Massimiliano
Bruno rimette insieme la banda che torna a viaggiare nel tempo. Questa volta
Tognazzi, Giallini e Morelli vanno negli anni '70. Uscito nel 2019, il film omonimo di
Massimiliano Bruno è stato un successo. Prendendo ispirazione da film cult come
Ritorno al futuro e Non ci resta che piangere, il regista e
attore si è ritagliato il ruolo di Doc Brown all'italiana: è proprio il suo
Gianfranco a rendere possibile il viaggio nel tempo in quella che ormai è una
saga, giunta a conclusione tre anni più tardi rispetto al primo film con C'era
una volta il crimine. Usciti post pandemia, il secondo e il terzo capitolo
- che nel frattempo hanno visto Giampaolo Morelli prendere il posto di
Alessandro Gassman accanto a Marco Giallini e Gianmarco Tognazzi - non hanno
però avuto la stessa fortuna del primo film. Nonostante questo la squadra ci riprova,
cambiando schermo.
Dopo aver incontrato la madre in un happening
della controcultura italiana a casa di Duccio Casati, un ricco borghese dalle
idee progressiste che ha preso a cuore la causa dei ragazzi del movimento
studentesco, Giuseppe commette un grave errore salvando sua madre Linda da un
attentato, modificando il passato e dunque anche il presente. Al loro ritorno
l'Italia è in preda di una dittatura: un presente in cui i fascisti hanno vinto
e il pugno violento del regime si abbatte su tutti, con coprifuoco,
interrogatori a base di manganello e divise nere. Anche questa volta i
protagonisti devono provare a sistemare il disastro fatto da loro stessi,
aiutati sempre da Gianfranco, che contemporaneamente ha creato un loop
temporale in cui cerca di far segnare il rigore a Baggio nella finale contro il
Brasile dei Mondiali del '94.
Moreno è un chitarrista rock, Giuseppe un "mago della finanza
creativa", e Claudio un aspirante scrittore in procinto di sposarsi.
Quando tornano indietro nel tempo si troveranno immersi in un complotto
politico e insieme agli studenti comunisti cercano in tutti i modi di salvare
il paese dal fascismo, a costo di infiltrarsi tra le maglie del Golpe Borghese.
Il cast di Non ci resta che
il crimine - La serie insieme funziona ancora, ma la prova interpretativa
di Giallini produce una forte malinconia e così un'improvvisa comicità, che fa
da contraltare al tono invece decisamente più buffo, scanzonato, eppure solido
di Morelli, Tognazzi e Bruno. Per fortuna a sostenerlo ci sono anche due facce
nuove, i bravi Maurizio Lastrico (Duccio) e Liliana Fiorelli (Marisa). Tra una gag e l'altra, la serie prova
a dare un po' di spessore alla storia mostrando come, nonostante i progressi
fatti, basti un niente per tornare indietro; ma il tono rimane quello
goliardico degli amici che commentano le partite al bar, anche perché in tutta
la saga, e in particolare in questa versione televisiva, la storia d'Italia è
rievocata e resa indelebile nella memoria dei personaggi non tanto da fatti
storici ma proprio da eventi legati al calcio. Sicuramente uno spirito e un
umorismo che fanno presa su un certo tipo di pubblico, ma che ormai sono
arrivati a esaurirsi.
La serie, infatti, riesce laddove tre (tre!) film non
erano riusciti, ovvero dare ai protagonisti uno spessore che vada oltre la
semplice battuta o gag e raccontarne dei lati davvero inediti. Ecco che,
quindi, il motore scatenante di questo nuovo viaggio nel tempo non è un crimine
vero e proprio, ma la ricerca della vera famiglia di Giuseppe; il burbero
Moreno finalmente s'innamora e rivaluta il padre, mentre Claudio trova davvero sé
stesso nel disperato tentativo di affermarsi nel passato appropriandosi di
grandi successi di oggi. E
allora il calcio, i paradossi temporali, i rapporti familiari, la ricerca
identitaria, sono tutti temi cari al regista e tenuti insieme da una delle
ossessioni di sempre del suo cinema, ovvero la politica: femminismo,
rivoluzione studentesca, ambiente fricchettone.
Non basta, però, a dare a Non ci resta che il crimine - La serie un suo senso: la saga potrebbe continuare con nuovi viaggi nel tempo, ma il rischio è davvero di creare un loop narrativo da cui quel pubblico che Sky voleva raggiungere potrebbe finire con il fuggire.