NARCOS: MEXICO


Già dalla terza stagione di Narcos, la serie sul narcotraffico colombiano ha dimostrato di poter andare avanti anche senza Escobar. Dopo un anno da quell'ultima terza stagione, Narcos prova a spostarsi dalla Colombia al Messico, dimostrando così di poter andare avanti nuovamente per conto suo. La scelta di Narcos: Mexico è quella di tornare indietro e di ricominciare da zero, a quando nulla era ancora accaduto. Narcos: Mexico si può considerare uno spin-off di Narcos, con una vita propria, né un reboot, tanto meno semplicemente una quarta stagione.

Siamo nei primi anni '80 in cui il narcotraffico non ha ancora raggiunto i volumi di traffico a cui siamo tristemente abituati con la serie madre; in particolare, in Messico, le famiglie si dividono le varie plaze, zone di produzione e distribuzione della marijuana. Qui vediamo un ritorno alla lotta tra il bene e il male, ovvero tra l'agente della DEA Kiki Camerena (Michael Peña) e il signore della droga Félix Gallardo (Diego Luna). Come al solito le interpretazioni sono ottime e Félix riesce a distaccarsi dallo stereotipo del boss della droga: all'inizio sembra quasi un banale impiegato che nell'arco di cinque puntate, da apparentemente innocuo poliziotto corrotto dell'ostica regione di Sinaloa, acquista l'aspetto e i modi di un potente uomo d'affari. 
Anche qui nessun personaggio è completamente buono o completamente cattivo: all'inizio Félix è mosso solo dal desiderio di aiutare la sua famiglia e le persone che lo circondano ad uscire dalla povertà, ma ogni azione che compie è un passo verso il baratro. Ciò che muove Félix è unicamente il desiderio di potere, a differenza di Escobar, che aveva uno scopo ben preciso. Anche Kiki Camerena, nonostante sia un uomo onesto, nasconde il desiderio di riscattare la propria carriera, giunta ad un punto morto, sperando di catturare un uomo come Gallardo, con lo scopo di rivalsa su quei colleghi che l'hanno sempre deriso. Due uomini così diversi che ad unirli è l'ossessione di arrivare in alto.


Se la prima parte della prima stagione è un po' lenta poiché si cominciano a delineare i singoli personaggi, nel momento in cui Gallardo fonda il cartello di Guadalajara riuscendo a riunire tutti i piccoli signori della droga locale, il ruolo di Félix cambia, diventando "El Padrino", come anche il ritmo della serie. Anche l'atmosfera più intima della prima parte lascia posto per una più poliziesca. Altre interpretazioni che spiccano sono quelle di Rafael Caro Quintero, Ernesto "Don Neto" Carrillo, Amado Carrillo Fuentes e Joaquín "El Chapo" Guzmán (personaggio che salirà alla ribalta delle cronache anni dopo), pedine fondamentali per l'ascesa di Félix Gallardo. Quest'ultimo, con l'aiuto dei suoi più stretti collaboratori Rafael e Don Neto, ha l'idea di concentrare la coltivazione di marijuana in un'enorme area desertica alimentata da falde sotterrane, con la quale poi controllerà il mercato in esclusiva. Félix ed i suoi uomini si arricchiscono velocemente, riuscendo a spazzare via tutti i piccoli narcotrafficanti del resto del paese, questo anche grazie all'appoggio di organi statali come polizia ed esercito. Gallardo amplierà i suoi traffici passando dalla coltivazione della marijuana alla gestione del trasporto della cocaina colombiana negli USA, senza risparmiarsi alcuni intrecci con le stagioni precedenti (ad esempio con Pablo Escobar). 
Verso la fine della stagione Félix perderà definitivamente qualsiasi senso della morale che gli era rimasto, tradendo tutto ciò che in principio era stato importante per lui. In tutto questo, però, Félix non è, almeno all'inizio, un personaggio completamente negativo e non può essere considerato il vero cattivo della serie. Il vero antagonista è il sistema corrotto che ne permette l'ascesa e che ostacolerà in tutti i modi la DEA e le sue indagini.


Nella
seconda stagione la guerra alla droga è scossa dall'omicidio di Kiki Camarena, dopo essere stato rapito e torturato dal Cartello di Guadalajara. Dopo il tragico evento, la DEA ha avviato l'operazione segreta Leyenda allo scopo di dare giustizia alla sua morte. Un manipolo di agenti cercherà di smantellare la Federazione, l'impero della droga creato da Félix Gallardo, il quale non ha la minima intenzione di fermarsi. L'obiettivo di Gallardo, infatti, è quello di conquistare il monopolio dei trasporti, al fine di ottenere l'indipendenza dai colombiani e diventare il narcotrafficante più potente. 
Nuovo nemico di Félix sarà l'agente Walt Breslin (personaggio mai esistito nella realtà) che deve confrontarsi con un sistema che gli rema contro. Walt vive continuamente tra il desiderio di giustizia e quello di vendetta, per via di suo fratello morto anni addietro per colpa di un'overdose. 
Félix si ritrova, quindi, da una parte gli agenti americani con il fiato sul collo, dall'altra il legame con il corrotto governo messicano - che gli ha sempre garantito protezione - sempre più fragile. Una lotta all'ultimo sangue che vede polizia e narcotraffico in guerra. 
La stagione si concentra su Félix, diviso tra rivalità personali ed interessi economici. Veniamo trasportati nell'ambiente politico messicano, vedendo quanto la corruzione vi si sia insediata a livello capillare. Le altre storyline sono un po' troppe e, come a volte è accaduto, rendono la visione frammentaria e decisamente dispersiva. Oltre a Kiki, manca anche Rafaél, finito in manette proprio per una soffiata di Félix. Ciò che poi manca ancora è una vera figura in forte opposizione a Gallardo. Se la prima stagione era una novità, il cui focus era l'ascesa di Félix, nella seconda assistiamo alla sua discesa: il suo movimento espansivo è sempre più fragile e inficiato da tradimenti. La tigre ricevuta in regalo per il suo quarantesimo compleanno è una perfetta metafora, segno di guardarsi le spalle. Il tradimento di Juan Guerra e le elezioni presidenziali sono alcuni dei segnali di allarmi del suo impero che vacilla. La guerra aperta tra Félix e Don Pacho (già visto nella serie originale) diventa una guerra fredda. Félix è un uomo che possiede tutto ma non ha più niente intorno. Le sue ansie prendono forma sotto forma di sogni. La sua fine e le conseguenze del suo impero prenderanno veramente movimento nella terza e ultima stagione (qui la recensione) che chiuderà il ciclo della serie.

Per il resto è sempre il solito Narcos, diviso tra una rivisitata ricostruzione storica e le immagini di repertorio con voci fuori campo. Grazie alla cura dei personaggi, lo spin-off riesce a distinguersi dalla serie originale. In particolare Félix ci viene mostrato come un personaggio spietato ma allo stesso tempo insicuro. Nelle prime due stagioni di Narcos riuscivamo ad empatizzare con il personaggio: pur sapendo che Escobar fosse un assassino, lo spettatore finiva per fare quasi il tifo per lui. Dopo la sua morte questo non avviene più, forse proprio anche a causa della mancanza di una figura iconica come Pablo. Nonostante ciò, Félix ha una sua caratterizzazione ben precisa e, come la serie originale e altre sul narcotraffico, Narcos: Messico non fa mai dei suoi protagonisti delle figure da idealizzare. 
Il grande successo di Narcos sta nella fedeltà con cui viene rappresentata la storia. Di certo non è una serie leggera che si guarda se non si ha nient'altro da vedere o peggio ancora distrattamente.