Quando è uscita
ci siamo un po' tutti meravigliati del titolo così lungo, però allo stesso
tempo incuriosiva già dal trailer. La donna nella casa di fronte alla
ragazza dalla finestra. Ok, ti stanchi solo a scriverlo. La prima
impressione, senza ombra di dubbio, è stata quella di attirare l'attenzione su
di essa e di incuriosire gli spettatori. C'ho messo un po' per decidere di
vederla, poi una sera l'ho divorata tutta d'un fiato, merito della brevità di
ogni episodio.
Effettivamente la miniserie ha un titolo che raccoglie in sé
le diverse anime che la caratterizzano, compresi i generi e i registri di
riferimento. Si intuisce dal titolo che avremo a che fare con un thriller che prende
spunto da titoli come La donna alla finestra (Joe Wright), La
finestra sul cortile (Alfred Hitchcock), L'amore bugiardo (David Fincher), La
ragazza del treno (Tate Taylor), un po' deridendo il genere del thriller femminile
contemporaneo.
Ci troviamo, quindi, di fronte a un mix di opera drammatica,
weird, thriller, giallo e con un tocco di commedia nera dissacrante e fortemente
umoristica. E contemporaneamente è un thriller psicologico, in cui la
confusione mentale della protagonista si estende al quella dello spettatore,
con un abile gioco tra ciò che la protagonista sa (o crede di sapere) e ciò che
lo spettatore vede (o crede di vedere). La serie non riesce, però, ad essere
pienamente drammatica per questo motivo. Peccato perché i momenti seri vengono
puntualmente interrotti da trovate a volte troppo grottesche (ad esempio la
scoperta dell'assassino). Situazioni classiche – la donna esaurita dal passato
traumatico, il vicino di casa sospetto, la presenza misteriosa nella soffitta,
il solitario paranoico che assiste al delitto, l'assassino impossibile – vengono
portate agli estremi con l'intento di ridicolizzare gli espedienti narrativi.
Il
ritratto di una mamma americana media con una cantina di vini sempre fornita e
il cassetto delle medicine stracolmo di flaconcini per ogni evenienza fa
sorridere all'inizio – anzi sono proprio i primi minuti ad ingannarci facendoci
credere che sia una serie drammatica vista l'evidente pazzia della donna - ma
presto le scene comiche e a volte drammatiche stonano con il thriller. L'humour
ci sta anche se la serie non solo vuole puntare su quello ed a volte
rimaniamo destabilizzati. Ed anche qui, alla lunga, tutti i colpi di scena
rischiano di essere ripetitivi e scontati, si ha sempre la costante sensazione
che sia tutto già visto, quando non dovrebbe essere così.
Ciò che realmente
vuole fare la miniserie è rovesciare ogni singolo cliché in funzione del
giallo, ma a volte dimentica di essere una serie comica finendo per inciampare
in un susseguirsi di quegli stessi luoghi comuni di cui dovrebbe farsi beffa; vorrebbe
forse, invece, intraprendere la strada della parodia consapevole premendo un po'
troppo.
La miniserie, dunque, si lascia scappare alcune scene e alcune scelte
che invece sconfinano nella parodia, più che altro nella forma della pura
esagerazione. L'intento parodico è più sottile, e si nota nel modo in cui
vengono trattate certe situazioni e strutture del genere thriller: la
ripetitività (il vino o i continui pasticci di pollo), la suspence, l'incredulità e il picco.
Anna è un'artista in crisi e al momento vive sola in una
grande casa di un classico quartiere residenziale americano. Un po' Wisteria
Lane, insomma, con le mammine stronzette, i segretucci, i prati ben curati. È
una donna alle prese con il dolore per la morte della sua bambina e il
conseguente divorzio dal marito Douglas, uno psicologo forense. Le giornate di
Anna sono sempre uguali: le trascorre in compagnia del bicchiere di vino, rigorosamente
colmo fino all'orlo, che mescola con le pasticche, ed insieme la portano ad
avere scompensi e allucinazioni varie, al punto che si dimentica che la figlia
è morta e la accompagna a scuola in accappatoio. Rimane con lo sguardo fisso
fuori dalla finestra leggendo thrillerini dozzinali e ad osservare la vita che
va avanti senza di lei. Finché un giorno un affascinante vicino si trasferisce
dirimpetto con l'adorabile figlia e Anna incomincia a vedere la luce in fondo
al tunnel. L'uomo dedica tutto il suo tempo alla cura della bambina e, come se
non fosse abbastanza, oltre a sembrare un ottimo padre è anche bello e
affascinante. Anna, finalmente, trova uno stimolo che ravviva le sue giornate. Neil
è vedovo, mentre Emma ha più o meno la stessa età di Elizabeth, la bambina che
Anna ha perso qualche anno prima.
La donna osserva i nuovi arrivati come una pazza
maniaca, fino a quando non si mette a flirtare con il nuovo vicino di casa,
illudendosi di avere una chance, per poi, però, non fare la sua comparsa la detestabile
e ovviamente fichissima fidanzata dell'uomo. Allora lo stalking diventa
necessario per dimostrare l'inettitudine della donna perfetta e invidiata.
Ecco,
però, che una sera Anna, dalle finestre di casa sua, con il bicchiere di vino
sempre in mano assiste ad un orribile omicidio della fidanzata del vicino, mentre
si trova sotto l'effetto di vino e pillole. La donna che vede, però, è
un'assistente di volo e il giorno dopo si trova già su un aereo sulla Costa
Occidentale. Della donna, però, non si trova alcuna traccia. Anna inizia a
sospettare proprio di Neil e del suo passato: la moglie è morta annegata, ma come ha
fatto ad annegare? Forse è stato Neil a buttarla nel lago. Anche una delle
maestre di sua figlia è morta durante una gita al faro, a cui Neil ha
partecipato come accompagnatore. Siccome nessuno le vuole credere, Anna inizia
ad indagare per conto proprio fino ad arrivare alla scioccante verità, ma non
prima di essere finita sulla lista dei sospetti…e a letto con l'indiziato
principale.
Gli otto episodi, come già detto molto rapidi (25 minuti circa), in
cui una donna con la dipendenza da alcool e pasticche, per di più affetta da
pluviofobia e ombrofobia (rispettivamente la paura della pioggia e delle
ombre), scorrono in maniera tale che lo spettatore si incuriosisca e si appassioni.
Grazie ad alcuni flashback, però, da subito ci rendiamo conto di ciò che non va,
ovvero la poca credibilità: come da tradizione nelle scuole americane, la
figlioletta di cinque anni viene affidata al padre per il famoso giorno del "Al
lavoro con un genitore", così da poter vedere da vicino di cosa si occupano
mamma e papà quando non fanno i genitori. Il papà in questione però è un
profiler dell'FBI che pensa bene di portare la figlioletta in un carcere di
massima sicurezza, facendola sfilare davanti a pedofili e cannibali come se la
stesse presentando ai colleghi delle poste. La vive con così tanta nonchalance
da farla assistere addirittura ad un interrogatorio con uno di questi e quando
il capo della sicurezza gli chiede un consulto in privato, lui è talmente tranquillo
che non si pone scrupoli a lasciare la bambina da sola niente meno che con un
efferatissimo cannibale pluriomicida, che senza alcun ripensamento se la mangia.
Letteralmente. A parte un paio di leggerezze etiche, morali e legali sulla
presenza di un minore all'interno di un carcere che non possono convincere lo
spettatore, proseguiamo poi con lo scoprire, poco prima del finale, che grazie
sempre all'acume dello stesso uomo che decide di assumere come tutto fare per
la famiglia niente di meno che un ex paziente che, oltre a metterci gli stessi
tempi necessari per la riparazione di una cassetta delle lettere, ha anche
ucciso la famiglia a martellate.
Anna deve
dimostrare a sé, al resto del vicinato e alla polizia che il delitto che si è
consumato davanti ai suoi occhi non è frutto della sua immaginazione. Per
questo si improvviserà detective per dimostrare di non essersi inventata nulla,
quando tutto e tutti sostengono e dimostrano il contrario. Kristen Bell, nei
panni di Anna, si trova nuovamente a fare la detective, dopo Veronica Mars.
E bisogna dire che in quei panni ci sta benissimo. Durante la ricerca della
verità, gli indizi saltano fuori dal nulla e le rivelazioni si succedono (e poi
contraddicono) in modo talmente assurdo e improbabile da far pensare che le
soluzioni possibili siano due: o l'intera vicenda è un'allucinazione partorita
dalla mente di Anna (se tua figlia è stata vittima di un serial killer, perdere
la ragione è il minimo) o ci aspetta una nuova rivelazione. Tra realtà e
fantasia, vediamo un'iniziale Anna alcolizzata ad una nuova Anna che decide,
grazie alle indagini che in un primo momento sembrano da stalker ossessionata,
come a volte possiamo essere noi donne di fronte ad un uomo affascinante, di alzarsi dal letto, farsi un caffè e,
finalmente, uscire di casa. Dopo aver buttato tutte le bottiglie di vino,
ovviamente.
L'episodio finale è molto trash, gioca in modo subdolo con le
nostre aspettative: se guardiamo alla miniserie come a un thriller serio e
tradizionale, e consideriamo certe sue esagerazioni come a dei veri e propri "errori" (cosa legittima, sia chiaro), allora il finale è semplicemente
orrendo, stupido, inaccettabile. Se invece partiamo dal titolo della serie,
così lungo e palesemente assurdo, e prendiamo le sue sbandate come una precisa
volontà di giocare con il genere con un mezzo sorriso sulle labbra,
allora l'ultimo episodio è così trash da far diventare memorabile la serie. L'incredulità
viene superata quando, infatti, assistiamo allo scontro fisico tra Anna e la
sua avversaria, alta un metro scarso, dal momento che la bambina sembra avere
la forza e le competenze di un pugile professionista, che la nostra
protagonista non sembra assolutamente in grado di fronteggiare. Ci chiediamo
inevitabilmente come tutto questo sia possibile. Forse solo una possessione
demoniaca avrebbe potuto dare una spiegazione plausibile a questa storia.
Sotto l'aspetto della scrittura non si può dire nulla, che
sul variante del thriller ha fatto un buon lavoro. Sembrerebbe quasi immergersi
in un prodotto simile alla Scary Movie, che si regge su un meccanismo
giallo piuttosto efficace, nel quale troverà posto, oltre a un epilogo aperto
che lascia intravedere la messa in cantiere di una seconda stagione, un colpo
di scena finale difficile da prevedere.
Un personaggio così complicato poteva
essere solo un po' più approfondito, poiché quello cui assistiamo è spesso il
manifestarsi di una maniacalità stereotipata e di maniera, che coglie soltanto
l'aspetto superficiale di tematiche che potevano essere sviluppate. Gli altri
personaggi ancora meno. Kristen Bell però - ma anche il resto del cast - è
bravissima a passare da un registro all'altro, non può che farci tifare per la
sua Anna anche quando sbaglia e, al netto di qualche trovata eccessivamente
surreale della trama, la serie è ben riuscita. L'intento iniziale de La
donna nella casa di fronte alla ragazza dalla finestra è chiaro: realizzare
una satira dark e comica di un filone cinematografico. Dire che questa serie
lascia perplessi è davvero riduttivo, generando confusione in chi la guarda che
non capisce se gli autori volevano fare un thriller comico, una commedia thriller
o una parodia demenziale. Nonostante le perplessità, la serie si lascia
guardare.