SEX AND THE CITY 2


Dopo il film del 2008 (la recensione qui), due anni dopo al cinema viene raccontata la vita delle famose newyorkesi cresciute ed ognuna con i propri problemi. Due anni dopo aver coronato il sogno del matrimonio con Big, Carrie riflette sulla vita da donna sposata: non ci sono più flirt e paillettes, ma vecchi film da vedere sullo schermo piatto su un divano. All'inizio la donna sembra contenta ma attraversa con Big il periodo della monotonia: Carrie, insoddisfatta perenne, è alla ricerca di non si sa che cosa, e Big, arrivato al terzo matrimonio, fa finta di scandalizzarsi per un bacio fugace della moglie con il suo ex Aidan, bacio che anziché allontanare i due innamorati sarà premiato con un diamante. Charlotte non trova un attimo per sé a causa delle due bambine che la fanno disperare, dovendo oltretutto convivere con il timore che la bella e giovane tata delle piccole possa con la sua fresca avvenenza tentare le voglie del marito; Miranda non pensa ad altro che al lavoro trascurando il tempo da dedicare al figlio, ma ci mette ben poco a capire le sue priorità; Samantha tenta di mantenersi sempre giovane seguendo scrupolosamente un programma a base di ormoni e creme in modo da rallentare il suo percorso verso la menopausa. Sarà proprio grazie a quest'ultima che le quattro voleranno ad Abu Dhabi.


Il viaggio negli Emirati Arabi, pagato da uno sceicco in un albergo super lussuoso, vuole riportare quel brio al film come ha voluto fare la prima pellicola senza riuscirci. E come nel primo film, anche qui, la città e il sesso tanto descritti nel titolo della serie perdono il centro. New York è solo qualcosa che si scontra con la cultura musulmana chiusa, retrograda e sessista. Tra cambi d'abiti gratuiti, passeggiate sul cammello con scarpe tacco 18, incursioni nel souk, ci sembra di stare in un cinepanettone italiano. 
Il film fa sorridere e ricordare quei vecchi anni della serie tv (qui la recensione), ma è anche vero che il tempo è trascorso e si sente che la scrittura non sempre è calibrata. La riflessione sulla sessualità si riduce a minime battute per qualcosa di diverso: su Vogue la caricatura di Carrie con un cerotto sulla bocca nell'aspra critica del suo ultimo libro, il cenno del capo di Miranda che le ordina a tacere, il bigottismo con cui viene guardata Samantha, libera sessualmente e indipendente, mettono in un angolo le ragazze. Sono solo "maschi intimiditi dalla voce femminile", ma non si può ridurre così la condizione della donna nel mondo islamico. Ciò che manca è proprio quella forza con cui si rompevano gli schemi.

Per quanto nella serie siano innegabili momenti e battute godibili, oltre che una buona costruzione dei personaggi, sembra irritante la descrizione di un mondo femminile troppo glamour e lontano dai tradizionali schemi. Il fatto che le trasposizioni mostrino il modello di una donna nuova si prosegue con un lavoro di banalizzazione già effettuato con il primo film, fino ad arrivare ulteriormente, in quest'ultimo, ad una mancanza di spessore delle quattro protagoniste. Tutto questo per una produzione ad altissimo budget con delle scenografie troppo esagerate che vedono la partecipazione per pochi secondi di Liza Minelli, Penelope Cruz e Miley Cyrus. 
Ogni cosa può sembrare tremendamente kitch (direi, anche insopportabilmente), come d'altronde lo stile originario della serie, ed è difficile immedesimarsi nelle protagoniste, ma se definiamo tutto il prodotto in sé come una fantasia completamente irreale, che permette a chi non si sente realizzata di poter sognare a occhi aperti, allora va bene.