Il successo di Strappare lungo i bordi, la prima serie animata Netflix di Michele Rech – al secolo
e per tutti ormai Zerocalcare – è stato clamoroso, e dopo quasi due anni eccolo
tornato con un'altra serie. Questo secondo progetto, poco apprezzato rispetto
al precedente, è diverso dal primo e affronta altre tematiche. Eppure Zerocalcare
era stato chiaro fin dal principio: la sua nuova serie non sarebbe stata una Strappare
lungo i bordi 2, ma un'altra storia, dotata di ben altro respiro, ma in
grado di conservare la stessa attitudine di quei personaggi per raccontare uno
stralcio della realtà quotidiana del suo autore, un pezzetto di vita che va a
sbattere contro problemi di attualità lacerante, che spesso e volentieri
preferiremmo ignorare (ma che ci colpiscono come un macigno quando meno te lo
aspetti). A stupire è proprio questo: come lo
stesso uomo, fregandosene del successo ("Me' sa che con 'sta serie la
mia popolarità calerà", ha ammesso), riesca a produrre due contenuti
così diversi.
Questo mondo
non mi renderà cattivo prende di petto il presente e va in
controtendenza rispetto al vero multiverso che viviamo ogni giorno tra
influencer, stampa, chiacchiere social di varia natura e le lenti deformate del
cinema e della tv italiana. Ognuno di questi mezzi racconta una verità
posticcia, costruita in un teatro di posa composto su diversi media, ma pur
sempre scena di qualcosa che non ha nulla a che vedere con la realtà.
Se, appunto,
in Strappare lungo i bordi emergeva chiaro e limpido il
Zerocalcare-pensiero, fatto di digressioni praticamente infinite sugli
argomenti più disparati, di esternazioni di sensi di colpa e complessi
psicologici insormontabili del suo protagonista e della sua cerchia di
amici, Questo mondo non mi renderà cattivo è il suo rovescio,
è la realtà che emerge e si fa strada tra quegli stessi sensi di colpa per dar
loro una connotazione più tangibile e meno evanescente, più concreta e radicata
nel substrato sociale che non può in alcun modo essere intaccata dalle
distorsioni provocate dalla mente umana. Certo, il personaggio Zerocalcare è
sempre dilaniato da un profondo malessere, la maggior parte delle volte
autoinflitto, ma stavolta è messo alla berlina non per una mancata comprensione
delle proprie fragilità, ma a causa di una visione fin troppo rigida di ciò che
gli sta attorno.
"Sono una
specie di balena spiaggiata… solo che da ragazzino fino a che c'erano delle
persone che me pungolavano mi davano una scossa, mi smuovevano, ma ora
giustamente la gente è invecchiata, chi c'ha i figli, chi c'ha il lavoro…è
normale, il mondo non ti sta appresso per sempre".
In Questo mondo non mi renderà cattivo ritornano in scena tutti i personaggi principali che abbiamo conosciuto nel corso della prima serie (e nei fumetti): la pragmatica Sara, l'imperscrutabile Secco e naturalmente Zero, trasposizione cartoon di Michele Rech stesso, con al suo fianco l'immancabile Armadillo, espressione e raffigurazione della sua coscienza. In questa nuova serie i protagonisti subiscono però un'evoluzione: maturano loro come personaggi, ma matura anche la loro relazione con lo stesso Zero. Di Zero abbiamo imparato a conoscere tutto: la fobia sociale, i sensi di colpa, il desiderio di schivare gli accolli; vediamo che vive il conflitto di voler dire cose che però non può dire senza conseguenze. Se Secco tutti ce lo ricordiamo per "annamo a pijà er gelato?" (che qui diventa un incessante tormentone), in Questo mondo non mi renderà cattivo si aggiunge quello che sarà probabilmente un nuovo tormentone: "Mi esce il sangue dal naso" usato come scusa per non fare qualsiasi cosa. Ma il vero cambiamento sta nel fatto che Secco, pur conservando tutte le sue caratteristiche, la sua indolenza e il suo menefreghismo, porta avanti un'integrità che prima non conoscevamo. Non ha bisogno di spinte da parte di nessuno per stare dalla parte giusta né si macina nei dubbi come Zero. Secco sa cosa è giusto fare e lo fa. Diventa, dunque, protagonista di uno dei monologhi più belli della serie, facendosi portavoce di chi dalla vita non ha mai ottenuto niente gratis, ma comunque non lo usa come scusa per essere una persona orribile. Abbiamo, poi, conosciuto Sarah in Strappare lungo i bordi come l'amica che dice la cosa giusta anche a costo di sembrare antipatica. Quella che non si fa problemi a rimproverare gli amici se pensa che stiano sbagliando, ma che è sempre presente per aiutare. Sarah ha un grande desiderio: fare l'insegnante. Già in Strappare lungo i bordi la vediamo inseguire questo sogno, facendo nel frattempo mille lavoretti che detesta solo per mantenersi. In Questo mondo non mi renderà cattivo Sarah arriva a un passo dal realizzare il suo sogno, ma potrebbe svanire tutto se non si schiera, per una volta, dalla parte del più forte. Così Zero perde la sua bussola morale, non capisce come l'amica abbia potuto fare una cosa del genere. Ed è allora che il monologo di Sarah arriva e colpisce come un pugno.
"Sono dieci anni che sono ferma immobile e non faccio mezzo passo avanti. (…) Forse non ti ricordi, ma io dieci anni fa ero quella lanciata, che aveva tutte le porte aperte. Per questo ti stavo sempre appresso, perché mi dispiaceva che te invece tribolavi. Poi tu ti sei sbloccato, tutti vi siete sbloccati. Siete andati avanti, avete fatto cose e io invece sono rimasta qua. Prima ero quella che poteva fare tutto, poi sono diventata quella che non stava a fare niente".
Simbolo, appunto, di tutti coloro che si sentono
lasciati indietro, che vedono gli amici andare avanti mentre loro sono bloccati
e annaspano per cercare di raggiungere il proprio obiettivo. Lavorare per colmare un vuoto, o
colmare un vuoto nei modi più sbagliati, arrancare per realizzare i propri
sogni e rimanere indietro rispetto agli altri, rispetto a un mondo che corre
veloce in cui sono sempre più forti le pressioni sociali, in cui si ride "per
non sentire i mostri dentro".
Realizzata
ancora una volta in seno allo studio Movimenti Production con la collaborazione
di BAO Publishing, Questo mondo non mi renderà cattivo parte dal
confronto tra il protagonista e il suo vecchio amico Cesare, ex
tossicodipendente appena tornato a Rebibbia dopo una lunga esperienza presso
una comunità di recupero. Se fuori erano gli opposti, dentro covavano le stesse
insicurezze. Zero, che è andato avanti e si è in parte riscattato, vorrebbe
fare qualcosa per lui ma si rende conto di non essere in grado di aiutarlo a sentirsi
di nuovo a casa e a fare la scelta giusta per trovare il suo posto nel mondo. E
non solo, come sarete sorpresi di scoprire, per colpa di dilemmi morali e
mancanze puntualmente pungolate dalla sua coscienza, l'Armadillo. Zero, però,
si ritrova di fronte ad una persona che prima gli era vicinissima e che adesso
appare ai suoi occhi come un'estranea. Non è facile capire cosa dire, come
comportarsi o semplicemente guardare negli occhi una persona che è sparita
improvvisamente e che porta dentro sé, con grande probabilità, ricordi
difficili e dolorosi che non si è in grado di comprendere. Contemporaneamente,
alcuni migranti provenienti dalla Libia vengono trasferiti in un centro di
accoglienza della zona, il quale alimenta il malcontento di tutti quegli
intolleranti che considerano i rifugiati uno dei più grandi problemi del Paese.
Il dolore, la paura e i grandi sacrifici che hanno segnato il cammino di queste
persone, lontane da tutto, non hanno alcun significato per coloro che li vedono
solamente come un "pacco ingombrante" da dover rispedire indietro o
in un altro posto, lontano da ogni sguardo. Così, l'iniziale indifferenza
diventa graduale rabbia e presa di posizione lungo le strade, con atti di
vandalismo, insulti e una serie di azioni che spingono Zero e tutti gli altri a
scegliere di intervenire in prima persona per cercare di tamponare la
situazione. Di fronte a questi tumulti, nessuno di loro inizialmente ha dei
dubbi su cosa sia giusto fare e da che parte stare, ma la vita spesso può
mettere le persone dalla parte sbagliata per esigenza e anche Sara, la migliore
amica di Zero, si trova nel bel mezzo di un dilemma morale.
Già dal primo
episodio è subito chiaro che Questo mondo non mi renderà cattivo ha un
tono più politico rispetto alla prima opera e che al suo interno c'è più spazio
per trattare senza mezzi termini diverse tematiche sociali. Questa cosa spiazza
perché Zerocalcare, con la sua immancabile dose di ironia e autoironia e le sue
mille citazioni alla cultura pop, getta addosso allo spettatore una secchiata
d'acqua gelata, mostrandogli una realtà generalmente messa da parte nei
prodotti d'intrattenimento.
La trama, dunque, prende le mosse dal ritorno di
Cesare e dalle rogne con i nazi per poi schizzare in mille direzioni, alcune
delle quali decisamente politiche e senza peli sulla lingua: vedi il commento
ai media, che per fare notizia scelgono di rappresentare e manipolare solo gli
aspetti meno edificanti della realtà.
Il
ritorno di questo ragazzo nel quartiere, il suo sentirsi spaesato e
abbandonato, e il dolore nei confronti di una società che continua a
calpestarlo, cancellando la sua identità e sostituendola con etichette vuote, è
una delle tante riflessioni che Zerocalcare sfrutta per tratteggiare alcune
ingiustizie che fanno parte della vita quotidiana, mettendo in evidenza un sistema
socio-lavorativo in cui l'indifferenza fa da padrona. Ma non solo
l'indifferenza: nella serie, da parte di Zero, emerge l'inadeguatezza, la
difficoltà di rimanere sé stessi in mezzo alle contraddizioni della vita, i
sensi di colpa che lo attanagliano per il successo ottenuto, per essere
diventato un "privilegiato", per aver lasciato indietro qualcuno, per non
essere forse capace di capire i problemi di chi non ha successo disegnando
fumetti o girando serie per Netflix, come autoironicamente riflette.
La
storia di Cesare (o di tutti quei Cesare che almeno una volta nella vita è
capitato di incontrare) è emblematica, ma allo stesso tempo non vuole in alcun
modo essere pedagogica, perché è il protagonista stesso il primo a perdere la
bussola, a non avere la più pallida idea di come una persona X possa scegliere
consapevolmente di battere certe strade, di imboccare un percorso piuttosto che
un altro, di lanciarsi in certe affermazioni (vedere anche l'incredulità di fronte alle scelte di Sarah). Imparare a mettersi nei panni
dell'altro, di qualunque altro essere umano, è una delle operazioni più
difficili in assoluto, proprio perché ognuno è unico e insondabile
dall'esterno; esistono migliaia di motivazioni diverse e non è detto che alcune
siano più giuste o sbagliate di altre. Scegliere da che parte stare, per chi battersi,
analizzare un problema da diverse angolazioni senza risultare pedante, può
essere molto coraggioso di questi tempi, condizionati da un'ansia da
prestazione perenne, da intelligenze artificiali che sfornano risposte tramite
un semplice algoritmo, da sondaggi costantemente consultati per cavalcare la
polemica del giorno. Zerocalcare riporta tutto sui binari di un'umanità
più complessa, stratificata, impegnata, descrivendo un contesto sociale tra i
più attualmente problematici (e strumentalizzati) e, nel suo piccolo, rende
evidente come non esistano risposte mai semplici alle domande più difficili, spiegandoci
il suo ragionamento con quello che lui definisce "pippone": "il mio lavoro è
usare le parole, quindi ci sta che mi faccio delle domande". Una questione
alla quale Zerocalcare ha da sempre risposto con le sue opere è se chi ha
privilegio, conquistato o meno, può parlare?
Qui la
narrazione procede nettamente in orizzontale, con sei puntate di circa mezz'ora
che vanno a comporre un racconto denso e dai tempi quasi cinematografici, al
punto da accusare un ritmo più lento. Anche qui, nelle sue parti più seriose,
Zerocalcare gioca di autoironia.
Comprendo la scelta dell'autore di
sottolineare la soggettività delle sue ricostruzioni di ricordi passati, dando
la voce a più personaggi e lasciando spazio alle voci dei doppiatori quando si
torna al presente. Sempre
presente la voce di Valerio Mastandrea nei panni dell'Armadillo, ma anche
quella del detective della Digos che ha l'inconfondibile voce dell'attore
Silvio Orlando. Altra cosa che nella serie si fa decisamente notare è la
ricchissima colonna sonora, che rinnova la collaborazione col cantautore
Giancane e, in un paio di occasioni, si prende pure il gusto di giocare
d'antitesi alla maniera di Sorrentino. Riguardo le canzoni non originali,
invece, queste provengono dal vissuto (e dalla generazione, e dal contesto) di
Zerocalcare, il quale ha ammesso di averle scelte proprio in via del contributo
indiretto fornito alla narrazione; lo stesso titolo, Questo mondo non mi
renderà cattivo, nasce dal brano omonimo del musicista Path.