ROMANZO CRIMINALE



La serie è tratta dall'omonima opera letteraria di Giancarlo Di Cataldo, a cui ha fatto seguito il fortunato film del 2005 diretto da Michele Placido; è stata prodotta e trasmessa da Sky in due stagioni (dopo Quo vadis, Baby? è la sua seconda produzione) ed è una delle pochissime serie italiane crime ad aver conquistato contemporaneamente l'apprezzamento di un pubblico adulto e giovane. La serie va oltre la fiction italiana e, per quei tempi, può essere definito un prodotto atipico all'interno del panorama televisivo italiano. Vanta di una buona regia che punta su un realismo crudo: narra le vicende, in chiave romanzata, della banda della Magliana degli anni '70. Le tipiche fiction sul genere hanno sempre raccontato di storie di carabinieri e poliziotti, in maniera anche troppo "buonista" (esempio di una buona fiction sul genere è Il capo dei capi), trascurando i "cattivi" e raccontando solo una parte della criminalità. In realtà Romanzo Criminale si allontana da questa linea, preferendo far comprendere anche l'animo degli antieroi, facendocene innamorare e portandoci ad empatizzare per loro. Per questo la serie è una creatura (non mi piace definirla "fiction") insolita: riesce a parlare di criminalità attraverso le figure dei villain, a cui si è sempre data meno importanza in Italia.
Essendo con il tempo diventata una fan di Romanzo Criminale (chi non lo è), questo mi ha permesso di documentarmi sulle reali vicende della banda della Magliana. A capo dell'organizzazione c'è il Libanese, corrispettivo fittizio di "Er Negro" (ovvero Francesco Giuseppucci), poi il suo amico d'infanzia Dandi, corrispettivo fittizio di Renatino (ovvero Enrico De Pedis), e infine il Freddo, corrispettivo fittizio di Crispino (ovvero Maurizio Abbatino).

Il merito fondamentale del successo della serie va riconosciuto all'abilità narrativa di De Cataldo ed alla sua capacità di realizzare un mix perfetto tra realtà e finzione: lo scrittore ha selezionato e valorizzato alcuni protagonisti principali delle vicende reali, modificandone la natura, i nomi e i caratteri, e puntando molto sulla loro introspezione psicologica e sull'interpretazione credibile degli attori del tutto naturale e senza filtri. Così nascono il Libanese (Francesco Montanari), il Dandi (Alessandro Roja) e il Freddo (Vinicio Marchioni), che insieme compongono un gruppo pazzesco, puntando molto sull'amore fraterno e sull'ironia. Un esempio di personaggio inventato è quello del poliziotto Scialoja, grande avversario della banda criminale.
Sebbene il film vincesse soprattutto per la forza del suo cast (Pierfrancesco Favino, Kim Rossi Stuart, Claudio Santamaria, Stefano Accorsi, Jasmine Trinca), invece che per la sua potenzialità rispetto al libro, la serie riesce a mettere a fuoco le personalità dei protagonisti in più tempi (si pensi alla figura del Dandi), sfrutta al massimo la suspence e ricostruisce pienamente il periodo storico narrato attraverso costumi, acconciature e automobili. Musiche, televisione, radio e immagini d'epoca rievocano alcuni degli eventi significativi di quei tempi dalla contestazione giovanile, al rapimento di Aldo Moro (alla banda venne chiesto, in un primo momento, di contribuire a ritrovarlo), al terrorismo nero degli anni di Piombo, diventando protagonisti della strage alla stazione di Bologna e interagendo con Cosa Nostra, Camorra e servizi segreti.

La prima stagione, composta da dodici episodi, verte sulla nascita della banda e sulla sua scalata al potere criminale nella capitale. La storia parte dall'unione di due batterie di delinquenti romani con l'obbiettivo di conquistare Roma: "Freddo è quello giusto" diceva il Libano.
Con la determinazione del Libanese, capo della banda, viene raccontata anche la storia di un'amicizia e lealtà con tutti gli altri componenti, grazie alla quale, in realtà, tutti sono capi di tutti. Quando il Libano diventa troppo impulsivo, arriva il Freddo, ma quando il Freddo raggiunge troppa razionalità, ci pensa il Dandi a ricordare lo scopo di ambizione.
Partendo da un sequestro di persona che assicura una cospicua somma di denaro, la banda è decisa a puntare sul traffico di stupefacenti, stipulando difficili alleanze e ammazzando gli avversari. Decisi a fronteggiare il Terribile (Marco Giallini) e diventare i conquistatori di Roma, le cose iniziano ad andare bene per la banda: i profitti aumentano sempre di più, i criminali diventano sempre più potenti e temuti e la loro fama raggiunge anche i vertici dello Stato. Con il commissario Scialoja, interpretato da un giovane Marco Bocci, prende forma il triangolo amoroso che vede coinvolto il Dandi e la prostituta, la sua compagna Patrizia. La prima stagione contiene anche i primi segnali di declino della banda, dagli screzi alla perdita sia fisica che d'equilibrio di alcuni componenti: si conclude con la decisione del Freddo di lasciare la banda e trasferirsi in SudAmerica e con il delirio mentale e l'assassinio del Libanese. Brutto, cattivo, rozzo e con il grugno stampato sul volto, era senza dubbio il mio preferito. L'attore Francesco Montanari è decisamente convincente e sembra che il ruolo del Libanese sia fatto apposta per lui.


Nella seconda stagione, composta da dieci episodi, la banda deve cercare di sopravvivere senza il suo capo, ricercare l'assassino e vendicare la morte dell'amico, fino alla caduta della stessa. Tutti i protagonisti subiranno grossi cambiamenti e il gruppo andrà piano piano sfaldandosi per trovarsi tutti contro tutti. Ancora centrali le figure del Dandi, del Freddo e del commissario Scialoja.

Fin da subito, però, con l'assenza del Libanese, emerge un'insanabile incompatibilità tra le personalità del Freddo e del Dandi. In particolare quest'ultimo, più scaltro e calcolatore, è pronto a consolidare i legami con i poteri forti, in particolare con la mafia, facendo emergere il suo lato egoista e sleale per pura ambizione, al contrario il Freddo, distrutto per i sensi di colpa per aver abbandonato il Libano, disprezza la possibilità di alleanza con la mafia, sperando sempre nel sogno di evadere dalla vita criminale e costruirsi un'esistenza alternativa. Il Dandi si è illuso di aver creato un impero e di avere tutti ai suoi piedi, soprattutto Patrizia, che si è decisamente stancata di lui. Il Freddo ha capito i suoi sporchi giochi e, dopo aver perso la sua donna e suo fratello, vuole chiudere con quella vita, cominciando prima di tutto a smascherare il Dandi. Il confronto tra i due è decisamente ai ferri corti e vediamo ciò che è rimasto della banda: due persone, un tempo amiche, ma che ora si odiano. Anche in questo caso la ragione del Freddo prende il sopravvento. Il Dandi non avrebbe mai ucciso il Freddo, così come il Freddo non avrebbe mai ucciso il Dandi. Insieme costituivano le due personalità del Libano: da una parte c'era quell'ambizione del Dandi e dall'altra la voglia di libertà del Freddo.
Sullo sfondo, come nella prima stagione, l'Italia degli anni '80, la scoperta della Loggia P2, i mondiali di calcio dell'82, lo scandalo del Banco Ambrosiano, la caduta del muro di Berlino. Accennato anche un possibile coinvolgimento nel caso Orlandi, facendone molta attenzione, a causa dei troppi aspetti ancora oscuri della vicenda.


Per questo, a differenza della prima stagione, scandita dall'ascesa della banda, nella seconda arriviamo al suo declino. Le due stagioni sono accomunate dal medesimo stile, dalla stessa cura nella scrittura e nella realizzazione. Ovviamente la prima è la più esaltante poiché, vuoi per la novità, vuoi per la presenza del Libanese, racconta qualcosa che nasce e cresce. Senza dubbio nella seconda stagione si avverte la mancanza della ferocia del protagonista, il personaggio più carismatico e probabilmente meglio caratterizzato nella serie. Anche per questo gli autori non lo fanno mai uscire del tutto di scena, attraverso flashback, ma poi arrivando anche a materializzarsi in alcune apparizioni nella testa del Dandi. Con questi espedienti resta il rischio che senza di lui gli altri personaggi risultino un po' macchiette sia nella caratterizzazione che nel senso di appartenenza al gruppo. D'altronde senza il Libano, la banda e Romanzo Criminale non esisterebbero.


Grazie a Romanzo Criminale, mi sono appassionata ai gangster movies, dapprima sempre evitati, ad attori come Al Pacino, ed a serie che puntano molto di più sul realismo che sulla "fictione".
Le scene emblematiche sono tante e appartengono la maggior parte al primo ciclo di episodi: la partita a pallone sulla spiaggia a Ostia; la discussione musicale esilarante tra Libano, Dandi e Freddo in macchina sulle note di You make me feel; l'uccisione del Terribile contemporaneamente al matrimonio di Scrocchiazzeppi e all'interpretazione di Fiorello, di Franco Califano, in Tutto il resto è noia; il Libanese che incendia la sua roulotte; il Freddo e Roberta che si innamorano al Luna Park; l'uccisione del Libanese con l'arrivo sotto la pioggia di tutti i componenti della banda.
Un altro punto di forza della serie è stato lanciare grandi attori italiani, all'epoca giovani sconosciuti, riscontrandone anche un'apertura mentale verso uno dei periodi più bui della storia italiana. 


I personaggi di Romanzo Criminale sono stati studiati così bene che li abbiamo amati e separarcene è stato difficile: sono diventati ormai dopo più di dieci anni personaggi di culto, portando la serie a una sorta di mitizzazione, ad esempio ricordando a memoria battute e ogni frase pronunciata come una sentenza: "Piàmose Roma", "Quanno sè arrivato 'ncima poi solo scenne", "Stecca para pe' tutti, tranne che a li Saretti", "Io stavo co' Libanese". 
Ciò ha dimostrato e dimostra ancora oggi che anche in tv si possono fare prodotti di qualità come Romanzo Criminale, che ha decisamente cambiato il modo di fare e di vedere la serie italiana, lasciando un segno in tutti questi anni. Dunque se l'avete persa recuperatela perché merita ed è praticamente impossibile non considerare Romanzo Criminale un vero e proprio capolavoro della serialità italiana.