ODIO IL NATALE

Dicembre è quel mese in cui si aspetta con ansia l'arrivo delle feste, ma anche il periodo in cui si fruiscono di più le commedie romantiche. E così Netflix come regalo ci dona Odio il Natale, adattamento della serie norvegese Natale con uno sconosciuto del 2019, e prodotta da Matilde e Luca Bernabei, con l’attrice Pilar Fogliati. La serie, la prima prodotta da Lux Vide per la piattaforma e la prima italiana di stampo natalizio sbarcata su Netflix, composta da sei episodi di trenta minuti ciascuno, si divora esattamente in un solo pomeriggio.

Ci troviamo a Chioggia, in Veneto, dove vive Gianna (Pilar Fogliati), un'infermiera trentenne e single da tre anni, dopo esser stata mollata da Francesco, che nel frattempo ha avuto un figlio. 
Mancano 24 giorni al Natale e Gianna deve fare i conti con la sua famiglia che, in quel giorno di festa, si aspetta di vederla sistemata con un uomo. Le aspettative dei familiari e i loro giudizi riguardo la sua anomala situazione sentimentale la mettono talmente tanto sotto pressione da farla mentire sull'esistenza di un compagno che presenterà al cenone. Proprio questo suo stato (o non stato) sentimentale la porta ad odiare il Natale, periodo in cui se non sei fidanzato non puoi essere felice e alla meno peggio finisci al tavolo dei bambini durante il pranzo del 25 dicembre. Stanca, appunto, della madre (Sabrina Paravicini) che non fa che sottolineare la sua condizione di giovane zitella, a danno compiuto la ragazza si trova costretta a cercare realmente un uomo che possa portare a casa dei suoi a Natale per non deludere la sua famiglia, e mentre spera di trovare quello giusto si imbatte nei soliti uomini stereotipati che le mettono i bastoni fra le ruote. Mentre le battute di Love Actually scandiscono le sue giornate, Gianna si ritrova a dover affrontare, in un salto a ostacoli, tra una bicicletta e l'altra, come chiama lei i vari uomini che si susseguono, le categorie di uomini più comuni e classiche, dal "mammone" all'ossessivo, al liceale con gli ormoni e l'emotività ballerina, e successivamente a riscoprire il vero spirito e la vera magia del Natale. Macchiette inserite nei soliti cliché, forse questa la pecca più evidente dello script, con un eccessivo dosaggio caricaturale dei comprimari di Gianna – la quale si confida allo spettatore come se fosse un'amica al bar - che ne fa perdere un po' il tono tragicomico. Ma grazie a quel che accade alle sue amiche Titti (Beatrice Arnera) e Caterina (Cecilia Bertozzi), e ai segreti che nascondono i suoi genitori, capisce che la ricerca ossessiva di un compagno per la vita non la porterà da nessuna parte, se non a prendere consapevolezza di sé stessa. Ovvio che il finale è a lieto fine, perché a Natale è ormai un imperativo categorico essere ottimisti e Odio il Natale non può certo trasmettere un messaggio diverso.

Gianna ci trasporta di fretta nelle sue dinamiche da montagne russe e si corre insieme a lei fra le strade e i canali di una suggestiva Venezia addobbata a festa, ambientazione anomala per una serie nostrana, ma proprio per questo più visivamente attraente. Si dice che il Capodanno sia il giorno in cui si tirano un po' le somme dell'anno passato, si stabiliscono i propositi per l'anno nuovo e si fa ammenda. Quel che invece non si dice è che il bilancio dell'anno a cui facciamo affidamento pochi giorni prima dell'ultimo giorno di dicembre, con speranze annesse per il futuro, viene in realtà fatto nei giorni precedenti il Natale. È con questo presupposto che inizia Odio il Natale, quando la protagonista Gianna, interpretata da un'esuberante Pilar Fogliati, deve fare un resoconto della sua vita mentre affronta la sua catastrofica quanto bizzarra situazione sentimentale. Il cliché del fidanzato a Natale è l'elemento cardine su cui si avvolge tutta la storia e la protagonista stessa, alla ricerca frenetica dell'uomo giusto da poter presentare ai genitori. Questa spinosa situazione, in cui si trova la protagonista sempre sotto interrogatorio della famiglia, è accentuata proprio da Gianna, la quale vive la tipica fase del trentenne in crisi, quel periodo di vita in cui si è in un limbo esistenziale: si guarda a cosa si è lasciato indietro per volgere l'attenzione al futuro, al mondo rigido degli adulti, il cui ingresso è sempre pieno di esitazione e timori. D'altronde, Odio il Natale finisce per essere una serie che può essere apprezzata da chi si sente come Gianna, sola in prossimità del Natale, senza qualcuno con cui trascorrerlo. Quella promessa di trovare un fidanzato entro la cena della Vigilia diventa un'ossessione che spinge Gianna a cercare uno sconosciuto. D'altra parte, sappiamo tutti che una delle domande più fatte (e temute) durante queste cene è "E il/la fidanzato/a?". Ecco, la serie tv parte da quella sensazione di inadeguatezza che spesso chi è single si sente addosso non appena si trova costretto a dover rispondere a quello zio che vede una volta l'anno e quella volta ci tiene ad avere aggiornamenti sulla sua vita sentimentale. Dunque il Natale diventa un solo pretesto, perché la serie si concentra soprattutto sulla ricerca dell'amore per Gianna, che in pochi giorni passa da single convinta a trentenne disperatamente bisognosa di un uomo accanto per dimostrare a tutti che no, non morirà da sola.

Quel che permea tutto il tessuto narrativo della serie, e che spinge la protagonista a ribellarsi nel finale, è il dover soccombere alle aspettative degli altri per non generare delusioni, con il pensiero comune che doversi sposare e procreare è indispensabile arrivate ad una certa età, "perché l'orologio biologico non aspetta nessuno". Per contrastare questa condizione limitante, bisogna impegnarsi affinché un proprio posto nel mondo si trovi, poiché la felicità è ovunque e non solo nelle relazioni amorose, e spesso si trova negli angoli più nascosti del cuore se solo si osserva con attenzione. Da sempre non sono mai stata un'amante del Natale, proprio per questi motivi su elencati, ma anche da bambina non sono mai riuscita a godermi appieno le feste, come ogni bambino dovrebbe – sicuramente a causa di alcuni ricordi non piacevoli; a maggior ragione, da quando la mia adorata nonna è mancata, per me dicembre non è più stato il mese del periodo natalizio, ma semplicemente quel momento dell'anno in cui sei obbligato a correre a destra a manca per comprare dei regali banali per gente che ha tutto. Insomma il mio spirito natalizio è sempre stato alla pari di quello del Grinch! E forse anche quello di molti, che pensando agli addobbi natalizi morirebbero di orticaria. Il problema, però, non è tanto il Natale in  e l'atmosfera generale che si vive, ma il solito "fattore famiglia" che fa più danni di un candito nel panettone. In una società come quella di oggi in cui davvero è Natale tutti i giorni e tutti hanno tutto, la magia sembra davvero il ricordo di un'epoca lontana.

In conclusione, Odio il Natale è una commedia natalizia che segue il pattern romantico per eccellenza, seppur un po' troppo ingolfato da luoghi e situazioni comuni che lo rendono un prodotto eccessivamente plastificato. Che l'Italia ricicli dei format che ben funzionano all'estero non è una novità, così come non lo è che spesso capiti anche di offrire delle versioni migliorate di ciò che viene proposto fuori dai nostri confini. Ne è un esempio Skam. In realtà Odio il Natale non aggiunge nulla di nuovo rispetto alla serie originale norvegese, non riuscendo a distinguersi per una sua identità, anche perché è piena di cliché: c'è la 30enne single alla ricerca dell'amore sotto le feste natalizie, una famiglia all'antica che non fa altro che chiederle quando si fidanzerà, la bugia sul fidanzato finto, un'incredibile sfortuna in amore che non le permette di trovare l'anima gemella, le amiche variegate dalla mamma di famiglia alla ragazza vergine fino a passare alla single incallita che va a letto con gli uomini ma non se ne innamora. L'aspetto migliore della serie? Oltre ad un'ottima location tra canali e piazzette bandite da un'atmosfera natalizia fuori dal comune (anche se non c'è ombra del dialetto veneziano)? La sua protagonista, Pilar Fogliati che, nonostante dialoghi stucchevoli e momenti cringe, se la cava a dare credibilità al suo personaggio e regge bene l'intera impalcatura della serie che, più che un titolo Netflix, forse era più adatto a essere una fiction televisiva. Nonostante questo, la serie può essere un buon passatempo leggero per passare le serate invernali in attesa delle feste di Natale, l'importante è guardarlo senza troppe pretese. È già in programma un seconda stagione conclusiva (qui la recensione).