Peaky Blinders 6: chiusura di un cerchio, addii e omaggi


È proprio vero: l'unica certezza che abbiamo di Peaky Blinders è che Tommy Shelby si salverà sempre. Si è salvato dalla guerra, dai nemici che lo volevano morto, da un assassinio, dal dolore insopportabile della perdita della propria donna amata, dalla mafia, da un tracollo finanziario che stava per distruggere il suo impero, dai fascisti e dai continui tradimenti. Ma siamo giunti per scoprire il suo destino, tirare le fila per capire ciò che resta della serie. Dopo la quinta stagione, più introspettiva, con Tommy che si insedia in politica, è arrivata la resa dei conti: il gangster di Birmingham deve fare i conti ancora una volta con il suo passato tormentato, ma soprattutto riprendere in mano gli affari illeciti del presente e pensare a come affrontare il futuro, suo e dei suoi famigliari. 
Dopo una lunga attesa, aumentata dai problemi logistici legati alla pandemia e, a seguito di una prima distribuzione canonica su BBC, è giunta anche a noi in Italia l'ultimo capitolo di questa attesissima serie.

Avevamo lasciato Tommy in quel campo fitto di nebbia dove sembrava sul punto di uccidersi. Non lo farà, ovviamente. Su questo non c'erano dubbi. Ci chiedevamo solo chi potesse fermarlo. Ma quando gli interrogativi si sono fatti tanti, scopriamo che è proprio lui stesso a doversi fermare, o il fato chissà, per una pistola senza pallottole, sotto gli occhi rassegnati di una Lizzie ormai esausta delle sue azioni, tant'è che gli lascia cadere le pallottole che Arthur ha fatto sparire preventivamente. L'ultimo tentativo di eliminare Oswlad Mosley gli si è drammaticamente ritorto contro. Scopriamo che dietro al mancato attentato ai danni di Mosley c'è l' IRA, favorevole all'ascesa fascista in Regno Unito, che rivendicando quanto accaduto gli recapita tre corpi. Di lì a poco tutte le sue certezze che ha sempre avuto nella sua vita, di potercela in qualche modo fare, le vede svanire e tutta la famiglia Shelby deve subire un'ulteriore perdita. Devastante. Per lui. Per tutti. Polly è morta e sappiamo che niente sarà più come prima. Lui rimane solo, ancora una volta a brancolare nel buio. Ma questa volta è diverso: tutto ciò che ha intorno a sé muore e questo lui lo sa bene. Motivo per il quale si impegnerà ad essere un uomo migliore? 
Servono quattro anni prima che si rimetta in sesto, tempo sufficiente per riprendersi dal lutto, ma non abbastanza per cambiare veramente. E lo sappiamo che gli uomini come Tommy Shelby non possono mai cambiare. Riprende gli affari, più lucido e pulito, in assenza di alcol e droghe. Siamo nel 1933. Non siamo più alle corse dei cavalli, ma abbiamo sempre più politica intorno a noi e gli Shelby sono ormai al tracollo. Tommy è riuscito ad avere un seggio elettorale in parlamento da convinto socialista, con l'obiettivo di utilizzare il suo potere al servizio dei più deboli, ma dovrà scontrarsi con delle forze pericolose. Ci siamo sempre chiesti "che ne sarà di loro?", "chi morirà in quest'ultima stagione?". Dal momento che abbiamo ancora un film ad aspettarci, siamo sempre stati abbastanza sicuri che il nostro protagonista non ci avrebbe potuto lasciare. Piuttosto di fronte ad un'ormai ben scontata morte di Polly, a causa della dipartita dell'attrice, abbiamo davvero subito una grossa perdita di un anello importante della famiglia Shelby. Nel corso della grande assenza del personaggio, Steven Knight è riuscito ad inserirla, rendendo il personaggio comunque presente in tutta la stagione. 
Non c'è da stupirsi che la serie inizia da subito sottotono. E non c'è verso che si riprenda. Siamo sempre stati abituati a quest'atmosfera tetra nei racconti di Peaky Blinders e, man mano andavamo avanti, sempre di più, come se il tracollo degli Shelby rispecchiasse la crisi economica, come se la serie dovesse proseguire con un'atmosfera sempre più cupa proprio come l'animo di Thomas Shelby. Che non si sa più che colore ormai abbia il suo animo. Di sicuro il vuoto più grande e più difficile da colmare è stato la morte di Helen McCrory, motivo per il quale Steven Knight ha voluto calcare la tristezza dell'animo degli Shelby. Zia Polly era la colonna portante della famiglia Shelby, era il collante emotivo, era saggezza, razionalità, e punto di riferimento per Tommy quando la situazione gli sfuggiva di mano. La famiglia è, dunque, allo sbaraglio: la sguardo triste e rabbioso di Tommy è sempre più pronunciato e preso unicamente dagli affari, non ricorda di avere neppure più una famiglia, tant'è che non si presenta alla cena di Natale; Tommy ha incaricato Michael e Gina Gray di vendere l'oppio in America attraverso lo zio di Gina, Jack Nelson (personaggio dichiaratamente ispirato a Joseph Kennedy Sr.), uomo che gestisce il crimine a Boston e sua nuova ossessione, ma ha messo suo cugino in prigione come prova di lealtà, così viene dichiarata guerra aperta tra lui e Michael che vede in Tommy la causa principale della morte della madre; Arthur, tormentato anche dall'abbandono della moglie Linda, sopravvissuta allo sparo di Polly, avvenuto alla fine della quinta stagione, l'abbiamo sempre conosciuto come l'alcolizzato degli Shelby che perde subito le staffe, è forse l'anima più fragile della famiglia ed era inevitabile che ricadesse nelle droghe e nell'alcol. A differenza di un Tommy che si autoconvince di essere cambiato e di non avere più bisogno di quella roba, ma per cambiare, si sa, ci vuole una volontà interiore e non solo esteriore. Se ne renderà conto quando di fronte alla malattia della figlia non saprà più a chi chiedere aiuto, cercando affidamento nell'unica certezza da quando è nato, quelle "sciocchezze" a cui credeva proprio Polly: riti magici, fattucchiere e malocchi. Qualcuno dovrà pur rompere la maledizione che si avventa sulla famiglia Shelby da anni. E così si rivolge ad Esme, grazie alla quale scoprirà di avere un altro figlio, di cui non ne ha mai voluto sapere niente da prima della guerra. In mezzo a tutti questi deliri, Polly lo avrebbe portato sulla strada giusta e, secondo lui, è stata proprio lei ad indirizzarlo da Esme e a ricondurlo dal figlio. 
Ada ha provato a farne le veci, ma è un'assenza troppo grande, quella di Polly, per non farsi sentire. E si arrende di fronte al totale sbandamento dei suoi fratelli. Così leggendari Thomas e Arthur che non sono solo dei semplici criminali, ma rappresentano un clan di zingari e la sua metamorfosi. Ormai gli zingari di Small Heath si sono evoluti: li abbiamo visti crescere e, da semplici allibratori, sono diventati proprietari di un impero, scalatori di una politica corrotta.


Buona parte dell'arco narrativo della sesta stagione di Peaky Blinders vede Tommy cercare di infiltrarsi, ancora per conto di Churchill, nel mondo fascista e quindi rapportarsi con Nelson, Mosley con la sua nuova moglie Diana e la stessa IRA. Il Proibizionismo in America viene abolito, tagliando quindi un remunerativo contrabbando, sostituito da altre tipologie di spaccio come l'oppio, e in Europa i primi passi del nazifascismo conducono figure pericolose ad emergere come nuovi punti di riferimento politico. In questi anni abbiamo visto l'impero di Thomas Shelby crescere a dismisura, arrivando a confrontarsi anche con personaggi storici di un certo peso, realmente esistiti, come Mosley, fondatore, nel 1932, dell'Unione Britannica dei Fascisti. Knight riesce a ridurre le scene d'azione e di politica per dare sempre più spazio all'anima tormentata di Tommy, alle conseguenze delle sue azioni in tutti questi anni; sa che non può più tornare indietro e se ne rende conto lui stesso nell'ammettere che può essere solo questo. L'aspetto della redenzione è più volte marcato in questa stagione, ma Steven Knight ha voluto concludere con un finale aperto, in vista del film in programma. 
Dall'ossessione alla disperazione, sino alla rassegnazione e alla ricerca di vendetta: questo è Thomas Shelby. Gli affari con Mosley che lo allontanano dalla famiglia, al punto da non arrivare in tempo al capezzale di sua figlia a causa di un'ossessione legata alla superstizione, la conseguente crisi con Lizzie – che diciamocelo le donne dei mafiosi che alzano il dito solo alla fine della corsa, dopo aver fatto la bella vita, un po' mi hanno seccato – il suo rendersi conto che la moglie non si merita uno come lui e che non è stato un buon padre per i figli, lasciano come sempre quel guizzo di emotività, come anche i dialoghi tra i due fratelli che si rendono conto che per loro è finita ma si danno forza, trovando il coraggio di andare avanti: Arthur allontanandosi dalle sue dipendenze, mentre Thomas ritrovandole. Perché alla fine capisce che lui non può e non vuole cambiare. Deciso a restare sulla cresta dell'onda e a utilizzare il crescente appoggio al partito fascista per sconfiggere i fascisti dall'interno, in questa stagione alla fine dirà "non ho limiti" poco prima di uccidere Michael, morte piuttosto attesa già dalla scorsa stagione. Quasi provvidenziali quelle ultime parole di Polly, al termine della quinta stagione: "qualcuno di voi morirà, finirà così, ma non riesco a capire bene chi". 
Memorabili alcune scene, come la cena a casa Shelby, in cui una Lizzie umiliata si rende conto di non riuscire più a fingere di fronte ai tradimenti di Tommy, o il regolamento di conti finali nella famiglia.

Tra le donne ho apprezzato decisamente Ada, grintosa, emancipata e intraprendente: deve raccogliere i cocci di Thomas e ripristinare l'ordine e, pur vivendo in un'epoca in cui le donne avevano meno voce in capitolo di oggi, riesce a tenere testa agli uomini con cui si confronta; lo stesso Tommy sa che è sempre stata lei quella più brava in famiglia a propendere per la politica. Anche il personaggio di Diana, amante di Mosley, seppur negativo, è uno dei personaggi più riusciti della stagione, poiché si scoprirà che è colei che muove i fili negli affari e non Mosley. 
La presa di coscienza di Tommy, la sua rassegnata accettazione dell'esser parte, anzi, del voler esser parte di un meccanismo fatto di potere e macchinazioni, vedendolo come unico strumento per ripulire la propria anima corrotta, fa parte di una crisi interiore del personaggio. Ogni personaggio ha la propria crisi e, verso la fine della stagione, sarà Tommy a capire che è arrivata la sua fine, decisione non presa da lui, ma probabilmente dal fato. Cos'è che potrà mai uccidere Thomas Shelby? Una malattia che scoprirà essere un inganno. L'unica via per dire che questa volta Tommy non si è salvato da quella pallottola che prova a spararsi ogni giorno. Lontano dalla sua famiglia. Lontano dai suoi cari. Perché lui se deve morire deve morire da solo, da uomo forte e consapevole di aver messo tutto a posto prima.

Come al solito la regia, sempre attenta a quel dettaglio che racconta di più senza parlare, e la sceneggiatura, sempre impeccabile nei dialoghi ma con alcune difficoltà nell'intreccio narrativo nelle varie sotto trame, sono un marchio di fabbrica della serie. D'altronde la storia e i suoi intrecci sono sempre stati più dei pretesti per poter raccontare i suoi meravigliosi personaggi, per dare libero sfogo a grandi interpretazioni. Lo stile di Peaky Blinders è poi arricchito dalle eccellenti ricostruzioni d'epoca accompagnato da una fotografia che gioca su luci e ombre e visioni oniriche, e da musiche sempre al top, nonostante in nessun episodio sia presente la storica sigla. 
La sesta stagione può non avere la stessa azione delle precedenti, ma il suo sostituto è uno sguardo molto più importante sulle lotte intime degli Shelby. Nonostante questo, lascia agli Shelby ancora molti problemi irrisolti che vedremo sulla pellicola. Anthony Byrne, che dirige l'intera stagione anche questa volta, è ancora una volta straordinario nel creare un'atmosfera che abbandona sempre di più la sua dimensione gangster per trovare il proprio posto quasi in una storia di fantasmi. Lo sono Arthur, Michael, Polly. Quindi dobbiamo ringraziare gli autori che hanno fatto un lavoro straordinario sotto questo punto di vista: tutta la stagione è un lungo addio a Helen McCory e alla sua Polly che, pur non apparendo fisicamente (se non in un paio di flashback), viene menzionata praticamente in ogni episodio. Prima ancora dei personaggi, però, i punti forti sono le sue camminate, i suoi rallenty, le sue esplosioni improvvise, la nebbia che aleggia per gran parte della stagione, il suo perenne inverno. Gli episodi sono stati probabilmente rimaneggiati dopo la morte di Helen McCrory, ma in questa sua assenza Steven Knight ha ancora una volta trovato una risposta, come d'altronde in ogni figura femminile che ha accompagnato Tommy: Tommy è solo con sé stesso, ma non è spacciato, perché nelle donne della sua vita riesce ancora a scorgere i suoi mille volti, uguali e contrari, e dunque a continuare a confrontarsi con essi e con sé stesso. Grace prima, ora Polly e poi Ruby. Di fatto, questa sesta stagione ha l'aspetto di una marcia funebre.

La fine della quinta stagione di Peaky Blinders aveva lasciato Tommy con la consapevolezza di aver finalmente trovato l'uomo che non poteva battere, ma la sesta stagione rivela che quest'uomo non è altro che Thomas Shelby stesso. Ecco il culto dell'anti-eroe, cui c'ha abituato Steven Knight per ben sei stagioni: anche Tommy può sembrare un santo se si trova contro un gruppo organizzato che vuole ucciderlo. E così siamo stati abituati ad osservare il limite entro cui la spietatezza degli Shelby si sarebbe potuta spingere. È così che la stagione si dipana tutta sul desiderio di vendetta dei personaggi, sui rimorsi e sui rimpianti che continuano ad ossessionare Tommy attraverso incubi ad occhi aperti (Grace nella passata stagione e Lizzie in questa). Le credenze e l'identità gitane tornano prepotentemente in quest'ultima stagione, proprio come un ritorno alle origini del personaggio, che oramai non si fa più scrupoli davanti a niente e nessuno. Sempre apprezzato il ritorno di Alfie ancora con le sue massime di vita tra il ridicolo e il saggio. Come in Gomorra - La Serie e molti altri show di mafia, anche in questo caso non vi può essere redenzione per i personaggi.