VATICAN GIRL - LA SCOMPARSA DI EMANUELA ORLANDI


È da poco più di 40 anni che il volto di Emanuela Orlandi ci guarda sorridente con la propria fascia tra i capelli e gli occhi pieni di speranza. Quel nome si è ormai fatto sospiro, un contenitore di misteri cristallizzati all'interno di un'Italia che è andata avanti, mentre lei, Emanuela, è rimasta eternamente giovane, visione bidimensionale su manifesti e pixel televisivi. Un annuncio, una richiesta di rilascio, un'attesa eterna che il regista Mark Lewis tenta di raccogliere e restituire in formato documentaristico nella speranza di trovare una risposta, o quantomeno fare ordine tra le fila di un fatto di cronaca italiana vestito di mistero. Un mistero che ancora brancola nel buio: un interrogativo senza risposta, dai tratti di un best-seller. La peculiarità di Vatican Girl del 2022, docu-serie Netflix prodotta dalla società di produzione inglese RAW, in quattro episodi da circa 60 minuti l'uno che ripercorre il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi, è di fornire alcune valide (e meno valide) ipotesi (perché certezze, ad oggi, non ce ne sono) sul destino della flautista quindicenne, cittadina vaticana, della quale, a partire dal 22 giugno del 1983, si persero le tracce. E la serie lo fa percorrendo un fil rouge sdipanato dal giornalista Andrea Purgatori, che seguì il caso quando lavorava al Corriere della Sera (oggi conduce Atlantide su La7) e del fratello di Emanuela, Pietro, che non si è mai arreso. Ci sono poi le testimonianze di altri reporter italiani come Raffaella Notariale di Chi l'ha visto?, Ferruccio Pinotti e Fabrizio Peronaci, entrambi del Corriere, Emiliano Fittipaldi de L'Espresso, e inglesi come Larry Gurwin e americani (Richard Both della CBS), ognuno, per parte sua, portatori di nuove piste. 
Si tratta di un documentario che si può vedere in due giorni e, quando lo vidi, due anni fa non ho mai preso in considerazione di recensirlo.

Gli intervistati ripercorrono la vicenda, anche cronologicamente, a seconda di quando sono intervenuti. Pietro Orlandi, fratello di Emanuela, e le sue quattro sorelle, invece, ne sono stati protagonisti dal principio e continuano strenuamente ad esserlo anche oggi. Il padre di Emanuela, Ercole, mancato a 74 anni, era commesso della Prefettura della casa pontificia, e la madre Maria Pezzane è oggi molto anziana. La famiglia, da decenni, risiedeva in Vaticano che, non va dimenticato, è un altro Stato dove il Papa è sovrano. Come ricorda Pietro Orlandi, la sua famiglia ha servito sette papi e da cento anni vive nei territori della Santa Sede. Senza mai mancare di empatia, Vatican Girl ci propone quattro episodi che sviscerano quattro piste che, a turno nel corso di 40 anni, sono state accreditate come le più plausibili per spiegare che fine ha fatto Emanuela Orlandi: quella del rapimento per la richiesta di riscatto, la pista internazionale (con tanto di coinvolgimento del KGB russo e dei Lupi Grigi turchi), le presunte implicazioni della Banda della Magliana e della malavita e, infine, la pedofilia interna alle mura vaticane. Le quattro ipotesi sono sviscerate attraverso interviste, filmati di archivio, riproduzioni delle vicende e, soprattutto, testimonianze. In particolare, se si analizza bene in superficie la docuserie, si comprende come viene suggerita fin dall'inizio un'importante dicotomia tra prove reali e indizi palesemente falsi che hanno alimentato il mistero Orlandi dal 1983 passando ai giorni nostri. Non a caso la puntata 1 e 3 raccontano perlopiù le strade controverse e artificiali della vicenda, quelle insomma più dibattute perché poco credibili, mentre negli episodi 2 e 4 gli elementi più tangibili e concreti delle indagini che hanno una forte veridicità.

Il 22 giugno 1983 la famiglia attendeva Emanuela rientrare in casa: la giovane quindicenne era uscita per recarsi alla sua scuola di musica; la mamma aveva fatto la pizza, tutto appariva normale, a parte il caldo africano che c'era a Roma in quel periodo, elemento ricorrente nella serie è la radio che comunica la temperatura afosa della città nel giugno '83: 37 gradi. 
In tv è possibile scorgere le immagini di Papa Giovanni Paolo II appena arrivato in Polonia. All'uscita dalla scuola la ragazza chiama a casa, per avvertire la sorella maggiore di essere stata fermata da un rappresentante della Avon che le ha proposto alcuni prodotti cosmetici e di intraprendere il lavoro da rappresentante; e per dirle che sta per rimettersi sulla strada di casa. In quella casa, Emanuela non vi farà più ritorno. "Mi aveva chiesto di accompagnarla alla lezione di flauto e canto corale", racconta Pietro Orlandi. "Ma io quel giorno non potevo. Lei sbattè la porta e se ne andò". Iniziano le ricerche, prima nel centro di Roma e poi in tutta la città. Pietro ricorda quei momenti come un incubo, un fatto che poteva succedere solo in un brutto sogno; ma purtroppo era tutto vero. La famiglia Orlandi viene rassicurata dalle forze dell'ordine, sicure che si tratti di un allontanamento volontario. Intanto passano i giorni e la preoccupazione aumenta. 
La docu-serie Vatican Girl, a questo punto, ricorda una tappa fondamentale della vicenda: l'appello del pontefice che chiede la liberazione della ragazza. L'intervento del Papa polacco fa nascere degli interrogativi molto interessanti. A sottolinearli è Roth Richard, all'epoca dei fatti corrispondente a Roma della CBS. Il giornalista statunitense si chiede il perché dell'annuncio del pontefice. Quali sono le sue finalità? Sullo stesso argomento Andrea Purgatori si sofferma con più attenzione su alcuni precisi passaggi dell'intervento di Karol Wojtyla: "spero che tornerà dalla sua famiglia". Questa sintetica e benaugurante frase fa intendere, secondo Purgatori, che il Papa ha precise informazioni e soprattutto che la ragazza è ancora viva. Il ruolo di Giovanni Paolo II è centrale in questa complessa vicenda e Vatican Girl non tralascia di raccontare la visita del Papa in casa Orlandi, avvenuta pochi mesi dopo la scomparsa della ragazza. Dopo solo due giorni dall'annuncio del Papa, arriva a casa Orlandi la prima telefonata di un personaggio chiave di questa vicenda: L'americano. Un uomo, con un forte accento straniero, chiede la liberazione di Mehmet Ali Agca, l'attentatore del Papa. Solo in questo modo Emanuela potrà tornare a casa. La serie prosegue anche con momenti di speranza, in cui la soluzione del caso sembra vicina. Ciò avviene quando i familiari di Emanuela vengono convocati dagli inquirenti per una comunicazione urgente: la ragazza è viva e si trova in un convento del Lussemburgo. 
Passano gli anni e il mistero diventa ancora più fitto, fino al punto che la vicenda di Emanuela Orlandi si intreccia con un altro caso di scomparsa, quello di Mirella Gregori. Vatican Girl intende seguire ogni pista possibile, e raccogliere ogni testimonianza per fare ordine in un caso mediatico apparentemente senza fine. Il regista della serie giunge, sostanzialmente, a tre possibili ipotesi confortate da tante testimonianze non solo giornalistiche: parlano il capitano dei carabinieri Mario Obinu che seguì inizialmente le indagini; Sabrina Minardi, ex moglie del calciatore della Lazio Bruno Giordano, che dal 1982 al 1984 era stata la fidanzata del boss della Magliana Enrico De Pedis, detto Renatino - la cui tomba fu ritrovata nella Basilica romana di Sant'Apollinare, con una sepoltura fino ad allora riservata agli ecclesiastici - la quale confessa che la ragazza è stata rapita per minacciare direttamente il Pontefice che avrebbe finanziato i movimenti antisovietici polacchi, con denaro della mafia, quindi è stata ospitata e poi consegnata ad un prete in Vaticano; Marco Accetti, un millantatore che si autodichiara essere stato il telefonista apparso nei primi giorni della scomparsa di Emanuela e lo psicologo forense Stefano Ferracuti che gli attribuisce un disturbo narcisistico della personalità; l'avvocatessa Laura Sgrò che seguì un'ennesima pista che portò inutilmente a riaprire una tomba vuota (anzi due) al Cimitero Teutonico romano (sempre della Chiesa). Nonostante ciò, la versione dei fatti di Accetti sembra avere qualcosa di vero. Tramite lui, infatti, viene ritrovato un flauto che sembra proprio quello appartenuto a Emanuela. Dalla pista iniziale dei Lupi Grigi (propugnata da Mehmet Ali Ağca, l'attentatore di Papa Wojtyla: "liberate i nostri militanti e libereremo Emanuela") a quella, più concreta, del prestito fatto al Vaticano tramite il cardinale Marcinkus e Roberto Calvi e non restituito alla malavita, anzi investito dal Papa polacco per finanziare Solidarność fino a quella sessuale: la storia si fa, infatti, ancora più oscura e inquietante quando a parlare è un'amica di Emanuela, la quale racconta che qualche settimana prima della scomparsa, la ragazzina era stata "infastidita" da un cardinale molto vicino al Papa nei giardini del Vaticano. Dettaglio, questo, riportato per la prima volta nel libro scritto da Tommaso Nelli e dedicato al caso Orlandi, Atto di Dolore, uscito nel 2016. Spiega che era chiaro, si trattava di un comportamento inappropriato di natura sessuale: Emanuela non l'aveva detto esplicitamente, ma l'amica aveva compreso; il volto, la paura, lo spaesamento non lasciavano dubbi. Pochi giorni dopo, lei scompare. Emanuela non aveva avuto il coraggio di dirlo a nessun altro, neppure ai fratelli, e stringe il cuore sentire questa donna che, ancora terrorizzata da quello che le può accadere, si commuove perché si sente in colpa per aver taciuto un fatto che spaventa chiunque, ancora di più due ragazzine, nell' '83 nella Città del Vaticano. Ciò che appare più inquietante, in questa vicenda, è comunque il momento, riportato nella serie, in cui Pietro Orlandi riesce ad incontrare Papa Francesco e gli chiede della sorella. Il Papa risponde: "Emanuela è in cielo", Pietro ribatte: "Allora è morta?". E Papa Francesco ancora: "Emanuela è in cielo". Nessuno, prima, in Vaticano aveva detto che Emanuela era morta e nessuno in Vaticano ha voluto accettare di parlare con gli autori di Vatican Girl. Ed è paradossale che ad avvolgere il manto dell'omertà sia proprio quell'ambiente che al segreto del confessionale tiene fortemente. Il mistero della scomparsa di Emanuela Orlandi pare celarsi tutto lì, rinchiuso tra le mura del Vaticano, dove la fede ha lasciato spazio al dolore, la speranza alla disperazione, la luce del sole al buio del silenzio. Rimbombano le parole di Pietro Orlandi che con coraggio afferma: "L'unica cosa che so per certo è che il Vaticano conosce la verità". Il regista Mark Lewis con il suo Vatican Girl tenta di squarciare quel manto omertoso, dando voce a quei cuori frammentati dei familiari.

Per quanto coinvolgente, Vatican Girl vive comunque su un terreno non scevro di lacune. Sono buche poco profonde, certo, ma che risentono di una curiosità spettatoriale non completamente soddisfatta. Il coinvolgimento di Sabrina Minardi, che affermerà di aver conosciuto personalmente Emanuela Orlandi, è un punto interrogativo che meritava essere approfondito molto più a fondo di quanto fatto nel corso del secondo episodio; così come la testimonianza sconcertante e inedita della migliore amica di Emanuela necessitava di uno spazio ben più ampio di quello concessole. Scelte dettate da un running time prestabilito, certo, ma che avrebbero potuto benissimo essere maggiormente equilibrate rispetto a un racconto fin troppo diluito e dilungato come quello di Marco Accetti, presunto rapitore con l'accento americano che minaccia di uccidere Emanuela Orlandi se le autorità italiane non avessero subito rilasciato Mehmet Ali Ağca, ossia l'attentatore che due anni prima aveva cercato di uccidere Papa Giovanni Paolo II in Piazza San Pietro. Per quanto riguarda il lato più tecnico-registro, la docuserie si connota di un grande lavoro di repertorio tra fotografie, immagini-video dell'epoca e frammenti di telegiornali, inchieste e testimonianze varie. Vatican Girl la presenza di un voice over sta stretto; è una presenza superflua, inutile, soprattutto se a tracciare i contorni di una narrazione ancora senza fine sono i racconti dei famigliari di Emanuela, dei complici o pseudo tali del sequestro, di giornalisti e uomini di cronaca fattisi detective. In questo senso Vatican Girl risulta un prodotto riuscito, anche se, nella sua linearità narrativa, non si discosta molto da docu-serie simili, per cui la sensazione di già visto è molto forte. Forse serviva uno sguardo esterno, quello del regista australiano Mark Lewis, per cercare di fare chiarezza su uno dei casi irrisolti più intricati ed angoscianti del nostro Paese. Terrorismo internazionale, mafia, riciclaggio di denaro, politica, molestie sessuali, Vatileaks: la docu-serie sviscera uno per uno tutti gli elementi che hanno fatto da sfondo alla vicenda.

Quello della Orlandi è uno dei tanti misteri italiani a base di sassi lanciati da mani che poi si nascondono, di clamorose rivelazioni che poi si riveleranno bufale (mai, però, tanto evidentemente campate in aria da annullarne almeno una parziale credibilità); di mitomani che mitomani potrebbero essere solo fino a un certo punto; di complotti delle alte gerarchie ecclesiastiche e della finanza italiana legata alla criminalità organizzata. È paradossale che, in un caso così mediaticamente d'impatto, chi sa tace, mentre chi è costretto ad aspettare parla ancora e ricorda.