MERCOLEDì


Sono passati nove mesi da quando è uscita Mercoledì e ho sempre rimandato la recensione perché non ho mai trovato l'ispirazione giusta. Netflix sceglie un mercoledì di novembre per rendere disponibile in catalogo la serie ed, effettivamente, adesso fa molto strano parlare di una serie che, come tante, ho lasciato nel cassetto prima di recensirla. L'ho apprezzata abbastanza come serie, anche se lo sfondo troppo adolescenziale spesso mi ha annoiato. 
Un ingegnoso spin-off che adatta perfettamente ai tempi moderni l'iconica saga de La famiglia Addams. Dagli anni '60 l'industria cinematografica si è ispirata alle vignette di Charles Addams per portare sullo schermo storie affascinanti che sono ascese a fenomeno culturale. Grazie a film, serie televisive e cartoni animati, l'immagine della macabra famiglia, i cui membri si distinguevano per le loro peculiari caratteristiche, si è sviluppata sempre di più e, in particolare, il personaggio di Mercoledì Addams ha avuto diverse interpretazioni. Il più celebre, cinematograficamente parlando, per chi è nato negli anni Ottanta rimane quello interpretato da Christina Ricci nei due film diretti da Barry Sonnenfeld che trasformarono il personaggio in un'adolescente inquieta e anticonformista. 
Mercoledì (Wednesday in originale), una serie targata Netflix, segue quanto già visto, proponendo una trama incentrata solo su Mercoledì Addams, interpretata da Jenna Ortega. La serie, quindi, ruota intorno alla figura della ragazza dal colletto bianco e famosa per le trecce che ama decapitare le bambole, qui diventata un'adolescente dal carattere particolare, eccentrica e pericolosa per i compagni di scuola. Anche qui, come il carattere, il look rimane simile: si veste solo in bianco e nero, non ride mai, né mostra alcuna emozione, anche se non è escluso che ne provi qualcuna, come il desiderio di giustizia, che per lei è più voglia di vendetta, oppure fascinazione per cose macabre, nonché uno spiccato odio verso la madre Morticia.

Mercoledì è una bambina prodigio, brillante, arrogante e assolutamente freak. Determinata e ossessiva, solitaria e cupa, con il gusto del macabro, ha sempre pronta una risposta sarcastica. La giovane e cinica figlia di Morticia (Catherine Zeta-Jones) e Gomez Addams (Luis Guzmán), dopo l'espulsione dalla sua ultima scuola per un'accusa di tentato omicidio nel suo vecchio liceo per aver difeso il fratellino impacciato Pugsley, viene mandata alla Nevermore Academy, un liceo privato particolare che accoglie i figli dei mostri e i giovani con poteri soprannaturali. La Nevermore è una scuola dalla storia centenaria che accoglie tutti i reietti della società, cosiddetti freak. Per Mercoledì - che nelle precedenti trasposizioni era poco più di una bambina ed ora un'adolescente - si tratta di una condanna: essere costretta a frequentare la stessa scuola della madre e implicitamente essere spinta verso il suo stesso percorso accademico, fatto di trofei sportivi, successi scolastici e ovviamente la corona di reginetta. Ma la ragazza non si farà scoraggiare e promette un'evasione con i fiocchi. La ragazza, oltre ad avere un rapporto conflittuale con i genitori, non è per niente socievole e non farà fatica a farsi molti nemici ma otterrà anche una certa ammirazione grazie alle sue abilità e acume; il suo approccio depresso verso la vita potrebbe finalmente essere apprezzato. Mercoledì, infatti, ama stare da sola e la sua compagna di stanza è la perfetta versione lupesca di una Barbie con cui, dopo un'iniziale insistenza da parte sua e indifferenza da parte di Mercoledì, l'aiuterà ad inserirsi nel gruppo. La loro amicizia è quanto di più delicato e, sul finale, assistiamo ad una trasformazione da parte di Mercoledì nei confronti della ragazza che più ha cercato di esserle amica: "Su di me hai lasciato un segno indelebile. Ogni volta che nauseata vedrò un arcobaleno o sentirò un'allegra canzone pop, penserò a te".
Con il passare degli episodi, la serie spiega il suo difficile inserimento nell'accademia frequentata da freaks. Attorno a lei ruotano personaggi che catturano subito l'attenzione dello spettatore e con cui Mercoledì coltiverà per la prima volta legami di amicizia autentici: la mutaforme preside ed ex compagna di scuola proprio di Morticia, Larissa Weems (Gwendoline Christie), l'amica dal cuore licantropo Enid (Emma Myers), l'insegnante occhialuta Thornill (Christina Ricci), la psicoterapeuta ambivalente dr Kinbott (Riki Lindhome), l'acerrima nemica Bianca Barclay (Joy Sunday) e infine i due spasimanti di Mercoledi, il pittore Xavier (Percy Hynes White) e il timido Tyler (Hunter Doohan). Ma il più riuscito è il personaggio di Eugene Otinger (Moosa Mostafa), il bambino allevatore di api che vive in eremitaggio ma che sarà determinante nella risoluzione dell'enigma. Altro valore aggiunto è La Mano (Thing) che, nonostante cicatrici e torture, guida i passi di Mercoledì attraverso il mimo e l'ironia. 
Col tempo Mercoledì non solo cercherà di primeggiare, ma si ritroverà anche coinvolta in una serie di omicidi che terrorizzano Jericho, la cittadina più vicina a Nevermore. È proprio il mistero sull'identità e le motivazioni del mostro di Jericho che convince Mercoledì a rimanere alla Nevermore, trovando un'ottima ragione per non abbandonarla, e lì, suo malgrado, comincerà a trovare uno spazio anche per lei. Qui la vediamo impegnata nell'imparare a gestire i suoi nuovi poteri psichici, fermare un mostro omicida e risolvere un mistero che ha visto la sua famiglia al centro ben venticinque anni prima. Come prevedibile, la ragazza deciderà di risolvere il mistero soprannaturale sotto l'occhio vigile della sua preside Larissa Weems, vivendo contemporaneamente momenti topici dell'adolescenza come le gare studentesche e le prime cotte giovanili. Qui, Mercoledì imparerà a usare i propri poteri per scoprire misteriosi antefatti sulla sua famiglia e sul fondatore della città in cui vive, oltre che per sventare gli omicidi che terrorizzano la scuola. Questa Mercoledì, infatti, ha anche qualcosa di diverso rispetto alle precedenti incarnazioni: come la madre è in grado di comunicare con gli spiriti dei suoi avi. Il mistero è volutamente prevedibile; gli indizi sono disseminati in modo chiaro e semplice per permettere allo spettatore di arrivare agevolmente alla risoluzione del mistero e osservare con un pizzico di soddisfazione che ogni tassello è andato al suo posto. E come dice la protagonista: "ovviamente il ragazzo che ti piace si rivela essere un serial killer".

Alfred Gough e Miles Millar sono i creatori di questa produzione di otto episodi, di cui i primi quattro sono stati diretti da Tim Burton, dove invoca dettagli, colori, luci e suoni della sua intera storia cinematografica. Tim Burton parte dal proprio background tematico (Edward mani di forbici, Frankenweenie, Miss Peregrine) ma propone una serie che guarda molto all'immaginario contemporaneo, con chiare influenze dalla saga di Harry Potter e dalla fantascienza di Stranger Things. È un'operazione che non tradisce mai la matrice gotica e la arricchisce con omaggi al cinema classico (Carrie di Brian De Palma) e alla letteratura tardo romantica (Edgar Allan Poe, Mary Shelley). Umorismo freddo, stile gotico e giochi di parole si mescolano col moderno: dai poteri soprannaturali all'ambientazione scolastica e anche qualche cenno al sottogenere slasher. La messa in scena è davvero spettacolare, degna dell'opera di Burton, amalgamata ad una bellissima e cupa colonna sonora. Nonostante non abbia particolari elementi orrorifici, è evidente l'ottima rappresentazione. Insomma, un dark mystery non abbastanza dark e, soprattutto per il pubblico più perspicace, non sufficientemente misterioso: anche i colpi di scena che alloggiano a ridosso della linea di confine fra il pronosticabile o l'imprevedibile, sono fermamente più vicini all' "intuibile" piuttosto che al "sorprendente".  A volte, però, il taglio contestualmente realistico di certe situazioni - soprattutto quelle ambientate a Jericho - stona un po' con la carica grottesca degli Addams senior e questo appare evidente soprattutto durante la puntata "genitori-figli", o con la comparsa di Fester. Nella sceneggiatura, però, dobbiamo perdonare alcune idiosincrasie: ad esempio, Mercoledì non accetta che il padre sia accusato di omicidio, nonostante passi metà delle puntate a celebrare serial killer. 

L'essenza originale della protagonista rimane immutata: comportamento asociale, umorismo nero e anaffettività oltre ad un gusto per la morte capace di turbare chiunque.
L'interpretazione della Ortega è all'altezza degli standard di Christina Ricci visti anni fa: occhioni indagatori dell'incubo e lingua a doppia lama. Ogni suo dialogo è pungente e sottolineato con la giusta misura di fascino e acidità. L'impegno dell'attrice nel creare il suo personaggio è magnifico ed è reso evidente in ciascuna delle sue scene: dalla sua bravura con il violoncello alla sua danza epica sulle note punk dei The Cramps, che ha dato molto di cui parlare sui social network. Come accennato, la Ortega sembra nata per questo ruolo: è controllata, impetuosa, sprezzante e ribelle insieme, ha una mimica facciale raggelante, un portamento da bambola meccanica e una gestualità lupesca e felina insieme. Anche l'interazione di Mercoledì con i propri familiari e con il cosiddetto mondo dei "normali" è tra i punti di forza attrattivi dell'operazione di Tim Burton. Il bullismo del mondo scolastico rischia di trasformarsi in violenza verso le minoranze: Mercoledì ribalta questo paradigma e fa della diversità un valore aggiunto di fronte a una società iper-competitiva e classista. A Mercoledì basta una parola sarcastica per smontare pregiudizi e luoghi comuni. Il regista costruisce un'esile detective story (chi sarà mai il mostro assassino?) per tenere insieme gli otto episodi della serie ma la forza del suo immaginario sostiene gli inevitabili cali di tensione nel finale. Ci sono momenti irresistibili: l'incipit con Mercoledì che lancia nella piscina i piranha sulle note di Je ne regret rien di Edith Piaf, il ballo sincopato sulle note di Goo Goo Muck dei The Cramps, la versione al violoncello di Paint It Black dei Rolling Stones e di Nothing Else Matters dei Metallica. Un intero episodio è dedicato a Zio Fester (Fred Armisen) mentre rimangono un po' defilati per esigenze di sceneggiatura Morticia e Gomez. Il povero Lurch è poco più di una comparsa, Pugsley è un buon Pugsley e Mano… è un'ottima Mano, letteralmente, ma anche qui la produzione ha pensato bene che un arto semovente non fosse sufficiente inquietante e l'hanno corredato di cicatrici per farlo più truce e frankensteiniano. 
I punti di forza indiscussi di Mercoledì sono tre: in primo luogo la messa in scena, dai costumi di Colleen Atwood alle scenografie, alla musica. La colonna sonora di Danny Elfman, i costumi di Colin Atwood e la fotografia dark di David Lanzenberg e Stephan Pehrsson accentuano il tono gotico dell'opera che negli episodi finali si arricchisce di un notevole utilizzo di effetti speciali mai strabordanti. Il secondo aspetto interessante della serie è senza dubbio la storia; sviluppata in maniera non troppo banale ma comunque molto classica, la trama di Mercoledì è un mystery che si articola lungo un preciso percorso a tappe e che non lascia indietro nessun dettaglio. È aperta una seconda stagione. Infine, come già accennato, il gran lavoro dell'attrice. Tutti le ruotano intorno, non solo gli spettatori, ma professori, studenti, pretendenti amiche e innamorati, e soprattutto potenziali rivali tra le mura scolastiche. Se la Mercoledì di Christina Ricci era all'apparenza dimessa e scostante, che con parole e azioni però rivelava la sua vera natura nefasta, questa iterazione del personaggio è molto più accattivante. Occhi grandi, ciglia lunghissime, labbra carnose, questa sedicenne è un concentrato di carisma ed è impossibile non rimanere attratti da lei. L'effetto è quindi contraddittorio, perché mentre lei continua a sentirsi reietta tra i reietti, chi le sta intorno non fa altro che cercarla, adularla e, in alcuni casi, eleggerla a proprio avversaria. Questa adolescente con gli hobby per la scrittura, la scherma e il violoncello è sin troppo a suo agio in questo contesto, è sicura di sé, non sbaglia mai e sembra inevitabilmente destinata al successo. Inattaccabile e impermeabile a quello che le succede, la vedremo poco a poco cedere alla "normalità" e ai sentimenti, i quali se da una parte per lei sono sintomo di debolezza, diventano un modo per umanizzarla e avvicinarla al pubblico. Mercoledì ci ricorda quanto sia bello e liberatorio essere sé stessi, dire di no, non sorridere se non ne abbiamo voglia, e ammettere quanto l'umanità spesso e volentieri faccia schifo. Essere sé stessi, ad esempio, nell'epica scena del ballo. Alla fine Mercoledì scrive il suo romanzo su una datata macchina da scrivere e combatte contro una famiglia che, per quanto sui generis, incarna i cliché della società patriarcale. E quindi, in una dimensione che ci insegna a ignorare gli haters purché si possa contare su 100 mila followers, Mercoledì ci obbliga a ignorare anche quei 100 mila, perché il problema non è il cattivo giudizio, ma il giudizio in sé.


Visivamente molto curata, Mercoledì è una di quelle serie che si possono godere senza pretendere troppo. Forse l'unica pecca è che parte del divertimento della Famiglia Addams è sempre stata la "famiglia", un'unità amorevole e solidale nonostante i loro modi tetri ed inquietanti. Separandola da loro già nel primo episodio, la narrazione perde l'occasione di vedere interagire tutti i divertenti componenti della famiglia, ma è così geniale e seducente che riesce a catturare comunque l'attenzione sia dei nostalgici fan che delle nuove generazioni.
 
La Nevermore Academy assurge ad una Hogwarts più cupa e misteriosa. Le note tipiche di una serie teen si impastano sapientemente con il noir ed il mystery, lasciando nello spettatore una piacevole inquietudine di fondo. Una serie che, dunque, guarda a precisi punti di riferimento narrativi e stilistici che finisce, però, per perdersi e diluirsi in un racconto che, se estrapolato dal contesto sovrannaturale, non sarebbe poi molto diverso da altre serie teen presenti sulla piattaforma.