Dopo aver scandalizzato gli Stati Uniti, nel 2019 anche in
Italia è arrivata Euphoria, serie tv remake di uno show
israeliano, prodotta – tra gli altri – dal rapper Drake. Riscritta e
reinterpretata da Sam Levinson, è spopolata su tutte le piattaforme social,
coinvolgendo un pubblico vastissimo e dal variegato range di età. Il successo è
stato enorme, quasi inspiegabile per un teen drama di Sky.
La serie HBO
(primo prodotto adolescenziale) racconta le nuove generazioni in maniera schietta,
a volte anche cruda ed estrema, con immagini esplicite dal contenuto sessuale o
violento che non la rendono adatta, a dispetto del genere, ai ragazzi più
piccoli. Euphoria parla di droghe, relazioni tossiche, rapporti
familiari complicati, depressione e sessualità senza edulcorazioni. Nonostante
i personaggi abbiano tra i sedici e i diciotto anni non ci sono prime volte, o
sono rare, perché gli adolescenti protagonisti hanno già provato quasi tutto. È
l'estremo dell'adolescenza: tutto ciò che le vecchie generazioni, così
intensamente, non hanno vissuto.
Le otto puntate sono andate in onda in seconda
serata su Sky Atlantic. Come aveva già fatto Skins in passato, ogni
puntata (ogni stagione ha otto episodi più due speciali inseriti tra la prima e
la seconda stagione) si apre con la presentazione di uno di loro, offrendo una
panoramica dell'infanzia e della famiglia. Un quadro che evidenzia spesso un
trauma in grado di spiegare, almeno in parte, perché sono diventati quelli che
sono. Tutto viene filtrato dalle parole di Rue, narratrice e protagonista
principale, interpretata dall'attrice Zendaya, nota fino ad allora per aver
preso parte a prodotti di tutt'altro genere. La serie comincia proprio con la
sua storia: la giovane soffre di attacchi di panico sin da bambina e ha
cominciato presto a fare uso di droghe. Tale situazione si è aggravata al punto
da costringerla a trascorrere l'estate in un rehab dopo essere entrata in coma
per un'overdose. Oltre alla dipendenza dalla droga, Rue è affetta dal disturbo
ossessivo-compulsivo, dal disturbo bipolare e dal deficit di attenzione.
La prima stagione si apre, appunto, con il racconto di Rue Bennet, una liceale tossicodipendente che, in ogni episodio, ci svela tutti i segreti delle sue giornate e di quelle dei suoi compagni di scuola. Rue arriva a drogarsi per sfuggire dal dolore che le provoca la malattia del padre. Quando inizia la serie suo padre è morto da pochi anni e lei è appena uscita dal rehab, dopo un'overdose che ha avuto quella stessa estate. Riuscita a sopravvivere, tenterà un difficile percorso di riabilitazione, mentre proverà per la prima volta le gioie e i dolori dell'amore. Conoscerà, infatti, da subito la nuova arrivata, Jules, che diventerà ben presto la sua nuova migliore amica. Solo l'arrivo in città di questa ragazza sembra riuscire a far trovare a Rue l'equilibrio di cui ha bisogno.
Jules, ragazza transessuale (scopriamo il
suo passato a circa metà della prima stagione) che, tramite i rapporti con gli
uomini, cerca una conferma della propria femminilità, si innamora facilmente di
ragazzi che non può avere; in particolare viene manipolata da uno conosciuto
online, che si rivela essere Nate, il ragazzo più popolare della scuola e
fidanzato di Maddy, il quale la ricatta dopo un rapporto sessuale avvenuto tra la ragazza e il padre di lui. Rue scoprirà la verità di ciò che sta capitando all'amica
pochi episodi dopo e deciderà di aiutarla, rischiando di perdere sonno,
concentrazione ed energia, reagendo in modo inusuale alla depressione causata
dalla lontananza da Jules e dalle droghe.
Ma come lei, anche molti suoi coetanei cercano una
fuga dai propri, personali, problemi. Arrivando però, così, a farsi ancora più
male. Girare video erotici online sembra l'unico modo per potersi sentire
apprezzati; o mandare foto di nudi, che come spiega Rue, sono ormai diventati
la nuova moneta di scambio dell'amore. Come svendersi a del sesso occasionale,
il mezzo per conquistare maggiore fiducia in sé stessi. Donare il proprio corpo
diventa allora lo strumento per cercare di raggiungere quanto continua a
sfuggire. Scopriamo, così, Kat, ragazza in sovrappeso che cerca, tramite il
sesso e la pornografia, un modo per apprezzare il proprio corpo e trovare la
sua identità; con Kat si vuole portare avanti un ideale di body positivity
dagli esiti interessanti e, ben presto, la ragazza, dopo la ricerca di una
sessualità basata sul controllo e la dominanza maschile, finisce per
comprendere che l'accettazione del proprio corpo non deve basarsi sul consenso
maschile. Nate, il classico bello, dannato e incredibilmente stronzo, affetto
da forti problemi di rabbia (scaturiti dall'insicurezza per le proprie
inclinazioni sessuali e dal difficile rapporto con il padre) è in conflitto con
sé stesso e si rapporta con gli altri tramite il controllo e la dominanza.
Maddy e Cassie, bellissime ragazze convinte di poter offrire solamente prestazioni
sessuali, svalutando quanto altro, in realtà, potrebbero avere da mostrare, sono migliori amiche. Maddy ha un rapporto non molto sano con Nate, mentre Cassie è la sorella di Lexi, ex
migliore amica di Rue, dalla quale Lexi si è allontanata a causa delle scelte sulla droga della ragazza; Cassie è dolce
ma da molti viene considerata bella solo per il suo corpo. All'inizio della
serie frequenta un amico di Nate, McKay, un ottimo giocatore di football, con
cui non si mostra sempre felice. A lui non interessa ciò che pensa la gente e
sembra accettarla per com'è, ma a volte si fa prendere da alcune sue crisi interiori
e rovina il rapporto con Cassie, la quale alla fine della stagione rimane
incinta e viene costretta ad abortire da McKay. Nella stagione successiva non
stanno più insieme e lui appare sporadicamente. La storia, a un certo punto,
prende la strada del mistero/thriller per quanto riguarda la storia tra Nate,
Maddie e Jules e quella di Fezco, lo spacciatore amico di Rue. Ad esempio quando,
nella disperazione, questi tenta una rapina per recuperare i soldi di cui ha
bisogno sembra sviare dalla narrazione di Euphoria. La droga può fare
questo e altro.
Le dipendenze che Euphoria affronta, però, non sono
soltanto quelle da sostanze stupefacenti, riguardano anche la sfera emotiva,
legate alla voglia di primeggiare, non deludere le aspettative e al desiderio,
che si rivela illusione, di avere il controllo sugli altri e su sé stessi. La difficoltà
di rimanere "sobri" da tutto questo (dall'amore tossico, dal sesso, dalla
convinzione di essere accettati o di essere diversi, dalla droga) porta i
ragazzi in un vortice di un mondo contaminato dove la vera bellezza è se hai
una sesta di seno. Perché le dipendenze sono dure da abbattere, come possiamo
benissimo vedere nell'episodio finale, in cui Rue ricade nella droga. Dopo alcune
incomprensioni, Rue e Jules si capiscono e, senza una reale conversazione,
decidono di partire, darsi alla fuga, per scappare dal loro mondo interiore. Da
sé stesse, per la precisione. E in un momento di riflessione, con mille scuse e
indecisioni, a partire è solo Jules. Ciò ci fa capire che la consapevolezza interiore
e la riflessione è solo con sé stessi. La stessa Rue, cresciuta con disturbi
comportamentali seri, come l'ansia, la depressione e il disturbo bipolare, non
arriva al season finale senza aver subito una crescita personale che le
permette finalmente di abbattere qualche barriera, di creare rapporti e di
comprendere i propri limiti, a volte rispettandoli, altre volte ricadendo
nuovamente nella tentazione di superarli.
In attesa della seconda stagione di Euphoria (le cui
riprese sono state rimandate a causa della pandemia da COVID-19, mesi durante i
quali Levinson, sempre con la musa Zendaya, ha trovato pure il tempo di dirigere Malcolm
& Marie), a fine 2020 è uscito il primo dei due episodi speciali
(intitolato: "Rue") che intervalleranno la prima parte della serie con
il suo proseguimento. Non a caso i protagonisti dell'episodio sono solo due, a
causa dell'ancora regole ristrette. La puntata, uscita in occasione del Natale,
vede un lungo dialogo tra Rue e Ali, sponsor della ragazza. Nella scena
iniziale vediamo la nostra protagonista e Jules di nuovo insieme (dopo la
partenza di quest'ultima nel finale della prima stagione), in un appartamento
che le due sembrano ora condividere. Rue, tuttavia, sentendosi ancora tradita
per i comportamenti dell'amica e amante nei tempi precedenti, è tornata a
drogarsi. La conversazione con Ali, fatta la Vigilia di Natale, è la chiave di
una riflessione sulla difficoltà di Rue di ripulirsi e sulla sua concezione
dell'amore (a volte distorta e utopica). Non si può amare qualcuno se non si
sta bene con sé stessi, in questo caso – la fa riflettere Ali – se non si è
puliti. Ali, attraverso la confessione del proprio passato, cerca di mostrare
alla giovane, affranta per tutto quello che è diventata, quanto le droghe
possano arrivare a cambiare l'indole di una persona. Le risposte di Rue faranno, però, capire quanta sofferenza ha ancora dentro, che fatica a rielaborare e la
allontana sempre di più dalla redenzione. Ciò che emerge è, quindi, solo
un'amara certezza: con il dolore si finisce per fare più male a chi si ama di
più. Il primo episodio speciale di Euphoria apre quasi una parentesi che
di primo acchito può apparire isolata: ci fermiamo per un'ora a riflettere
sulle difficoltà della riabilitazione e su tanti interrogativi rimasti aperti
nel finale della prima parte. Ma dove cavolo vuole andare a parare la serie? Noia.
Ciò che ho visto in questo episodio è stata una lentezza inaudita per
raccontare il nulla: una riflessione sicuramente che, forse, gli autori hanno
voluto dare allo stesso pubblico. Ma Euphoria è così: ci stanca ma
continuiamo a vederla perché ci spara la verità in faccia.
E, così, anche il
secondo episodio speciale (intitolato: "Jules"), uscito a gennaio 2021, non
è stato dei migliori, anche se l'ho preferito al primo. Come nell'episodio
dedicato a Rue, anche qui viene chiesta soltanto una cosa allo spettatore:
ascoltare. Jules sta affrontando una seduta di terapia dalla psicologa. Il primo
aspetto che viene toccato nel corso della seduta è quello della femminilità. Jules
sente infatti di aver costruito la propria femminilità a partire da ciò che gli
uomini considerano desiderabile, e ora che con Rue è riuscita ad andare "oltre" questi uomini, l'ultima cosa che le resta da comprendere è quello che lei
stessa considera desiderabile. Perché ciò avvenga la ragazza ha deciso di
interrompere la terapia ormonale, decisione che lei stessa afferma non essere
ponderata, bensì una reazione spontanea in seguito alla realizzazione di non
essere più interessata agli uomini. Una sorta di meccanismo di difesa che la
ragazza è pronta a mettere in atto per sopperire al senso di colpa che la
tormenta e che la induce a pensare di essere soltanto un'ipocrita e di aver
preso in giro sé stessa fin dal primo momento. La terapista la fa riflettere
che quando l'autocritica è eccessiva può condizionare il rapporto che si ha con
le altre persone, portando a voler soddisfare aspettative irraggiungibili che,
ossessionati dall'ombra del fallimento e dalla costante sensazione di
imperfezione, si è deciso di creare. Aspettative che, esattamente come l'iniziale
decisione di Jules di sottoporsi alla terapia ormonale, vengono costruite a
partire dal desiderio di essere accettati dagli altri ancora prima che da sé
stessi, sottolineando per l'ennesima volta l'inconscia avversione dell'essere
umano al rifiuto, a maggior ragione se inserito all'interno di una società
fatta di individui molto più propensi al giudizio che all'ascolto. La diversità
va ora ricercata nella rappresentazione di personaggi dalla sessualità fluida e
LGBT, come nel caso di Jules, interpretata dalla modella transgender Hunter
Schafer. Il percorso di transizione di Jules aggiunge ulteriore complessità a
un personaggio già di per sé piacevolmente sfaccettato. Dopo un iniziale focus
su stessa e aver analizzato il suo rapporto con Rue, il senso di schiacciamento
provato da Jules a causa della dipendenza di Rue si fa avanti, analizzando
quanto possa essere pericolosa la dipendenza per l'integrità della coppia. Attraverso
un paio di flashback si torna al finale di stagione, e per la prima volta allo
spettatore è concesso di analizzare e comprendere le vicende sotto un altro
punto di vista, tenendo conto questa volta delle emozioni e del bagaglio
emotivo che le due protagoniste sono costrette a portarsi dietro da anni. Esattamente
come Rue nel finale di stagione, anche Jules appare sconfitta. Non è difficile,
dunque, capire quanto sia difficile per entrambe immaginare un'ipotetica
felicità. Questa costante sensazione di infelicità, provata da Jules e che
emerge alla fine di questo episodio speciale, si traduce in una difficoltà nel
relazionarsi con le persone nella vita reale, prediligendo le interazioni online
perché fondamentalmente frutto della sua immaginazione. Una sorta di relazione
intangibile che la protegge costantemente dalla sua paura più grande, quella di
essere abbandonata nuovamente.
Dopo lo straripante successo della prima stagione e degli
episodi speciali, la seconda stagione della serie è stato uno degli eventi più
attesi di quest'anno. Tutto ciò che abbiamo visto è preservato - talvolta anche
estremizzato, dando l'impressione di una nuova stagione un po' caotica. Come
nella prima stagione, ogni episodio si apre con un avviso agli spettatori
riguardante i contenuti forti della trama, e si chiude con un collegamento a
diversi canali di aiuto per persone affette da dipendenze e disturbi mentali.
Ciò è indicativo delle intenzioni di un prodotto, in realtà, lontano
dall'inneggiare a comportamenti (auto)distruttivi, così come del resto lontano
da un atteggiamento di semplicistico moralismo.
In questa seconda stagione le
conseguenze delle azioni di ogni personaggio vengono portate al limite; così i problemi di
rabbia di Nate, emblema della violenza e della mascolinità tossica, lo portano
alla quasi totale emarginazione, e la tossicodipendenza di Rue ci fa
precipitare con lei in un vortice di orrori culminanti con una rappresentazione
dell'astinenza senza filtri, tra sintomi fisici e psichici, che certo non
invoglia al consumo. Euphoria, infatti, ha continuato la propria
narrazione esattamente laddove l'aveva interrotta ma, al contempo, si è
permessa di osare a livello di focus sui personaggi. Partiamo proprio da Rue. La
protagonista patisce un sovraccarico di eventi e temi che risulta il vero punto
debole della seconda stagione: il suo rapporto "di scambio" con la
spacciatrice Laurie, le prospettive sulla sua presunta asessualità e le
tempistiche di recupero dalla tossicodipendenza risultano abbozzate e mal
sviluppate, specie se in relazione alla compiutezza di altri archi narrativi
della serie. Alla festa dell'ultimo anno, mentre si intessano nuovi rapporti
tra i personaggi, Rue ha un fatale incontro con Eliot, che come lei è un
tossicodipendente; sarà grazie a questa amicizia che Rue ricadrà nella droga, anche
se cerca di nascondere la propria ricaduta negli stupefacenti a Jules. I rari
momenti di stanca della seconda stagione sono - a mio avviso - quelli dedicati
ai suoi eccessi, che risultano ripercorrere pedissequamente i binari già
battuti nella prima, senza ampliare davvero il contesto di riferimento. Il tutto non aiuta la protagonista a smussare
del tutto quella sua tendenza ancora presente alla dipendenza che, però, non si
fa mai troppo invadente. Arriva, però, il momento più importante che dà la
svolta al racconto: Jules, venuta a conoscenza che la sua ragazza ha ripreso a
drogarsi, lo confessa alla madre di Rue. Ciò che ne deriva è uno scontro
verbale tra madre e figlia, tra pianti e insulti, fino ad arrivare a cattiverie
dette nei confronti di Jules, rea di aver confessato la verità. Tutti, secondo
lei, sono dei mostri, quando in realtà, come qualsiasi persona tossica, è Rue che si è
dimostrata egoista, bugiarda e manipolativa.
Per parte della seconda stagione,
decisamente più introspettiva e più corale, in Euphoria le storie
vissute nei flashback hanno conservato un ruolo assolutamente preminente, permettendoci
così di approfondire il vissuto di alcuni personaggi come Fezco (in particolare
la nonna, da cui ha ereditato l'impresa di famiglia) e Cal Jacobs (padre di
Nate). In quanto ad alcuni protagonisti, come Nate, Cassie e Maddy, sono stati
sicuramente più sviluppati. In particolare Jacob Elordi, che al termine della prima stagione
sembrava dovesse lasciare la serie, è divenuto il principale interprete
maschile di Euphoria, fornendo peraltro una prova piuttosto matura. Nate
è una delle incarnazioni più pure della violenza in questo prodotto, in ogni
sua declinazione: fisica, psicologica e verbale. Si tratta di un personaggio
perfettamente predisposto tanto a subire vessazioni quanto a impartirle. Dopo la
denuncia subita per lo strangolamento nei confronti della sua ragazza e dopo diversi tira e molla, la
sua relazione con Maddy sembra ormai finita, come anche quella tra Cassie e
McKay, in seguito all'aborto di quest'ultima. Intrattenendo con disinvoltura
anche una relazione con Cassie - per la quale appare evidente abbia provato
fino a quel punto solo disprezzo – Nate si conferma, inoltre, il personaggio più
ripugnante del cast.
Per quanto Cassie possa essere innamorata, debole e manipolata
da Nate, si dimostra scorretta nei confronti di Maddy, arrivando perfino a non
pentirsi di quello che ha fatto all'amica, ripetendo agli altri e a sé stessa
che i due non stavano più insieme, solo per giustificare le proprie azioni. Mentre
la povera Maddy è infuriata con l'ormai ex amica che si nega da lei, volendo
passare per l'innocente della situazione, Nate ancora una volta ricatta Jules,
costringendola a testimoniare contro un innocente per coprire la sua
colpevolezza nell'aver messo le mani addosso a Fezco durante la festa dell'ultimo
anno. Solo verso la fine della stagione, Nate mette paura a Maddy per farsi restituire
i video incriminati tra il padre e Jules, alla quale in un momento di redenzione
restituisce le prove del ricatto (il padre è andato via di casa).
Mentre alcune
storyline e i loro protagonisti sfumavano sullo sfondo, altri personaggi,
inizialmente lasciati in secondo piano, hanno preso la scena diventando cuore
narrativo della seconda stagione di Euphoria (ad esempio Lexi che decide
di allestire uno spettacolo teatrale). In particolare Kat, sempre più divisa
tra la ricerca d'amore, il disprezzo per se stessa e i giochi sessuali da cam
girl, viene quasi completamente estromessa dalla narrazione. Da alcune
indiscrezioni si evince che ciò sia dovuto ad uno screzio tra l'attrice e
l'autore, ad ogni modo il trattamento riservato a questo personaggio, confinato
in una storyline povera e ridotta al minimo, è forse la maggiore mancanza nella
scrittura della seconda stagione. Sembrava aver trovato un equilibrio con Ethan ma la ragazza sembra insoddisfatta, così trova un modo alquanto immaturo per
farsi lasciare, ovvero raccontando di avere una malattia terminale e non farsi
credere. Anche il ruolo di Jules, inizialmente co-protagonista, è stato
ridimensionato, a favore del rapporto delle sorelle Howard, Lexi e Cassie. Le
due rappresentano facce opposte della stessa medaglia: un percorso di crescita
vissuto senza la figura paterna. A differenza di Cassie, personaggio sempre più
ambiguo e in bilico tra debolezza ed egoismo, tra sofferenza e superficialità,
tra dolcezza e ricerca di validazione – cresciuto sempre con lo stigma della
sgualdrina, il personaggio di Lexi è l'autentica rivelazione di questa stagione:
il suo ruolo, finalmente approfondito, ha dato voce ad un'adolescenza meno
sfrenata e maggiormente introversa e fondata sui propri interessi più che sull'approvazione
del prossimo. Il rapporto sviluppato dal personaggio con Fezco - un ragazzo
apparentemente agli antipodi - ha anche sviluppato, in maniera sobria e fortunatamente non macchiettistica,
un approfondimento sulle dinamiche sentimentali di una persona dai solidi
valori ma non per questo avulsa dalla necessità di condivisione e affetto.
Ciò
che colpisce immediatamente dell'intero prodotto è come il susseguirsi degli
eventi, divenuto sin troppo martellante nelle prime puntate, si sia
gradualmente diluito verso un finale che di fatto presenta una struttura
bipartita su due episodi. Ridefinire gli equilibri tra i personaggi, ferire e
lasciare indietro alcune figure importanti, scadere in qualche eccesso di messa
in scena e in alcuni passaggi bruschi tra le situazioni portanti della
narrazione sono pericoli in cui Lexi accetta di incorrere sceneggiando il suo
"La nostra vita", tanto quanto lo stesso Levinson ha fatto con
il suo prodotto. In particolare, l'episodio numero 7, il vero pilastro fondante
dell'intera stagione e dei suoi intenti, ci porta quasi a rivivere - in salsa
studentesca - la folle duplicazione di vita e palcoscenico
grazie allo spettacolo di Lexi. Con un budget degno di Broadway, Levinson porta
in scena il teatro e il suo doppio come metafora della vita: tutti portano in
scena un personaggio sul palcoscenico della vita vera e quasi nessuno è
autorizzato a sfondare la quarta parete per mostrare la propria reale natura. Montando
insieme teatro e realtà, reazioni del pubblico – con annessa interruzione dello
spettacolo a causa di una Cassie infuriata con la sorella, accusandola per aver
distrutto la sua storia con Nate a causa dello spettacolo - e ulteriori
sottotrame come quella di Fezco - che chiude il cerchio aperto nella prima
puntata della nuova stagione in una scena decisamente gangster, Lexi ha trattenuto la propria rabbia per sfogarsi
attraverso uno spettacolo teatrale scolastico e rappresentare la propria
interiorità emotiva sin troppo taciuta. Ma l'evento è stato anche l'occasione
di mettere alla berlina e parodiare tutto il microcosmo intorno a lei. Ecco,
quindi, che Nate, Rue, la sorella Cassie e Maddy diventano personaggi di una rappresentazione
teatrale che racconta nient'altro che la realtà, specchiata su un palcoscenico.
Le reazioni sono molteplici, tra chi prende il tutto con leggerezza (la madre
di Lexi, adulta, vede con distacco gli eventi rappresentati sul palco) e chi,
invece, come già detto, non sopporta questa pubblica parodia verso le proprie
sofferenze (è il caso di Nate e Cassie).
L'ottavo episodio, arrivato all'ultima scena, ha il sapore di un finale quasi definitivo. Le vicende più importanti legate ai personaggi principali hanno raggiunto un naturale epilogo. Rue appare esorcizzata dai propri pensieri autodistruttivi, risolvendo un conflitto interiore nei confronti dei genitori che la bloccava. Non a caso l'aver perfettamente
sublimato il tema della perdita paterna attraverso la finzione scenica, porta a
un inaspettato quanto catartico riavvicinamento tra Lexi e Rue, vittime di un destino simile e comune a tanti dei ragazzi di Euphoria. Persino la relazione tra lei e Jules sembra essere arrivata a una conclusione, a tratti tradendo le aspettative dei due speciali. Quello che lo
show di Lexi, alla fine, ci vuole dire è che ci raccontiamo i nostri traumi perché ne
abbiamo bisogno; li riascoltiamo ancora e ancora perché a trasformarli in
storie, forse, fanno meno male.
Anche se è già stata confermata per una terza
stagione – che secondo alcuni rumors, vedremo solo nel 2024, per via dei
numerosi impegni lavorativi di Zendaya, paradossalmente Euphoria
avrebbe potuto concludersi perfettamente nel silenzio riflessivo in cui ci ha
lasciati l'ottavo episodio della seconda.
Uno dei punti forti dello show, oltre alla rappresentazione sincera, i cui toni più cupi vengono smorzati da scene ironiche, è l'aspetto visivo estetico-psichedelico che, utilizzando una fotografia al neon, evidenzia la convivenza di luci e parti buie, entrambe accecanti. In un dominare dei toni del viola e del blu Euphoria tratta argomenti ormai abusati ma in maniera originale sia dal punto di vista narrativo che visivo, mostrando l'adolescenza con le sue fragilità e contraddizioni. Il risultato è disturbante, talvolta grottesco, ma efficace. Un montaggio disorganico ma accattivante, a tratti delicato, a tratti rabbioso, che sembra rispecchiare alla perfezione l'interiorità dei personaggi, e i movimenti di macchina, che passano da una scena all'altra in maniera vorticosa, trascinano lo spettatore all'interno della realtà raccontata, insieme ad una colonna sonora fortemente comunicativa. La serie riesce, così, a mostrare il mondo attraverso gli occhi dei giovani protagonisti, seguendo i loro trip mentali e passando dai momenti di gioia al dolore con rapidità. Euphoria mostra, infatti, nel dettaglio gli effetti degli stupefacenti, che spesso propone in scene in cui le luci vengono alterate e i protagonisti sembrano quasi piangere lacrime di brillantini, in accordo con gli stati confusionari di Rue; rimandando così, forse, al titolo stesso della serie: l'euforia è, d'altronde, la sensazione di benessere ottimistico e legato all'ilarità. Le lacrime diventano cascate di brillantini, ma restano pur sempre lacrime. Gli strass intorno agli occhi potrebbero quindi suggerire questo tipo di visione.
Ogni personaggio ha una sua
precisa caratterizzazione, ad esempio Rue adotta un look mascolino,
contrapposto a un trucco agli occhi che, quando non è assente, è costituito
principalmente da glitter. Mentre Jules, come anche Cassie, Maddie e Kat, indossa
abiti e make up molto vistosi come arma di difesa per affrontare il mondo nella
quotidianità. Rue si differenzia dagli altri suoi coetanei che mostrano un'ossessione
per l'estetica: Rue è semplice quanto basta, per questo ci piace. Anche se non
sempre le sue scelte, soprattutto legate alla droga, le condividiamo, come
anche quelle di Jules nei confronti della ragazza. L'episodio finale della
prima stagione, invece, presenta una rottura con la narrazione: Rue, durante un
trip allucinatorio, inizia a cantare All for Us, venendo poi sollevata
da un gruppo di ballerini, in una scena che sembra così richiamare i musical
(l'attenzione viene catalizzata su lei e i suoi sentimenti – a differenza delle
scene precedenti sull'utilizzo delle droghe, qui gli occhi della protagonista
sono cerchiati di nero, quasi a simboleggiare la presa di coscienza della
realtà). Anche le altre figure femminili hanno ognuna una personalità propria che
si esprime visivamente, mentre ad accomunare quasi tutte è un rapporto non
sempre facile con la propria sessualità: la tematica dell'oggettivizzazione del
proprio corpo in maniera estrema, rappresentata in maniera superflua già in Élite,
porta a casi di revenge porn. I personaggi maschili, invece, sono soprattutto
oppressi da aspettative e responsabilità che, nonostante l'evoluzione dei
vecchi modelli di genere, spesso finiscono ancora per coincidere con un modello
di mascolinità tossica caratterizzata dalla mania di possesso dell'altro.
Circondati
da cellulari all'avanguardia, tablet e PC, esperti navigatori del web e del
mondo social, questi giovani non sono mai davvero soli, eppure lo sono sempre,
apparentemente apatici e alla ricerca della felicità, ma al tempo stesso
incapaci di processare intense emozioni. Con loro non è semplice stabilire
un'empatia, soprattutto se a tentare di farlo è uno spettatore appartenente a
una diversa fascia d'età, ma al tempo stesso la scrittura matura e consapevole
permette di comprenderli, pur senza giustificarne gli atti, come nel caso del
problematico Nate, il cui disturbo narcisistico lo porta ad atti di violenza
assolutamente condannabili.
La serie, inoltre, può contare su interpretazioni
intense. A tal proposito tra gli attori troviamo volti già noti come quello di
Sydney Sweeney (C'era una volta…a Hollywood) e Jacob Elordi (The Kissing Booth). Zendaya, però, è stata la
rivelazione di Euphoria. La cantante ha, infatti, dato prova delle sue
abilità recitative, donando carattere a Rue, la protagonista principale degli
avvenimenti.
In più la critica ha apprezzato il fatto che Euphoria
mostrasse la cruda realtà degli eventi, senza cercare di indorare quanto doveva
essere denunciato. Tuttavia, quest'ultimo aspetto ha suscitato anche pareri
negativi per un'eccessiva rappresentazione di nudi e violenze, aspetti non sempre
adatti agli adolescenti. Raccontando di un teen drama, inoltre si prende il
rischio di cadere nei soliti cliché. Dunque Euphoria è una serie che ha
fatto parlare molto: per molti un capolavoro, per altri solo un teen drama
eccessivamente realistico. Euphoria risulta, per me, una serie
estremamente accattivante ed emozionante, anche se alla fine rimane un semplice
teen drama che è solo riuscito in grado di raccontare bene un mondo tristemente
reale. Sicuramente brutale sotto alcuni punti di vista, offre un ottimo
palcoscenico della complessità umana, indagando la psiche e le relazioni dei
suoi protagonisti. Non è di certo un capolavoro, ma per i temi trattati è
comprensibile che se ne parla. Nel bene o nel male. Alla fine non ci vuole
molto per dare scandalo con una serie tv – ci siamo passati con Élite -
basta spargere qualche scena di nudo qua e là, mostrare giovani dediti
all’annientamento di sé, magari soffermarsi con enfasi eccessiva su una
sfrenata libertà sessuale e il gioco è fatto. Molto più complicato è fare tutto
questo con stile. La narrazione di Euphoria è stata capace di cogliere
tutte le sfumature dell’adolescenza, risultando sapientemente orchestrata tra
dinamiche corali e indagine sulle singole personalità, anche se il filo
conduttore rimane comunque Rue, la cui storia copre l'arco di quasi tutta la
prima stagione, proponendo flashback alternati che ne indagano i trascorsi e la
sensibilità. Lo stile narrativo eccessivamente crudo, dunque, rende Euphoria
una serie tv diversa da molti altri teen drama in circolazione. Mentre in molti
prodotti appartenenti al genere la sfrenata libertà sessuale e l'abuso di
sostanze si percepiscono come una sorta di celebrazione dell'emancipazione
individuale, la scrittura di Euphoria sottolinea il vuoto che la
dipendenza crea.
La voglia di invincibilità dei giovani protagonisti si scontra, però, con la loro fragilità interiore e la solitudine, sentimenti che li accomunano. Il desiderio di provare qualcosa di forte, facendo esperienze e cercando di evitare o dimenticare la sofferenza, si trasforma in autodistruzione, la ricerca di un vuoto che fa star bene ma rischia di risucchiare tutto. Cosa succede quando, per scappare dal dolore che ti attanaglia, arrivi a farti ancora più male? Nulla di positivo. Ma quando sei adolescente e immaturo non vuoi vedere le conseguenze delle tue azioni. Così, nonostante nell'episodio pilota uno dei personaggi adulti affermi di ammirare le nuove generazioni per la loro libertà dalle regole, in cui lui invece si sente invischiato, la serie evidenzia come dietro la sfrontatezza e lo scintillio continuino a nascondersi insicurezze e momenti torbidi. Beh, lo sappiamo tutti: l'adolescenza fa abbastanza schifo. È un periodo della vita, a cui purtroppo nessuno può scappare, certamente complicato e difficile, in cui non si sa ancora bene che cosa si è e che cosa si diventerà. E questo, ovviamente, spaventa. In più, si vivono per la prima volta tutta una serie di nuove esperienze, alcune molto delicate, con cui non si sa come approcciarsi, e si va quindi a tentoni, sperando di fare sempre la cosa giusta. Ma chi sa davvero qual è la cosa giusta? Gli amici e le relazioni sono sicuramente una delle cose più importanti: l'affetto e l'approvazione altrui diventano l'unico modo per poter essere accettati un po' di più anche da sé stessi. E certamente le nuove generazioni, con l'avvento dei social media e di un'epoca in cui ci si sente sempre in dovere di mostrare la propria vita, vivono un'adolescenza ancora più difficile (e, perché no, pericolosa) di quella che, forse, avevano passato i loro genitori.
Euphoria, brillante e brutale, indaga proprio questi aspetti: la ricerca di sé stessi, che spesso però avviene tramite il rapporto con gli altri. E soprattutto, il nuovo mondo multimediale, che ha cambiato per sempre i giovani e le loro esperienze di vita, le conseguenze che ha portato nelle vite di giovani sofferenti. Euphoria mostra infatti, tra i tanti, anche i lati più pericolosi dei social media, chiave di comunicazione principale tra i nostri protagonisti e cardine dell'era contemporanea. Video di prestazioni sessuali che vengono fatti girare, foto erotiche strumentalizzate, il continuo mostrarsi e giudicarsi a vicenda. Una sfera che complica il tutto, rendendo ancora più insicuri. Un altro tema sicuramente centrale nella serie diventa poi il concetto di dipendenza, in qualsiasi sua forma. Dipendenza dalle droghe, ad esempio. Ma anche dal giudizio. Dipendenza dagli altri, per star bene con sé stessi. Elementi che contribuiscono a mettere in luce quanto i nostri giovani protagonisti (e i giovani in generale) si sentano sempre soli. E cerchino così, tramite queste piccole o grandi dipendenze, qualcosa a cui aggrapparsi. Una solitudine che oggi, nonostante gli apparenti legami dati dai media, si sente ancora di più. Perché quando lo schermo si spegne (e, di conseguenza, tutto quello che vi leggiamo o cerchiamo di leggerci sopra), che cosa rimane? Solo quello che siamo.