LE RAGAZZE DEL CENTRALINO


Il racconto de Le ragazze del centralino è una storia di resilienza sulla forza delle donne di conquistare la propria libertà e indipendenza. 
La serie targata Netflix, creata da Ramón Campos e diretta Carlos Sedes, si muove in Spagna, ruota attorno alla compagnia telefonica nella Madrid divisa fra gli anni venti e trenta e, dopo un salto temporale, il regime franchista durante la Seconda Guerra Mondiale per mostrare le difficoltà di un tempo dominato da un'ideologia prettamente patriarcale, un tempo che sembra lontano ma il cui strascico ci portiamo dietro ancora oggi. Las chicas del cable, ovvero la prima serie spagnola di Netflix, punta su due elementi precisi: da un lato, la riunione tra gli attori protagonisti, Yon González, Martiño Rivas e Blanca Suárez (interpreti rispettivamente di Francisco, Carlos e Lidia), di nuovo sul set insieme dopo dieci anni da El Internado, dall'altro gioca sul trend delle soap in costume ben rodate da Atresmedia, oltre che alla trama crime, qui un po' meno coraggiosa e dalle tinte noir. 
La serie non ha avuto il seguito dei successivi prodotti spagnoli come La casa di carta o Élite, ma ha comunque una cerchia ristretta di fedelissimi che garantisce il rinnovo ad ogni fine stagione. Debuttata con otto episodi nel 2017 e tornata nei successivi anni fino a raggiungere un totale di 5 stagioni, solo quest'anno sono riuscita a recuperarla in poco più di una settimana.

La serie è ambientata precisamente a Madrid nel 1928 e ha come protagoniste quattro donne di diversa estrazione, ma tutte assunte come centraliniste nella Compagnia dei Telefoni (la prima compagnia telefonica nazionale spagnola), tutte con un passato famigliare difficile e disposte ad iniziare a lavorare per essere indipendenti - in quegli anni le donne non lavoravano - : Lidia, Carlota, Ángeles e María Inmaculada, detta Marga. Seguiamo le quattro ragazze nelle loro difficoltà nelle questioni di famiglia ed nel proprio passato, accomunate dalla voglia e dall'esigenza di avere una propria e solida indipendenza in una società, come quella spagnola, dove i diritti delle donne non sono riconosciuti sia dalle leggi che dal pensiero comune della maggior parte della popolazione. 
Il filone principale, però, è quello di una ragazza in particolare: Alba Roméro (interpretata da Blanca Suarez), che nelle prime puntate crea una nuova identità, quella di Lidia Aguilar – che è anche la voce narrante della storia - per poter partecipare al colloquio presso la compagnia telefonica. Durante questo colloquio incontra Francisco Gomez (Yon Gonzalez), il ragazzo con cui era arrivata a Madrid molti anni prima e che non rivedeva da allora ed ora direttore della compagnia. Dai pochi stralci del passato della donna che vengono mostrati al pubblico nel primo episodio, si evince che Alba Roméro deve svolgere un compito importante – non del tutto legale – all'interno della Compagnia dei Telefoni, e che per farlo ha deciso di indossare una nuova pelle, sottraendo l'identità ad un'ignara Lidia Aguilar, quella vera. Ma siccome le cose non vanno subito come dovrebbero, la nuova Lidia Aguilar si ritrova ad esistere più del previsto, mentre Alba Roméro comincia a sbiadire fin quasi a sparire: perché se nessuno sa chi è Alba Roméro (con l'eccezione di Francisco, unica persona del passato di Alba che è presente e conserva il suo segreto), Alba Roméro esiste veramente? Ecco allora che questa doppia identità acquisisce un significato ben preciso, ricalcando il dualismo passato/presente. Diventando sempre più Lidia, la protagonista cerca di tagliare i ponti con il proprio passato e vivere una nuova vita nel presente. 

Nel primo episodio, infatti, conosce anche Carlos, figlio del proprietario della compagnia, nonché migliore amico e cognato di Francisco e con cui ci sarà da subito una forte alchimia. Dopo un corteggiamento serrato, lei alla fine si concederà a Carlos, a cui però sarà difficile confessare la verità sul suo passato. Infatti, Francisco farà parte di questo triangolo amoroso, a cui Lidia cercherà di sottrarsi per allontanare il suo passato, ma anche a causa di un ricatto ricevuto. Eppure, non è così facile cancellare le orme lasciate alle proprie spalle e dimenticare del tutto chi si era nella vita precedente, soprattutto se vecchie conoscenze e vecchi problemi tornano a galla all'improvviso. La battaglia della protagonista è quella di capire quali parti di sé sono davvero la sua vera essenza, quali vale la pena di tenere nella nuova vita, quali sarebbe meglio perdere.
 

Un bel personaggio che sicuramente rappresenta a pieno la battaglia femminista è sicuramente Carlota. Anticonformista sì – non vuole un matrimonio combinato, esce e rientra a casa senza rispettare orari ritenuti consoni per una ragazza (il padre è un colonnello), ha un fidanzato che si è scelta da sola ma sembra trovarsi nel limbo di chi ha tante idee importanti che però rimangono, appunto, solo idee. Non che la società in cui si trova le fornisca tutti gli elementi di cui avrebbe bisogno per trasformare i pensieri in realtà, questo è certo. Poco a poco, però, Carlota comincia a capire che può impiegare le proprie forze per fare qualcosa di più e la sua lotta entra nel fervore più grande quando la donna realizza che non vuole tirar fuori le unghie solo per sé stessa, ma per tutte le persone che si trovano nella sua situazione. Il viaggio di Carlota, quindi, non è più soltanto un percorso individuale, ma diventa un viaggio di identità collettiva: persone che, insieme, cercano di rincorrere un importante obiettivo comune. Il suo personaggio ci dimostra come non si viva in solitudine e come anche il contesto in cui ci si trova stabilisca la nostra identità. Ma Carlota non può trovare sé stessa soltanto combattendo la battaglia femminista, perché c'è anche un'altra questione che in qualche modo la lega e non le consente di esprimersi totalmente: il suo amore per Sara – capo centralinista -, che poi sceglie di essere Oscar. 
Nella Spagna del tempo, dove già la condizione della donna era problematica, non è difficile immaginare come la società reagisse a relazioni omosessuali. È il motivo per cui Carlota farà molta fatica ad ammettere anche solo a sé stessa di provare dei sentimenti per Sara e per cui, quando finalmente deciderà di vivere l'amore che entrambe meritano, sarà costretta, con il passare delle stagioni, a nascondersi o a subire violenza, sia fisica che psicologica. 

Sara vive intrappolata in un corpo in cui non si riconosce. Lo sa, nel profondo. Lo sa, anche se fa paura anche solo pensarlo: sa benissimo cosa succede alle persone come lei. Sa quanto la società attorno a sé sia rigida, stretta, e di certo anche impaurita dalla diversità. Ma Sara sa che non può continuare a vivere così, fingendo che vada tutto bene, perché nei pochi attimi in cui si concede di essere Oscar – la persona che realmente è – si sente meglio, perché tutto diventa perfetto, al posto giusto. Col supporto di Carlota, si va incontro a uno dei momenti più tragici de Le Ragazze del Centralino che, con una reale crudezza, mostra le atrocità che si presentavano al tempo alle persone come Oscar. Oscar, nella seconda stagione, viene accolto in una struttura ospedaliera che con tante belle parole propone di aiutarlo a sentirsi meglio, ma di fatto verrà intrappolato in un vortice di torture e oscenità. Sarà Carlota a salvare Oscar, poco prima che sia troppo tardi.
Il senso di umiliazione mista a paura che colpisce Oscar è un macigno che lo spinge a ritornare Sara per un po' di tempo. Ma non funziona. Col supporto di Carlota e le altre ragazze del centralino che danno un calcio al bigottismo del resto della società, Oscar torna a vivere e continua, passo a passo, il suo percorso per affermare la propria identità. 

Anche Marga lotta per trovare la sua indipendenza tra la scoperta della sua identità nel rapporto con Pablo – timido e impacciato, che lavora alla compagnia come contabile e si sta per sposare con Marisol che sarà costretta ad arrendersi all'amore tra i due - e con sé stessa. Una diversa battaglia è quella combattuta da Ángeles, la più esperta tra le telefoniste, colei che sembra subito dover meritare tanto amore, ma che in realtà riceve solo pugni in faccia – purtroppo letteralmente. Ángeles è uno dei personaggi che più portano sullo schermo la complicata vita che conducono le donne del tempo. Intrappolata in un matrimonio di certo costruitole dalla famiglia e dalle convenzioni sociali, Ángeles è una donna che vede il suo talento perennemente soffocato dall'imponente e crudele ombra di un marito violento che vuole – e si sente perfettamente legittimato a farlo – controllare ogni suo singolo movimento, ogni suo vestito, ogni suo trucco.
Dopo la morte – o meglio, l'omicidio – del marito nella seconda stagione, la quale ruota intorno al mascherare lo stesso da parte delle donne, Ángeles si sentirà libera. Fa quasi ghiacciare il sangue riconoscere che altrimenti Ángeles non sarebbe mai riuscita a essere sé stessa. Ed è paradigmatico il cambiamento anche visivo che lo spettatore coglie subito dopo la morte di Mario: Ángeles inizia ad indossare rossetti dalle tinte forti che prima non avrebbe mai messo. Un cambiamento estetico che riflette un cambiamento molto più grande, un'acquisizione di sicurezza sempre più determinante il cui apice arriva quando Ángeles assumerà un'identità segreta, di cui all'inizio, oltre noi, nemmeno le sue amiche sapranno qualcosa, ossia quella del Mirlo. E sarà dietro questo nome che la donna comincerà a gestire traffici illeciti. Una trasformazione che a parte del pubblico è parsa – anche giustamente – un po' esagerata, però di sicuro paradigmatica. Soprattutto per la scelta del nome: mirlo, in spagnolo, significa merlo. E finalmente Ángeles ha potuto aprire le ali e volare via. 


Intanto, Lidia ha i sensi di colpa per aver mentito a Carlos e, nella
seconda stagione, ci sarà un gioco di amore e odio tra i due, simile a quello avuto con Francisco nella stagione precedente. Questi è messo un po' da parte in questa stagione e, licenziato da Carlos per avergli a sua volta mentito, adesso lavora nel bordello di Victoria, la donna per cui ha lavorato Alba/Lidia tanti anni prima dopo essere arrivata a Madrid da giovane e aver perduto Francisco sul treno. Per un periodo Francisco farà il doppio gioco, alleandosi prima con Carlos e poi con Lidia, entrambi in lotta per il progetto del Rotary, un nuovo sistema di telecomunicazioni in tutto il paese, iniziato da Carlos nella stagione precedente e per cui lui e Lidia hanno discusso e lei agito alle sue spalle, nuovamente. Alla fine, tra le tante ripicche, Lidia e Carlos finiscono a letto insieme e, alla fine della stagione, la donna rimane incinta, ma la madre di lui, Dona Carmen, farà di tutto per sbarazzarsi del bambino.

La
terza stagione riparte da quel cliffhanger dolorosissimo che aveva spaventato i fan della serie, da quell'incidente in cui Lidia precipita dal balcone della clinica dove era stata portata per abortire. Le cose però non sono andate come si poteva immaginare: Lidia è viva e ha portato a termine la gravidanza, dando alla luce Eva, e si sta per sposare con Carlos. Nella terza stagione assistiamo al loro matrimonio che, purtroppo, verrà fermato da un incendio nella chiesa provocato probabilmente da Dona Carmen che, nella confusione, farà rapire Eva, ed escogita un piano facendo credere che anche sua figlia, Elisa, sia morta, quando in realtà manipolata dalla madre si sta occupando della bambina. 
Lidia è spinta non dal desiderio di giustizia ma da quello di vendetta e si arma assieme alle sue amiche – che all'inizio non le credono – per ritrovare la figlia. Anche Carlos non riuscirà mai a prendere una posizione come la sorella e, Lidia, in un momento di poca lucidità, alla ricerca della figlia che tutti credono morta, provocherà un incidente a Carmen, portando il suo rapporto con Carlos alla conclusione. I due torneranno insieme durante la rivolta alla compagnia al termine della stagione, la rivoluzione femminile e politica che si concretizza nel sequestro della stessa per la presenza del Re e in cui Carmen confesserà finalmente dove è nascosta Eva. 
Nel frattempo Marga ha coronato il suo sogno d'amore con Pablo ma avrà problemi nel rapporto di coppia e, nel parlare con il marito, che forse non capisce ciò che lei gli vuole dire perché a quei tempi il piacere della donna era in secondo piano rispetto a quello dell'uomo, è turbata all'arrivo del fratello gemello di lui, Julio. 
Ángeles, in fuga dalla polizia, è tornata a casa per rivedere le sue amiche e l'incontro con l'ispettore Cuevas le porta alcuni problemi/trascorsi. La donna è messa a dura prova dal rapporto con Cristobal – i due non riescono a stare lontani ma non possono stare neppure assieme. Lei e l'uomo lavorano insieme, si uniscono e si scontrano più e più volte, fingono di essere marito e moglie per poter incastrare Guzmàn, un criminale vecchio amico di Lidia. 
Continua la crociata di Carlota che, con l'eredità del padre, promuove la causa delle violette, movimento femminista creato da Sara, e dà inizio ad un programma radiofonico, grazie all'aiuto di Carlos, rischiando però la propria vita.


Nella quarta stagione c'è Lidia che ormai lavora fianco a fianco di Carlos e non si risparmia facendo scelte scomode; Carlota lotta con tutta sè stessa per diventare primo sindaco donna di Madrid e accanto a lei c'è sempre Oscar; Marga è costretta ad accettare di divorziare da Pablo, che non ha accettato il tradimento avvenuto con suo fratello Julio, e la donna nel frattempo comincia a lavorare con un altro ruolo nella compagnia; 
Ángeles continua a sporcarsi le mani per dare un futuro migliore alla figlia che è lontana. Carlos, geloso che Lidia possa riabbracciare Francisco, finito in coma per aver salvato la bambina dagli scagnozzi di Dona Carmen nella stagione precedente, le mentirà a proposito del suo risveglio – risveglio, con tanto di forza fisica, impossibile dopo due anni di coma. 
Nel frattempo, Dona Carmen, uscita di prigione e saputo del risveglio di Francisco, approfitta della sua perdita di memoria per manipolarlo, come fa con Elisa, ed avvicinarsi ad Eva che le serve per salvarsi la vita da una malattia terminale. Lidia prenderà una decisione molto importante per il bene di sua figlia, partendo con Francisco in America e portandosi via Eva, lontana da Carlos. 
C'è anche un altro tema fondamentale, l'accusa di omicidio, ai danni di Carlota, dell'avversario politico di lei che, in seguito ai ricatti dell'uomo con delle foto sue e di Oscar – materiale che non avrebbe giovato la sua corsa politica, risulta l'unica indagata. Le ragazze non si tirano indietro, si fanno in quattro per aiutare Carlota ed è sicuramente questo uno degli elementi forti di questa serie: cercano prove, nuove alleanze, intessono rapporti per la loro amica ma anche in nome di tutte le altre donne. E qui proprio una delle quattro ragazze perde la vita proprio per salvare quella di Carlota.

Ma è con l'arrivo della guerra civile spagnola che le amiche si ritrovano dopo tanti anni sempre con gli stessi ideali, pronte a combattere per la libertà. La quinta stagione è divisa in due parti e, rispetto alle altre, ha un totale di dieci episodi. 
Lidia ha vissuto a New York insieme a Eva, Francisco e Sofía, la figlia di Ángeles. La Compagnia dei Telefoni, dopo lo scoppio della guerra, è stata chiusa e trasformata nell'Ufficio di stampa e censura, dove lavorano Marga e Pablo; Carlota e Oscar scrivono reportage di guerra sotto lo pseudonimo di Faraday. Carmen sembra essere morta e di Carlos non si sa più nulla. 
Qualcosa, però, accade e inevitabilmente le protagoniste si riuniscono in Spagna: Lidia ritorna a Madrid per una lettera lasciata da Sofía che è tornata per arruolarsi nell'esercito dei repubblicani. Tutta la prima metà di stagione s'incentra proprio sulla ricerca della ragazza da parte di Lidia, Carlota, Marga e Oscar. Per Sofía sono disposte a qualsiasi cosa per convincerla a tornare a New York, e la guerra civile appare come uno sfondo stemperato e sfumato. La guerra e le sue conseguenze turbano soprattutto Lidia che arriva da lontano e che non conosce corse ai rifugi antiaerei, non si è ancora "abituata" ai corpi sotterrati e agli edifici crollati sotto le bombe. 
Come spesso capita in questa serie, l'unica persona che può aiutare Lidia e le altre è anche una di quelle che serba del rancore nei confronti della donna e questa è Carlos, diventato generale dell'esercito repubblicano. Sono i legami, le relazioni a dimostrare quanto l'amore, tema che fa rientrare la serie nel genere soap, sia più forte e nel caso di Lidia e Carlos è proprio il sentimento, in senso lato, a far sì che si mettano in viaggio per ritrovare Sofía, e così i due si riavvicinano, per poi riperdersi definitivamente. 


Si parla ancora d'amore anche con Pablo e Marga – l'uomo viene chiamato per combattere al fronte e, proprio durante la sua assenza, la moglie scopre di essere incinta – e con Carlota e Oscar – la prima si avvicina sempre di più al fotografo e giornalista americano James Lancaster, e Oscar continua a rappresentare un buono spunto di analisi in quanto personaggio transessuale che ha raccontato lungo tutta la serie il difficile percorso di rinascita. La prima parte si conclude con il gesto eroico di Carlos che riesce a riscattarsi nel finale, il ricongiungimento di Pablo e Marga, la carcerazione di Lidia in un campo di rieducazione in cui la gerarca è – ovviamente - donna Carmen, la sua più acerrima nemica. Dopo la scarcerazione di Lidia, con l'aiuto di Francisco e le amiche, subito all'inizio della seconda parte degli episodi, si passa alla carcerazione delle amiche di Lidia per fargliela pagare alla donna, Sofìa diventa la talpa all'interno del campo per salvare le donne, così la battaglia di Lidia per salvare le amiche diventa la battaglia di tutte per salvare tutte. 
Quest'ultima stagione, ambientata interamente durante la guerra, è quella dove meglio si può notare l'evoluzione dei personaggi, in particolare: Carlos, che prima si rifiuta di aiutare Lidia, in quanto ha scelto Francisco, alla fine morirà per lei (e per il pentimento di non essere stato il padre di sua figlia); Dona Carmen, cattivissima, potentissima ed odiata da tutti, fino a praticamente la fine della serie, dopo che Elisa ha perso la vita per salvarla, è completamente cambiata ed il suo aiuto è stato fondamentale per aiutare le ragazze a salvare le prigioniere del campo. Si è sempre nascosta dietro una corazza, ma viveva per i suoi figli. Marga, da donna timida e spaventata, diventa forte e indipendente. 
Ma è la crudeltà del finale che fa riflettere: le quattro protagoniste perderanno la vita per i loro ideali. Avrebbero potuto salvarsi e tornare dalle loro famiglie, ma hanno deciso di sacrificarsi per salvare le prigioniere dalla morte e farle arrivare in America. L'ultimo episodio prende un tono quasi epico, raccontando e mostrando il sacrificio di tutte le donne che, in diverse epoche, in una condizione di sottomissione, subalternità hanno compiuto una vera e propria rivoluzione, e tutto sta nella camminata di Lidia e le altre verso il loro "patibolo". Sono loro che, ricercate dalla polizia, si prendono le "colpe" dell'evasione, salvando le altre, i loro figli, i loro compagni. Un gesto d'amore, di rivoluzione, di eroismo.

Le ragazze del centralino diedero la vita per creare un mondo migliore.
Sono solo un esempio dei sacrifici fatti da milioni di donne nel corso della storia.
Donne coraggiose, altruiste, orgogliose.
Donne che lottarono e ancora lottano per la parità dei diritti e per la libertà dell'essere umano.
Questo è il nostro omaggio.


Sulla carta Le ragazze del centralino ha una trama fitta di argomenti decisamente interessanti e purtroppo, per alcuni versi, ancora attuali. L'emancipazione e la condizione delle donne è ancora una cosa più attuale che mai, consideriamo la difficoltà che può avere una donna rispetto a un uomo nell'ottenere una posizione di dirigenza, o i sensi di colpa che una donna in carriera può avere se allo stesso tempo non rinuncia ad avere anche una famiglia, per non parlare degli abusi sul luogo di lavoro.
Il tema dell'identità è centrale fin dalla prima stagione. 
La trama, a livello storico, è vuota, dovuta soprattutto a una sceneggiatura molto debole perché basata soprattutto su degli stereotipi. Se le premesse erano quelle di vedere queste giovani donne in un contesto storico ben chiaro, è proprio quest'ultimo che alla fine viene penalizzato. Gli anni venti rimangono sullo sfondo e la vita e i sentimenti personali delle ragazze hanno, al contrario, un ruolo centrale. 
Si parla, però, di tecnologia e di lavoro e per questo si finisce col riflettere sul rapporto tra i due: l'evoluzione dei macchinari può aumentare il lavoro ma allo stesso tempo togliere l'esigenza di manodopera. La tecnologia, anche negli anni venti, può influenzare sia sul progresso e che sull'occupazione. 
Nel corso delle stagioni assistiamo alla prima chiamata intercontinentale tra Spagna e Stati Uniti e vediamo il forte interesse che ha la corona spagnola nei riguardi della compagnia stessa, certamente questi sono fatti storici ma sono trattati così blandamente che quasi ci scordiamo di averli visti nello schermo. 
Interessante in Las chicas del cable è il plot spionistico, che però non viene affrontato con serietà e chiarezza. 
Innanzitutto, siamo nel 1928, sotto la dittatura militare di Primo de Rivera, ma nei primi otto episodi non viene mai fatto il nome del dittatore, mentre interviene pure come personaggio il re Alfonso XIII, curioso. Un altro aspetto che trovo poco chiaro e ambiguo è il fatto che la nuova compagnia di telecomunicazioni lavori per il governo spagnolo spiando, per conto del re e non del dittatore, le telefonate degli abbonati tra cui si nasconderebbero anche alcuni personaggi che stanno pianificando un colpo di stato – e nel gennaio del 1929 c'è stato davvero un tentativo di colpo di stato per abbattere la dittatura di Primo de Rivera. 
Una svolta positiva nella narrazione arriva con la terza stagione, seppur i maggiori intrecci risultano più confusi. Dalla trama spionistica si passa al puro feuilleton ottocentesco con un matrimonio impedito proprio sull'altare con tanto di incendio in chiesa, morte di personaggi chiave e sequestro della figlia appena nata della protagonista. Lidia, come nelle scorse stagioni, corre avanti e indietro, ma non da un amore all'altro, passando dalle braccia di Carlos ai baci di Francisco, ma da appostamenti alla suocera per scoprirne i segreti alle indagini in convento per trovare tracce di sua figlia. La sua storia diventa così predominante rispetto alle altre vicende, come l'emancipazione lesbica di Carlota e Sara che dovranno vedersela anche con il machismo di un gruppo di politici conservatori, o come la storia d'amore di Marga con Pablo alla quale si aggiunge, come terzo incomodo, il di lui fratello gemello. La traiettoria di Lidia invece affonda nel più oscuro melodramma. Non solo morti e sparizioni, ma anche la rivalità con la madre del suo compagno Carlos, Concha Velasco, decana delle attrici spagnole che si destreggia sapientemente in una spregevole interpretazione.
Se Lidia appare come una madre coraggiosa che non si lascia abbattere, Dona Carmen viene dipinta come una madre bugiarda, cattiva e maligna che non sa di essere tale. È convinta di fare tutto questo per il bene dei propri figli, è convinta che Lidia sia un cancro da estirpare per la sua famiglia. Tale gioco di contrapposizione tra le due figure femminili all'inizio può sembrare utile alla narrazione e interessante per rappresentare la donna alla fine degli anni '20, ma risulta alla fine trito e ritrito. 

Interessante è, nella quarta stagione – a parte ancora i contrasti tra le due donne – come continua il solito triangolo amoroso tra i protagonisti, nonostante il coma di Francisco (che solo nella stagione precedente si era messo da parte): Lidia continua a sperare, a parlare con il corpo addormentato del suo grande amore, corpo che diventa simbolicamente uno dei nodi più importanti della stagione: la vita di Francisco diventa peso doloroso, faticoso fardello da sopportare, merce di scambio addirittura per ottenere ciò che si desidera. Francisco, anche se in coma, riesce a tenere legata a sé Lidia, mentre Carlos, consapevole di essere perdente, si dibatte come un animale ferito per non soccombere. C'è meno tensione rispetto alle precedenti stagioni, complice la crisi tra Lidia e Carlos, l'assenza nella prima parte di Francisco e una trama troppo spionistica che ruota intorno a Carlota: ci sono dei vuoti (personaggi che compaiono e poi spariscono, rapporti che si riallacciano senza troppe spiegazioni né parole – quello tra Marga e Pablo o quello tra Ángeles e l'Ispettore Cueva), delle situazioni che ritornano stancamente e si perdono molte questioni dell'epoca.
Si assiste alla fine della monarchia e all'avvento della repubblica e dal punto di vista sociale crescono le lotte per l'uguaglianza, i diritti e la libertà delle donne – ma tutto questo si perde annacquandosi in tutto il resto. 
La sceneggiatura dei primi cinque episodi dell'ultima stagione non convince, la sensazione è quella di trovarsi di fronte ad una trama con dei buchi e senza troppo approfondimento dei personaggi nuovi, Sofía ad esempio. Come già accennato per le stagioni precedenti, anche dopo con il passare degli anni, se si decide di ambientare una trama in un periodo storico che ha visto al potere una dittatura, si sono saltati parecchi anni all'inizio della quinta stagione, allora si dovrebbe cavalcare questo periodo storico, approfondendo il registro drammatico con più accuratezza e la repressione del dissenso durante il regime di Franco. L'ultimo saluto è un colpo potente che gioca sulle emozioni, dimostrandosi comunque un addio coerente con la serie. La storia proprio nell'ultimo episodio tenta di mettere insieme i pezzi: le corse a perdifiato – quella della giovane Lidia, che Lidia ancora non era, quella di Francisco per salvarsi, e infine quella di Lidia di nuovo - gli sguardi persi verso un treno che ormai è lontano, la malinconia per qualcosa che sarebbe potuto essere ma non è. 
Buona interpretazione degli attori, in particolare quella di Blanca Suarez, ma anche quella della malefica Dona Carmen: un personaggio di cui non ci siamo mai veramente liberati e che ci portavamo dietro dalle prime stagioni, ancora quando, in maniera sinistra e subdola, Carmen era una semplice che non riusciva a sopportare che il figlio Carlos si fosse innamorato di una semplice centralinista. Con il tempo la sua cattiveria e i suoi piani terribili si sono fatti sempre meglio costruiti, creando di fatto un personaggio temuto e che sarà difficile da dimenticare, soprattutto per il suo finale dolce-amaro. Insieme a loro, un po' nel dimenticatoio ci finisce anche Francisco: ce l'ha messa tutta ma nel corso delle stagioni risulta essere messo sempre in secondo piano. 
Un'ultima curiosità è la scelta della colonna sonora. Invece di inserire nella diegesi musiche attinenti all'epoca, come il jazz o lo swing, la produzione ha optato con coraggio per Lana del Rey e altri artisti moderni.


La storia di Lidia, Carlota, Ángeles, Marga e Oscar è un affascinante ritratto della natura umana, e femminile, in tutte le sue forme. Donne libere, nel vero senso della parola, di essere ciò che vogliono, di far sentire la propria voce e di non accettare le imposizioni che vengono da altri. È un dramma e una commedia insieme, ma c'è anche un po' di suspense e di mistero. Quasi a metà tra lo sfarzo delle feste di fine anni venti in stile "grande Gatsby" per ottenere ciò che vogliono ed essere artefici del proprio destino. Protagoniste forti e complesse, come lo sono state le donne di ogni tempo, che nella loro vita affrontano tutte quelle questioni che ai nostri occhi sembrano moderne, ma in realtà ci sono sempre state.
Dalle tematiche LGBT, la transessualità e l'infermità mentale fino al femminismo e cosa si è disposti a fare per le persone a cui si vuole bene. Le ragazze del centralino punta dritto a tutti quegli stereotipi che avevano costretto le donne ad essere relegate in un determinato posto, nel mondo e nella società, scelto per loro e non da loro. E allo stesso tempo celebra quella forza femminile che nel corso della Storia è stata capace di lottare per cambiare il proprio destino e il mondo in cui si trova a vivere. Ognuna delle protagoniste ha i suoi problemi, sogni e obiettivi, ed è proprio questo che le rende ciò che sono: donne forti, belle e indipendenti in un mondo misogino. E il finale, quel finale da tanti criticato, in realtà non poteva essere altrimenti. È vero, in una serie come questa ci aspettiamo una chiusura serena, magari azzardando anche un happy ending che ci permetta di dire "Ce l'hanno fatta!". Ma l'obiettivo de Le ragazze del centralino non è mai stato fine a sé stesso. Racconta la storia di quelle ragazze, figlie del loro tempo e allo stesso tempo moderne, e come tale è un omaggio in onore di tutte quelle donne che nei secoli hanno veramente dovuto sacrificarsi per la loro lotta (che poi è anche la nostra), per un mondo più giusto e più equo per tutti, o anche semplicemente per la propria realtà individuale. Tra le ragazze del centralino ci sono le donne del passato e del futuro, e ci siamo anche noi. Sono un modo per ricordarci come siamo arrivate fino a qui, per non dimenticare e per rendere onore alle donne che siamo state.

Al centro di tutto c'è l'emancipazione femminile: le donne raccontate dalla serie cercano di ribellarsi agli uomini, alla società, al mondo che spesso le guardano e le etichettano con sguardo e con idee paternalistiche, sessiste, maschiliste. Nonostante alcune perplessità elencate, la serie mi è piaciuta molto. A livello tecnico a Le ragazze del centralino non gli si può dire proprio nulla. Ambienti e costumi d'epoca sono ben realizzati e grazie ad essi sentiamo di essere stati catapultati negli anni venti. Se volete qualcosa di poco impegnativo e da binge watching, qualcosa per staccare un attimo la mente, allora è l'ideale. Le ragazze del centralino, è innegabile, ha sempre puntato sulle grandi emozioni, amore, amicizia, dolore, e quindi le conseguenti lacrime; può questo bastare per creare qualcosa di interessante?