Pochi giorni
fa ho deciso di riprenderla in mano, di concedermi e di immergermi in quella
sensazione malinconica che solo la maratona di The O.C. può instaurare.
Pensavo fosse invecchiata male, pensavo avrei riso delle scelte di scrittura e
dello stile ormai vecchio, e invece sono finita per divorarla, forse più di
quanto feci da giovane. Perché sì, ancora oggi è un teen drama più che
meritevole, una serie ben riuscita, divertente, straziante e unica nel suo
genere. Ha i suoi pro e i suoi contro, è una serie che la si ama e la si odia,
ma non si può dire che indubbiamente non abbia lasciato il segno alla generazione
dei Millennials. Ogni
generazione ha avuto la propria serie tv di stampo adolescenziale che in
qualche modo lo ha arricchito. Gli anni '90 hanno avuto Beverly Hills 90210,
a cavallo tra il vecchio e il nuovo millennio c'è stato Dawson's Creek,
ma ciò che ha davvero caratterizzato il primo decennio di questa nuova epoca è
stato, senza ombra di dubbio, The O.C. (acronimo di The Orange County).
La serie, creata da Josh Schwartz
e andata in onda dal 2003 al 2007, ha saputo trasportarci in quelle
meravigliose località della costa californiana, quasi sentendo il calore del
sole sulla nostra pelle.
Seth, in Ryan, scoprirà un amico, colui che lo farà
uscire dal guscio e lo farà socializzare con i compagni di scuola, soprattutto
con Summer, con cui non aveva mai parlato. Fin dal suo arrivo a Newport, Ryan piace a Marissa, che
finirà per innamorarsi di lui, lasciando il suo ragazzo Luke – che nel
frattempo ha fatto a botte con Ryan – dopo aver scoperto che Luke la tradisce.
Già nella prima stagione si profila l'altra storia d'amore fondamentale della
serie: quella fra Seth, che ha la fama dell'imbranato nerd (ma si riscatta grazie
all'amicizia di Ryan), e Summer, la migliore amica di Marissa che Seth ama, non
corrisposto, da quando era bambino (tanto da aver chiamato la sua barca a vela "Summer Breeze"). Grazie alla relazione con Seth, con cui nella prima stagione
perde la verginità, Summer maturerà, perdendo un po' alla volta la superficialità
che la caratterizzava all'inizio. Nella prima stagione di The O.C.
possiamo trovare il vero sapore agrodolce dell'adolescenza. Non quello vintage
raccontato in Beverly Hills 90210, né quello fin troppo näif mostrato in
Dawson's Creek. Per non parlare poi di quello sfrenato e inaccessibile
dei figli dell'Upper East Side di Gossip Girl. In The O.C. c'è il disagio giovanile
legato all'emarginazione personificata dal personaggio di Seth, il desiderio di
ribellarsi al ruolo stereotipato che famiglia e amici hanno già scelto per noi
(Marissa). Ci sono i problemi con e dei genitori raccontati in modo credibile (almeno fino ad un certo punto) e
ci sono sia il bisogno di emergere tra i coetanei e di farsi accettare, ma
anche quello di non omologarsi troppo; le prime cotte, i primi amori, i
tradimenti e le gelosie. Ci sono le droghe, il sesso, le delusioni, le liti e
le feste. Tante feste. Quelle che guardi con malinconia attraverso lo schermo
rimpiangendo quelle che hai vissuto tu, ma anche quelle che hanno vissuto loro. La
prima stagione l'ho trovata stupenda, tra le prime stagioni più belle in
assoluto a mio parere, divertente, sarcastica, piena di colpi di scena e con un
eccellente sviluppo dei personaggi ai quali non puoi fare a meno di
affezionarti, a parte gli ultimi episodi che ruotano intorno alle gelosie assurde di Ryan e Marissa
prima per Oliver e poi per Theresa, con la quale il ragazzo parte per Chino, alla fine della stagione, pensando di averla messa incinta; peccato che già nella seconda stagione
si avverta un calo: meno umorismo e più dramma: scopriamo che Theresa non è più
incinta (o meglio, è quello che vuole far credere a Ryan e agli spettatori),
pretesto per far tornare Ryan a Newport, far riprendere Seth dalla fuga e dalla depressione per l'addio di Ryan, e ricominciare le
avventure/disavventure con i loro amici: prima Ryan si fidanza con Lindsay e in
tutta la storia di questa povera ragazza governa un'aria di soap opera, poi una
volta di nuovo con Marissa ecco un altro disastro a causa del ritorno del fratello di
lui; fino ad arrivare al culmine nella terza stagione, dove pensi che
non possa esistere nulla di più tragico della vita di questi poveri ragazzi. La
prima metà, seppur Ryan e Marissa stanno insieme, dopo diversi tira e molla che hanno fatto annoiare alcuni e sognare altri nel corso delle prime due stagioni, è di una noia mortale, poiché i due ragazzi devono
subire tutte le conseguenze della sparatoria a Tray (se non fosse per le
peripezie riguardo le domande del college è da spararsi), poi si riprende e, non
stando più insieme, Marissa cade di nuovo nell'alcol e nella droga, questa volta con un nuovo disastro chiamato Volchock, che la porterà alla morte.
The O.C., dopo un'ottima prima stagione, è via via peggiorato,
con una seconda sottotono (che si riprende solo nella seconda metà di stagione,
quando diciamo addio a Lindsay e Rebecca) e una terza che non ha gestito al
meglio tutti i personaggi (come Matt e Kaitlyn) e che ha messo fin troppa carne
al fuoco senza sviluppare il tutto adeguatamente (i brevi ritorni di Theresa e
Anna, l'introduzione di Taylor e Sadie, la rottura tra Ryan e Marissa). Pur partendo da un'ottima premessa
(la vendetta di Ryan e Julie nei confronti di Volchock), la quarta
stagione si trasforma completamente in un'altra serie, che non ha nulla a che
spartire con le precedenti. La stagione ci ha un po' ingannati, presentandoci un incipit molto
drammatico, in cui i personaggi dovevano fare i conti con la morte di Marissa e
provare a vivere senza la loro figlia, amica o fidanzata. Quando però Ryan
sceglie di non uccidere Volchock e di farlo vivere col rimorso per sempre, la
promessa iniziale viene infranta, Marissa viene dimenticata e tutti i
personaggi vanno avanti con le loro vite lasciandosi tutto il dolore alle
spalle con estrema semplicità, senza mai elaborare davvero il trauma della
perdita. Esempio: all'inizio della quarta stagione scopriamo che Summer non ha
mai affrontato realmente la morte di Marissa, ma sì è rifugiata nello studio e
nell'attivismo per dimenticarla. Quando decide finalmente di andare in terapia
per affrontare il lutto, ci aspettavamo di vederla tirare fuori tutto il dolore
per la perdita della migliore amica. Invece vediamo una sola sessione di
terapia, messa in scena in maniera risibile e in pochi minuti, dalla quale
Summer esce come nuova, come un giocattolo rotto e immediatamente riparato, che
può mettere da parte Marissa e tornare a essere felice e gioiosa come un tempo,
senza mai più pensare all'accaduto. Messo da parte Volchock, The O.C. diventa una sitcom
in cui il dramma non esiste più, le atmosfere sono leggere, i dialoghi sciocchi
e alcune storyline completamente cartonesche. Qualche esempio? Il marito
francese di Taylor; l'episodio col sogno condiviso tra Ryan e Taylor; il
viaggio spirituale di Che che porta a pensare che Seth sia l'anima
gemella di Summer; la trasferta a
Berkeley per il matrimonio di Julie. The O.C. ha sempre avuto una vena comica geniale, ma era ben dosata e
rappresentata da pochi personaggi (il duo Seth/Summer in particolare) per
bilanciare il dramma che investiva Marissa e gli altri. Un altro punto di cui
discutere è il ritorno del padre di Ryan. Ogni volta che compariva sulla scena
o se ne faceva menzione, la madre biologica del ragazzo veniva sempre dipinta
come una persona che, pur provandoci, non riusciva a essere un modello per suo
figlio o a occuparsi di lui, tanto che, anche quando era riuscita a ripulirsi,
aveva deciso di restare fuori dalla sua vita. Del padre di Ryan, invece,
sapevamo nulla fino alla quarta stagione, quando ricompare improvvisamente e
decide di punto in bianco di voler ricucire i rapporti col figlio. La serie non
solo perdona e redime Frank molto facilmente, ma usa il personaggio non per
raccontare il rapporto con Ryan, ma come nuovo interesse amoroso di Julie,
lasciandosi sfuggire la possibilità di creare, se ben sfruttato, un conflitto
tra padre e figlio che avrebbe dato al protagonista un ruolo più interessante
di quello del semplice interesse amoroso di Taylor. Già con la terza stagione si era
commesso un grave errore introducendo un personaggio infantile come quello di
Taylor, ma il poco spazio riservatole ci permetteva di chiudere un occhio di
fronte alla sua presenza nella serie. Soprattutto perché siamo sempre stati abituati alle scelte
infantili di Seth e di Marissa. Le cose sono cambiate durante la quarta stagione, quando Taylor è
entrata nel cast principale, è cresciuta ed è diventata la ragazza di Ryan.
La loro relazione obiettivamente
non poggia su alcun fondamento: che Ryan avesse bisogno di una ragazza diversa
da Marissa, che lo tenesse lontano dai drammi e che gli donasse un po' di
serenità è un conto, ma che si innamori di Taylor senza un background che lo
giustifichi è un chiaro esempio di come la scrittura della quarta stagione sia
pigra e di bassa qualità. Bisogna ammettere, però, che senza la spontaneità e la parlantina di Taylor la quarta stagione sarebbe stata di una pesantezza unica.
La scena finale del primo episodio, in cui Ryan e Julie si incontrano
sulla tomba di Marissa, è di un'intensità emotiva altissima, e quella scena
rappresenta di fatto il punto di rottura tra il vecchio O.C. e il nuovo O.C.:
gli autori ci sbattono in faccia la loro nuova idea. Questa serie non parlerà
più della vita e dei problemi degli adolescenti. Questa serie proverà a
rinnovarsi, assumendo toni più maturi e adulti. Marissa Cooper è stata
sacrificata sull'altare del rinnovamento, un rinnovamento che, senza un colpo di
scena pesante e distruttivo come questo, difficilmente sarebbe potuto arrivare
con facilità e soprattutto in tempi brevi. La morte di Marissa ha sconvolto tutti i personaggi, tutti in
preda ad un vortice di tristezza, rabbia, disperazione e desideri di vendetta.
Hanno tutti occhi diversi: la fine di Marissa li ha segnati e li ha fatti
definitivamente crescere, sbattendo di prepotenza nel mondo degli adulti gli
adolescenti, e dando – come è normale che sia – un'aria meno sbarazzina anche
agli adulti della serie. In primis Julie Cooper, la quale devastata dalla morte
della figlia comincerà un tortuoso percorso che la porterà a diventare anche una
grande madre per l'altra sua figlia, Kaitlin. Ryan, invece, dopo tanti anni di drammi, ha cominciato a sorridere grazie a Taylor e, forse, nonostante le loro diversità, serviva a lui una persona come lei che lo bilanciasse. Ma c'è da dire che gli autori dovevano fare i conti
con un pubblico adolescente che difficilmente avrebbe capito e molto più
facilmente si sarebbe arrabbiato, come un bambino a cui hanno tolto il
giocattolo, ovvero Marissa Cooper.
Ho cominciato, così, a riflettere sul perché la serie televisiva The O.C. fu interrotta – a metà della terza stagione – a favore di altre trasmissioni, per essere poi recuperata nella primavera del 2007, ma solo in seconda serata. La ragione ufficiale era il crollo degli ascolti. L'irritazione dei fan si è accentuata quando hanno scoperto, nel settembre 2007, che la serie era stata sospesa definitivamente, e la quarta e ultima stagione, già trasmessa sul digitale terrestre, non sarebbe mai stata trasmessa via etere. Indipendentemente dalle spiegazioni più o meno rabbiose dei fan, la caduta degli indici di ascolto è stata non solo reale, ma considerevole. L'andamento della serie in Italia ha del resto rispecchiato quello negli Stati Uniti, dove la crisi ha indotto la produzione a fermarsi alla quarta stagione. Ho sempre voluto capire come mai una serie, simile a Beverly Hills 90210 e a Dawson's Creek, avesse fatto – dopo il successo delle prime due stagioni – questo clamoroso fiasco, mentre le precedenti avevano ottenuto consensi di pubblico ben più durevoli. Non c'è bisogno di ulteriori approfondimenti, oltre a quello già scritto, per cogliere le somiglianze fra i temi di questa serie e quelli di Dawson's Creek: l'amore romantico spesso contrastato, l'amicizia fra coetanei, i problemi della crescita, la scuola, e così via. Ma la differenza più importante rispetto a Dawson's Creek sta nel fatto che i problemi dei (e con i) genitori, che i ragazzi di The O.C. devono affrontare, sono talmente più numerosi e gravi che la crisi della famiglia "upper class americana" diventa un nucleo tematico aggiuntivo e autonomo. Per fare solo qualche esempio: la famiglia di Marissa è composta da Jimmy, manager che ha compiuto una frode derubando i suoi clienti, dalla moglie Julie, donna di umili origini che si è riscattata sposando Jimmy, e dalla sorellina Kaitlin, ragazzina viziata; Summer vive con il padre, chirurgo plastico, e la matrigna, una donna depressa sempre imbottita di psicofarmaci; nella prima stagione Luke, ex ragazzo di Marissa, deve affrontare le chiacchiere di Newport sull'omosessualità del padre, ed è costretto a lasciare la città quando Marissa scopre la sua relazione con sua madre Julie. L'unica famiglia dotata di una certa stabilità sembrerebbe quella di Sandy Cohen. Tuttavia, anche qui le cose si mettono male quando nella seconda stagione Kirsten, instabile e con un passato da alcolista, a causa dei suoi problemi non risolti con il padre Caleb, temendo che il suo matrimonio sia minacciato dalla ricomparsa di una ex di Sandy, ricomincia a bere ed è costretta al ricovero in clinica per seguire un programma di riabilitazione. Le vicende della madre di Marissa sono fra le più sconcertanti. Opportunista e concentrata solo sul denaro e la posizione sociale, Julie Cooper divorzia da Jimmy appena questi si mette nei guai con la legge e, dopo una breve relazione con l'ex ragazzo della figlia, si risposa immediatamente col ricco e potente padre di Kirsten; tuttavia, non appena questi chiede il divorzio dopo aver scoperto un filmino per adulti cui Julie aveva partecipato da ragazza, la donna medita perfino di ucciderlo (ma non ha il coraggio di farlo); lui muore d'infarto, e allora Julie torna per un breve periodo con l'ex marito Jimmy, ma cambia subito idea intrecciando una relazione con il padre di Summer. Nell'ultima stagione finirà per abusare di pillole dopo la morte della figlia Marissa, cambiando compagno altre due volte, fino a trovare – forse – la pace col padre naturale di Ryan (improvvisamente apparso a Newport dal nulla), al quale darà un figlio. Potrei proseguire, ma credo che questo assaggio - stile Beautiful - sia sufficiente per far cogliere l'entità dei guai che affliggono le famiglie di The O.C. Sbaglierei, tuttavia, se riconducessi il crollo degli ascolti di The O.C. solo ad un problema di esagerazione e scarsa credibilità, secondo uno schema del tipo: troppi intrighi, troppi salti dello squalo perché io possa identificarmi, dunque mi annoio e cambio programma. C'è anche questo, naturalmente, ma non basta a capire cosa non ha funzionato. Il punto è che in questa serie nessun personaggio riesce ad esprimere e garantire valori coerenti e stabili: non solo gli adulti, com'è evidente, ma neanche gli adolescenti, come succede nel mondo capovolto di Dawson's Creek. Tralasciando i problemi di Ryan, spesso perseguitato dal suo passato a Chino, sempre pronto a fare a botte e a mettersi nei pasticci, il peggio capita a Marissa, come già detto. Marissa abusa di alcol e pillole varie, soffre di depressione, si mette con diversi sbandati prima di stabilizzarsi con Ryan, scappa da Newport dopo aver scoperto la tresca di sua madre con Luke, subisce un tentativo di stupro da parte del fratello di Ryan, gli spara (per fortuna senza ammazzarlo) per evitare che lui uccida Ryan nel corpo a corpo furibondo che hanno ingaggiato, viene espulsa da scuola dopo questo gesto, assiste al suicidio di un amico innamorato di lei e infine muore in un incidente stradale sull'auto guidata da Ryan.
L'unico punto fermo in questo parapiglia dovrebbe essere, nelle
intenzioni della serie, la discendenza maschile (naturale e adottiva) della
famiglia Cohen: il padre Sandy ha offerto un'ancora di salvezza a Ryan, e
questi aiuta il fratello acquisito Seth a maturare, facendolo uscire
dall'isolamento e dalla timidezza. Non a caso, la serie finisce mostrando le
immagini di Ryan che, ormai laureato a Berkeley e diventato architetto come
sognava, vede per strada un ragazzino in difficoltà e gli chiede se ha bisogno
di aiuto, esattamente come molti anni prima aveva fatto Sandy con lui. Come il
terremoto degli ultimi episodi, però, The O.C. si basa su fragili
fondamenta per tutte le quattro stagioni. Un teen drama, a mio parere, deve
dare ai ragazzi, se non qualcosa in cui credere e riconoscersi, almeno un
appiglio a cui aggrappare la loro fantasia e i loro sogni. E questo appiglio The
O.C. non lo dà. Il
personaggio di Seth Cohen varrebbe da solo un 10 strameritato, ma la serie è un
po' deboluccia anche se godibile.
Per quelli che
sono cresciuti a pane e Dawson's Creek, l'arrivo di The O.C. ha
stravolto il genere del teen drama. Niente più melense stagioni ad aspettare
che i due protagonisti si scambino un pudico bacio. Tradimenti, abuso di droga
e di alcol e la presentazione di un mondo giovanile così com’è: spietato,
superficiale e decisamente fuori dalle regole. Se non sei ricco, sei out. Se sei
nerd, sei out. C'è chi nasce ricco e c'è chi nasce povero, non è una cosa che
si può scegliere, tutto dipende da quanto si è fortunati, tuttavia la fortuna a
volte può bussare alla porta, come nel caso di Ryan: un adolescente della
Orange County male, che vive con una madre alcolizzata che cambia uomo continuamente
e un fratello che spaccia e ruba. Inutile dire che un ragazzo dei quartieri
bassi non è molto ben visto dai ricchi figli di papà, tuttavia la coesistenza
viene resa più piacevole da una cotta per Marissa Cooper.
Come dimenticarsi le
loro prime battute che sono passate alla storia: "E tu chi sei?", "Chiunque tu
vuoi che io sia", il loro primo bacio sulla ruota panoramica o quello sancito allo scoccare della mezzanotte durante la notte di Capodanno dopo una corsa affiatata.
Effettivamente, quella in The O.C., è una vita che
molti di noi non avremo: lusso, feste, case con piscina, genitori milionari, borse all'ultima
moda, ma a catturare la nostra attenzione è il disagio giovanile e la
consapevolezza che i soldi non portano alla felicità. Così ci si chiede perché guardare
una serie tv così controversa. La risposta è ovviamente l'empatia che si forma
subito con i personaggi della serie che, volenti o no, si fanno amare dallo
spettatore nel giro di una manciata di minuti. Sì, anche Marissa Cooper. La loro
diversità è anche il motivo per cui ogni adolescente, o in generale ogni
spettatore, riesce a riconoscersi in almeno uno di loro.
Partito in sordina
come uno dei classici telefilm estivi in attesa di settembre, ha portato i
vertici della Fox a prolungare lo show per tutta la stagione invernale e
primaverile, raggiungendo la cifra record di 27 episodi per una sola stagione. L'impatto
che lo show ha avuto con la realtà è stato impressionante tanto da diventare un
fenomeno di culto per moltissimi. Peccato per le ultime stagioni non
seguitissime. Anche chi non seguiva la serie avrà sicuramente saputo del finale
shock della terza stagione o si sarà imbattuto in qualcuno che parlava della
festività creata ad hoc da Seth, il Chrismukkah, una fusione tra la religione
cattolica e quella ebraica, o addirittura si sarà chiesto da dove sono derivati
i vari reality Laguna Beach e The Hills. Anche un videogioco è
stato adattato dalla stessa serie, in stile The Sims.
A discapito di
tutto quello detto prima, The O.C. rappresenta una serie di formazione e di crescita, non solo per Ryan. Da nerd emarginato, Seth si ritroverà pieno di
amici, amori e vittorie personali. Crescono e cambiano Sandy e Kirsten, che
attraversano momenti difficili e delicati a livello personale e relazionale,
trovando sempre la strada per tornare insieme, forti dell'amore che nutrono.
Cresce addirittura Julie Cooper, da sempre invischiata in relazioni
opportunistiche e legata al denaro più di ogni altra cosa. Cresce per le
figlie, per essere una madre migliore, ma anche per sé stessa e per Kirsten,
comprendendo di dover cambiare per poter essere l'amica che avrebbe dovuto
essere.
Lungi dal definirlo il miglior teen drama mai esistito o la serie da
guardare assolutamente, The O.C. non è niente di tutto questo, ma il suo
successo, che è già un ottimo biglietto da visita, lo deve anche ad un ottimo
cast (tra tutti Adam Brody e Peter Gallagher). Seth, poi, è sarcastico per
natura, e le sue battute, spesso ciniche ed esposte nel momento sbagliato, sono
divertenti e ben scritte, e ci aiutano a ridere anche nei momenti più
difficili. Così accade con il padre del giovane nerd, uno dei personaggi meglio
riusciti della serie. Sandy non è soltanto il padre che ognuno di noi vorrebbe
avere, ma un uomo gentile, premuroso, ancorato sui propri valori e con una
forte morale. Ma è soprattutto un marito eccezionale, un uomo che crede
nell'amore e nella famiglia, un uomo che ama alla follia e che per la propria
moglie raggiungerebbe la luna. La sua bontà e le sue parole gentili smuovono
gli animi e raggiungono tutte le persone che gli stanno attorno. E – diciamo la verità – piangiamo non
solo per la malattia di Kirsten, ma anche quando Caleb Nichol muore, stroncato
da un infarto. Piangiamo perché, nonostante Caleb sia una pessima persona, un
vero e proprio bastardo, al suo funerale siamo partecipi del dolore della
figlia, e di Seth, ed è per loro che ci ritroviamo a piangere, perché ne
comprendiamo la sofferenza, come fossero nostri amici. Con i suoi personaggi
indimenticabili, lo show è diventato una pietra miliare dei teen drama, garantendosi
di diritto un posto nella memoria collettiva e ponendosi anche come paragone
per tutti gli show adolescenziali.