
Nemo Bandera
è un potente imprenditore del settore ittico (la Deep Sea), noto anche come
narcotrafficante nella fittizia località di Levante, in Puglia. Se nella prima
stagione abbiamo assistito ai tentativi di Bandera di individuare tra i figli
l'erede ideale dei suoi traffici, dopo che gli è stato diagnosticato l'Alzheimer,
con il secondo atto ritroviamo il protagonista intenzionato a non lasciare il
potere e a proteggere la famiglia da attacchi esterni sempre in agguato.
Uscita
lo scorso novembre, mi ritrovo in ritardo a recuperare la recensione di questa
seconda stagione. Il
patriarca (qui la recensione) è una
serie che rispolvera gli antichi canoni della fiction di Canale 5
(quella "gloriosa" targata Taodue che macinò titoli negli anni Novanta e
Duemila), ma che non ritrova il piglio di un tempo, anche se ha voluto
azzardare, tentando di riproporre in chiave leggermente aggiornata tutte quelle
dinamiche già viste in altre sue produzioni. E il pensiero vola a serie come Squadra
antimafia, Rosy Abate, Le mani dentro la città, di cui Il
Patriarca è degno erede. Claudio Amendola, oltre ad essere il villain della
serie, è regista e volto di un prodotto che ha senza dubbio il pregio di
affiancare alle dinamiche classiche del crime e delle gangster stories anche la
riflessione sulla malattia e il declino del corpo di una figura potente come il
capo di un'organizzazione criminale. Adattamento
di una serie tv spagnola (Vivir sin permiso), Il patriarca gioca
la carta di un universo simbolico rodato, quello appunto della mafia e del
crimine sullo sfondo della provincia meridionale italiana, senza dimenticarsi
della linea "famigliare" caratterizzata dai tormenti e dalle incomprensioni che
regolano le relazioni tra il boss e i figli. Nonostante la perdita del figlio Carlo, Nemo porta
avanti un'apparente stabilità, supportato dagli altri personaggi: la moglie
Serena, interpretata da Antonia Liskova, la figlia Nina (Giulia Schiavo),
l'avvocato di famiglia Mario (Raniero Monaco di Lapio) e soprattutto ritrovando
Lara (Neva Leoni), una figlia avuta da una relazione passata. La presenza della
ragazza, però, porta nuove dinamiche all'interno del clan e della famiglia,
alterando una già complessa situazione. Il secondo capitolo si incentra, soprattutto, sulla
lotta tra Bandera e Raoul Morabito (Federico Dordei), il marito della sorella
di Serena - la Deep Sea era, in realtà, creazione della famiglia di questi. Nell'ultima puntata la guerra tra Nemo e Raoul, arriva al suo
culmine, con quest'ultimo deciso ad uccidere il nemico e soprattutto la figlia
Nina, facendo leva sui suoi sentimenti per Daniel (Giorgio Belli). Il ragazzo, nonostante le pressioni
del padre, non riesce però a sparare alla donna di cui si è innamorato e si
lascia uccidere nel tentativo di proteggerla, mentre Raoul muore per mano del
suo nemico storico. Mario, resosi conto che il suo matrimonio con Nina è
finito, confessa nuovamente il suo amore a Lara e lei si lascia andare,
ricambiando. Serena, capito cosa c'è tra loro, li caccia entrambi di casa.
Per Nemo l'ultima battaglia da
combattere è quella contro Elisa (Giulia Bevilacqua), sua prima e più tenace
nemica. La donna, perso l'amante Raoul, decide di usare ancora Mario e, dopo
lunghe indagini, scopre e gli racconta la verità: è stato Nemo ad uccidere suo
padre quand'era piccolo, facendolo poi lavorare con lui come blanda ricompensa.
Questa verità arriva subito dopo che Nemo, deciso a ritirarsi, gli ha lasciato
il posto di presidente della Deep Sea, dando anche la sua benedizione al suo
amore per Lara. Mario decide, a questo punto, di allearsi nuovamente con Elisa,
ma non sa che l'ispettore Monterosso (Primo Reggiani) ha inviato a Lara il
video che lo incastra per l'omicidio di Carlo. Quel video segna la sua condanna
a morte: Mario viene ucciso da Nemo con l'appoggio di tutta la sua famiglia.
Un finale avvincente nel quale
il cerchio si è chiuso ma che, diversamente da quello di Vivir sin permiso,
lascerebbe in teoria spazio ad altro. In Spagna, infatti, la seconda stagione
si è conclusa con la morte di Nemo per mano dell'amico Ferro, pronto a
mantenere la promessa di ucciderlo qualora l'Alzheimer avesse preso il
sopravvento.
Il Patriarca
cresce di intensità nella seconda stagione. Lo sviluppo narrativo avviato nel
primo capitolo ha giovato nella trama della serie tv. Azione e drama trovano un
punto di intesa, lasciando la suspence necessaria allo spettatore. Forse si
troverà un punto di svolta definitivo, ma i punti da definire sono davvero
tanti. In questo modo il colpo di scena è dietro l'angolo, senza essere
scontato, come un vero action thriller insegna. Sembra un ritorno al passato,
anche se non perfetto.È allora
legittimo chiedersi quanto il pubblico tv abbia voglia di salire su questa
macchina del tempo e tornare a vivere situazioni e paradigmi di cui ha ormai
esperienza. Un dubbio che si fa ancora più lecito nel panorama in cui Il
Patriarca si trova costretto (non per colpa sua) a vivere, tra serie turche
e show più che rodati: ma forse, in fondo, non è solo Claudio Amendola a salire
a bordo della macchina del tempo, ma un intero canale televisivo. Considerati anche gli ascolti poco soddisfacenti
(c'è ancora chi li guarda, ma io ho seguito la serie interamente su Mediaset
Infinity) e il finale perfetto andato in onda, l'ipotesi di un nuovo
capitolo per la serie CamFilm sembra improbabile. Tuttavia, forse l'intenzione
di andare avanti c'era.