A seguito
del grande successo della sua prima stagione (qui la recensione), non sorprende il ritorno, su Netflix,
di Odio il Natale 2. Le vicissitudini personali di Gianna (con una Pilar
Fogliati perfetta per il ruolo) hanno appassionato numerosi utenti streaming durante
il periodo natalizio scorso. Fin da subito proposto come un remake nostrano della serie televisiva
norvegese Natale con uno sconosciuto, questo progetto per il piccolo
schermo è riuscito a stregare il pubblico generalista grazie a un tocco
personalissimo che ritorna anche nella seconda stagione. Lo schema è sempre lo
stesso, quello di una millennial alle prese con relazioni sentimentali
complicate, goffi tentativi di ricreare una stabilità e colpi di testa che
rovinano tutto sul più bello. Non solo l'atmosfera natalizia, ma anche un cast
corale hanno fatto la differenza, con una migliore coesione tra storie e
personaggi.
Ecco che, rispetto alla prima stagione che ruotava intorno
alla ricerca di un uomo, il quesito cambia e ciò che cerca Gianna è il vero
amore, quello con la A maiuscola, che potrebbe anche non durare per sempre, ma
che porta a dire: "sì, è la persona giusta". Se nel primo capitolo Gianna
sentiva di non piacere realmente a nessuno, adesso ha capito che è lei a non
aver mai realmente amato qualcuno.
A mettersi in gioco, quindi, non sarà
solamente Gianna, ma anche i suoi cari e un vicino di casa che molto
probabilmente non si sarebbe mai aspettato di ritrovarsi una vicina come lei.
Visto che i miracoli di Natale non capitano senza il supporto di uno o
più aiutanti, ecco ricomparire, accanto a Gianna, pure le sue amiche, ovvero
Titti, una cinica Beatrice Arnera che non crede nell'amore solo perché è stata
ferita ma sotto sotto desidera solo un abbraccio, e Margherita, sorella della
protagonista, alle prese con una rottura. New entry del cast della seconda
stagione sono Pierpaolo Spollon che interpreta Filippo, nuovo vicino di Gianna
che una volta tanto porta sullo schermo un vedovo non lacerato dal dolore,
padre di un'adolescente non problematica, non traumatizzata, non lagnosa ma
addirittura felice. Il trionfo della leggerezza, insomma. Quella voglia di
certezze e risposte in un mondo che sembra avere continue aspettative
sentimentali nei tuoi confronti diventa sia una ricerca di sé stessi e della
propria identità, che una voglia di affermazione personale oltre le dinamiche
più materiali dell'esistenza e convivenza col prossimo. Con più personaggi in
gioco, ovviamente, in Odio il Natale 2 aumentano anche i punti di vista
e le problematiche da analizzare e superare. La separazione di una giovane
coppia con figli e la conseguente terapia, il bullismo e la pressione in
giovane età e la risposta successiva durante la crescita, la voglia di libertà
personale durante l'anzianità e ovviamente l'amore in tante sfumature
differenti. Sono questi i punti di forza della serie Netflix, coadiuvati
a un'attenzione mirata alla semplicità d'azione e sviluppo da non sottovalutare
affatto. E giusto per
non farci mancare niente c'è pure la quota "fuck boy" di Nicolas
Maupas, che torna nel ruolo di Davide, uno dei love interest della protagonista
nella prima stagione, ma che, però, non sembra effettivamente ottenere un posto
in questa seconda stagione. Non è un interesse sentimentale e non è un amico,
non ha un futuro e non ha un presente. Forse uno che semplicemente e implicitamente l'aiuterà a farsi ulteriori domande?
Per chi vuole sorridere dei tormenti
dell'amore regalandosi qualche momento di spensieratezza, pronto per essere
divorato in modalità binge-watching. Niente di troppo cerebrale, niente di
troppo serioso, si intende. Soprattutto durante le feste (anche se le mie
recensioni arrivano sempre tardi!).
Il Natale, alla fine della fiera, la
protagonista non lo odia realmente, dice di odiarlo solo perché non le dà
quello che cerca e, come tutte le commedie romantiche, il lieto fine è alla
porta al termine della stagione. Dunque, per parafrasare Gianna, "la
slitta di Babbo Natale passa una seconda volta, basta saperla aspettare".
E questa seconda volta sì, è quella giusta, più matura come la protagonista.
Del resto, la vera magia non è essere speciali, ma normali.