente senza alcun dubbio, dopo anche lo sforzo congiunto di diverse donne del suo passato più o meno recenti (quelle ancora vive). Compiere questo percorso senza sostituire Joe con un altro cattivo, ma portando le donne della serie a pensare che si sta proprio meglio senza persone come Joe, mi sembra il risultato migliore e più lucido conquistato dalla serie.

Il piano di Bronte di portare Joe in un posto isolato per poi gestirlo da sola è sembrato molto (troppo) forzato, un tentativo di creare un ultimo gesto di pathos, che però sembra troppo scritto, troppo rapido, poco coerente con lo sviluppo della trama fino a quel momento. Commovente l'ultimo dialogo a telefono con il figlio che gli rinfaccia con dure parole "tu sei il mostro". In questo scenario, Joe è vulnerabile e disarmato, ma alla fine riesce a uccidere Bronte… o almeno così pensa. Mentre scappa, viene braccato da diverse forze dell'ordine, chiamate da lei in precedenza, e viene messo alle strette da Bronte, che si scopre essere sopravvissuta. Joe, in un ultimo atto di resa o forse di disperazione, le implora di finirlo. Ma Bronte, ferma e lucida, si rifiuta. Joe verrà arrestato e messo in carcere, pronto a scontare la sua pena, da solo. 
Joe Goldberg viene condannato per tutti gli omicidi commessi negli anni. Le sue colpe, dopo anni di fughe e manipolazioni, vengono finalmente riconosciute. Con la sua condanna, anche alcune delle sue vittime collaterali trovano giustizia: il dottor Nicky e Nadia vengono scagionati, liberati da colpe che non hanno mai avuto. Henry, il figlio di Joe, viene affidato a Kate, chiudendo ogni legame con il padre biologico. Anche questo finale mi è sembrata la scelta migliore che potesse esserci per un protagonista del genere: trasformare una fascinazione del male in un insegnamento. Finale giusto ma troppo frettoloso: Kate, anche lei colpevole di un certo numero di crimini, ma "assolta" con troppa facilità, in quanto co-vittima di Joe. 


Così anche in prigione possiamo ascoltare i pensieri di Joe. Nella sua cella, Joe sta ricevendo decine di lettere di ammiratrici innamoratissime, come sappiamo effettivamente succedere spesso quando queste figure varcano le soglie della prigione. A quel punto è proprio lui, che, rivolgendosi a noi, nota come questa pratica nasconda problemi piuttosto inquietanti, ma invece di liquidare queste spasimanti come delle fragili, bizzarre eccezioni, le mette in confronto proprio con noi: "forse il problema non sono io. Forse siete voi". L'ultimo "you" pronunciato dal protagonista è rivolto a noi e ci chiede un ultimo sforzo di consapevolezza che sia buono per il futuro: che differenza c'è fra una ragazza che scrive lettere d'amore a un serial killer in carcere e una persona che quel serial killer l'ha seguito per anni su Netflix, sperando ogni volta che se la cavasse per poter proseguire la storia? Che differenza c'è tra chi crede di amare persone del genere, giustificandole ogni volta? Una frase provocatoria, amara, che porta alla luce una delle critiche centrali della serie fin dall'inizio: l'ambiguità con cui la società consuma, giustifica e persino idolatra figure profondamente disturbanti, trasformandole in icone pop. 
Una delle caratteristiche più affascinanti di You risiede proprio nel fatto che il suo protagonista si narra da solo, si racconta interpretando gli eventi di una vita che viene continuamente traslata dal suo sguardo malato, portando a una distorsione della morale che influisce direttamente sul giudizio degli spettatori. Questa cosa raggiunge vette insperate in You 5, divenendo non soltanto motivo di fascino tossico, ma di ulteriore forte e importante riflessione oltre il piccolo schermo, forse ancora più che in passato.


La quinta e ultima stagione di
You tenta di chiudere il cerchio dello stalker, ma lo fa con una scrittura meno curata rispetto alle stagioni precedenti. La trama risulta più piatta, ma riesce comunque a mantenere un certo interesse. Con la quinta stagione, e senza cambiare quasi mai il punto di vista, Joe diventa un protagonista sempre più sgradevole, perché il suo falso romanticismo (che sembrava sempre proiettato verso un'altra persona, poi sistematicamente punita per il suo tradimento) svela sempre più il suo vero volto di egoismo e narcisismo. Alcuni personaggi, come i fratelli di Kate, sembrano introdotti solo per questa stagione, senza una vera e propria connessione con le precedenti (il doppio ruolo di Anna Camp è innegabilmente spassoso e l'amore/odio del pubblico per Bronte contribuisce a mantenere l'interesse). Alcuni colpi di scena sono prevedibili, mentre altri risultano ben costruiti e davvero coinvolgenti. Il vero problema è che sembra davvero di assistere a qualcosa che gli autori hanno dovuto tirare per le lunghe. Il che porta a una trama con inutili complicazioni, anche poco interessanti, ma soprattutto ad un'eccessiva ripetitività. Per il resto, va detto che Penn Badgley mantiene altissimo il livello della sua performance, restando il vero punto di forza anche di questa stagione. Un altro vero punto forte della serie rimane la storia che cerca di raccontare: affronta problematiche che molte persone vivono ogni giorno e ci spinge a riflettere, sia sul mondo che ci circonda sia su noi stessi. E tutto questo insieme ad una regia impeccabile e un protagonista straordinario.