Dopo tantissime diverse famiglie comedy che ci hanno
accompagnato e fatto sorridere nei momenti tristi, la "work family"
del Distretto 99° della città di New York, Brooklyn Nine-Nine, la comedy
di FOX (e poi di NBC), con protagonista Andy Samberg, viene prodotta alla guida
di Michael Schur.
Uno degli aspetti più difficili per Brooklyn Nine-Nine
è proprio il plot di partenza, ovvero far ridere in un distretto di polizia,
solitamente scenario di casi e di sequenze drammatici, come è tipico nei
procedurali. È una sitcom dalla parlata veloce che fonde giochi di parole
intelligenti con gag stupide, sullo sfondo del sempre leggermente ridicolo. Battute
al fulmicotone, ritmo vivace e frenetico, com'è tipico del genere poliziesco, ma
declinato sapientemente in salsa comedy, per ridere in modo intelligente, non
del mestiere ma dell'ufficio, dove accade "la magia".
Nel corso delle
stagioni (8 in tutto), la serie ha continuato ad alzare la posta in gioco delle proprie gag,
come la parodia in modo evidente e divertito del film Die Hard. Per
fortuna la comedy è apprezzata da pubblico e critica negli USA, nonostante gli
ascolti non esaltanti in Italia e, come spesso capita soprattutto negli ultimi
anni, in cui questo genere ha sofferto anche a causa del Covid-19, questo ha permesso alla serie dopo
cinque stagioni in onda su FOX, in seguito alla cancellazione da parte di
quest'ultima e grazie alla produzione Universal, di continuare il suo
"naturale" corso su NBC "tornando a casa". Dopo sesta e settima,
un'ottava stagione è terminata due anni fa e, in Italia, è stata trasmessa su
Netflix, con tutte le altre stagioni al completo. Infatti in Italia le
prime tre stagioni sono andate in onda su Comedy Central per poi trasferirsi
dalla quarta su Netflix. L'ho vista per intero sulla piattaforma in
questi ultimi anni, poiché non è una serie classica da divorare come Friends,
e ci mette un po' di stagioni ad ingranare. In particolare, bisogna aspettare
almeno la quinta per arrivare a situazioni più avvincenti, come ad esempio il
matrimonio tra Jake ed Amy. Quando, infatti, si parla di comedy, di solito
l'apice viene raggiunto intorno alla quarta o quinta stagione, nonostante tutti
i suoi alti e bassi. È questa la soglia oltre la quale questo tipo di show
inizia poi a calare, a tirare una storia che, alla fine, finisce per diventare
stanca e ripetitiva. Sitcom che, per quanto mi riguarda, fa soprattutto sorridere
ma non ridere a crepapelle.
Siamo a New York City, negli ambienti della celebratissima
NYPD. Nello specifico, siamo nel Distretto 99°, un luogo pieno di personaggi
davvero unici e particolari, che sapranno farvi innamorare di loro in pochi
minuti. A partire da quello che (almeno formalmente) è il protagonista dello
show, il detective Jake Peralta. Immaturo, sconsiderato, poco ligio alle regole
e troppo svogliato ma, attentissimo al proprio dovere, è pronto a risolvere
ogni caso che si troverà davanti. Nonostante il suo comportamento immaturo, Brooklyn
Nine-Nine lo mostra come sinceramente dedito al suo lavoro e un
abile detective. Al suo fianco ci sono tante altre figure, ciascuna con i
propri quirk e le proprie passioni. Si tratta, in fondo, di una comedy corale in
cui tutti i protagonisti sono importanti (sì, anche Hitchcock e Scully). La
forza di Samberg, grazie al quale ha conquistato un Golden Globe nel 2014, è
che il suo Jake Peralta è uno che si atteggia, ma allo stesso tempo è uno
"sfigato", come tutti gli altri, che non vince veramente e che per
questo lo spettatore può sentire più vicino a sé, oltre ad avere un buon cuore.
La forza dello show non si incentra - o non troppo - sui casi di puntata, ma
appunto sui caratteri dei personaggi, sulla loro evoluzione e sulle relazioni
interpersonali nel distretto e fuori dallo stesso, soprattutto per chi come i
poliziotti è spesso "sposato col proprio lavoro". Il capitano Holt,
di poche parole, è irreprensibile fin dalla statica mimica facciale, ed è un
nero sposato con un uomo bianco; Jeffords, secondo in comando di Holt, è
sposato e con due figlie (che si chiamano Cagney e Lacey come le due
protagoniste della serie New York New York), è roccioso ma dall'animo ingenuo e
ha una fissa per gli yogurt; Amy Santiago (Melissa Fumero) è una detective
ordinata, precisa, affidabile, che cerca continuamente l'approvazione di Holt;
Charles Boyle, detective migliore amico di Jake nonché suo fan numero uno, è
sempre pronto ad adularlo ed è un inguaribile ottimista; Rosa Diaz (Stephanie
Beatriz) è la detective più badass del distretto, che odia i sentimenti e le
chiacchiere inutili; infine, la segretaria di Holt, Gina Linetti (Chelsea
Peretti), amica d'infanzia di Jake, è colei che ha sempre una visione tutta sua
della vita e del proprio lavoro.
A loro si aggiunge la "coppia" di
detective più sedentaria mai vista, che ama il lavoro d'ufficio e ancorato alla
scrivania, anziché l'azione "là fuori": Hitchcock e Scully. Oltre a proporre numerose massime
e freddure, sono anche protagonisti di un episodio memorabile della sesta
stagione (06x02), o ancora in uno della terza, in cui Rosa vuole smascherarli
per aver mangiato il suo pranzo, fino alla scommessa contro di lei sul rimanere
seduti il più possibile (05x05). Le due macchiette comiche del distretto sono ben
caratterizzate: amanti del cibo e del lavoro di ufficio.
Nel corso degli anni la comedy ha creato, come spesso capita, tanti tormentoni, come il "Cool, cool, cool" di Peralta, l'annuale assurdo torneo interno organizzato dal Distretto per Halloween. Oppure personaggi ricorrenti, come "l'Avvoltoio", la nemesi di Peralta, o la nemesi di Holt, la perfida Madeline Wuntch. Ma ci sono anche i
momenti topici, come quando nella quinta stagione, durante un riconoscimento da
una parte di una testimone, Peralta fa cantare ai sospettati I want it that
way perché era il brano che intonava il colpevole al momento
dell'aggressione. Oppure si pensi all'episodio "La scatola", quattordicesima
puntata della quinta stagione, considerato uno dei più grandi "bottle episode" della storia della tv (anche grazie ad una straordinaria performance di Sterling
K. Brown). Come già citato, con il sesto episodio della prima
stagione ("Halloween"), la serie ci propone una
vera e propria novità, una sfida tra poliziotti a rubare un determinato oggetto
senza farsi scoprire e chi vincerà riceverà un riconoscimento, ricorrente poi in tutte le altre stagioni. Che sia un
interrogatorio con i minuti contati ("48 ore", 01x07), inseguire un truffatore
d'identità e ladro di macchine ("Il bandito delle Pontiac", 01x12), o il
semplice ambientamento all'arrivo del nuovo capitano ("Il nuovo comandante",
01x01), le storie di polizia ci vengono raccontate con una leggerezza mai
banale e con delle battute pungenti al punto giusto. Tutti questi episodi, e
molti altri, riescono a bilanciare in maniera ottimale l'equilibrio dello show
tra "lavoro" e relazioni, dando alla serie una immagine più o meno realistica
di questo duro lavoro.
Il rapporto di Jake con Amy nasce nell'immediato, come una
semplice amicizia, fin dalla prima stagione, ed è una storia reale che cresce di
stagione in stagione; la loro storia, però, nasce solo nella terza stagione in
cui, dopo essersi rincorsi più e più volte, finalmente entrambi si dichiarano il
loro amore reciproco. Jake è un detective che detiene il record di maggior
numero di arresti e questo alla detective Santiago non va giù, tanto che verrà
spesso presa in giro per questo motivo dal protagonista. Il ragazzo è da sempre
innamorato di lei, ma la ragazza ci mette un po' più di tempo per capirlo. I
due finiranno per diventare marito e moglie e avere un figlio nel corso della
penultima stagione. Se Jake è l'adulto che non ha ancora imparato a crescere,
Amy Santiago è la sua controparte in tutto e per tutto, essendo una persona molto
intelligente e devota detective al suo capitano e al regolamento. Entrambi
insieme cresceranno molto nel corso della serie: Jake, da infantile diventerà
una persona matura, costruendo una famiglia insieme ad Amy; dall'altra parte
lei diventerà sergente e mostrerà di essere una donna con i pantaloni e che, a
differenza di molti pregiudizi maschilisti, non rinuncerà mai alla carriera a
discapito della famiglia. Un amore semplice, vero, perché non fatto di tira e
molla, come nella maggior parte delle serie, ma di gioie e difficoltà da
superare insieme.
Non solo loro due crescono all'interno del Distretto. Anno
dopo anno, ognuno di loro è, infatti, progredito sia nella carriera che nella
vita personale: grazie all'esperienza nel 99° Distretto, il rigido Capitano
Holt calerà le sue difese, mostrando le sue stranezze e vulnerabilità, e che
diventerà vice commissario in un altro distretto. L'immaturo Jake imparerà, invece, a riconoscere i suoi sbagli e ad accettare i consigli degli altri,
rinunciando alla carriera per far proseguire quella di Amy (che da detective
diventa Sergente e poi a Tenente nell'ultimissimo episodio). E l'impassibile e
spaventosa Rosa mostrerà il suo cuore d'oro grazie al sostegno di una squadra
che l'amerà per esattamente ciò che è e non la giudicherà quando vorrà lasciare
il Distretto. Anche il Sergente Terry, nel corso della serie, diventerà Tenente
e, nell'ultimissimo episodio si scoprirà essere diventato il Capitano del 99°. Ed
è così che siamo arrivati all'ottava stagione, un ultimo capitolo che è stato
riscritto affinché potesse affrontare anche gli eventi reali che hanno
sconvolto il nostro mondo, dallo scoppio della pandemia fino alle proteste
legate al movimento "Black Lives Matter". Nonostante la sua natura comica, lo
show non ha mai glorificato la polizia americana. E con l'ultima stagione ha
riconfermato le sue intenzioni, attraverso un alternarsi fra episodi più
leggeri ed altri decisamente più seri, in cui ci è stato mostrato come gli
eventi di cronaca avessero avuto un impatto sui personaggi. Nonostante
l'epilogo ci lasci con un senso di soddisfazione e completezza nel vedere i personaggi salutare il Distretto, non possiamo, infatti, negare quanto la creazione di Goor e Schur avesse ancora tutte le carte
in regola per andare avanti, senza trascinarsi o snaturarsi. Dopo che, infatti,
le porte dell'ascensore si chiudono, i nostri beniamini tornano a farci
sorridere. A farci rivivere la gioia dell'Halloween Heist, una colonna portante
dello show che ci lascia, inoltre, con una grande consapevolezza: avremo sempre
modo di tornare al 99° Distretto, che sia attraverso un rewatch o, chissà, una
nuova inaspettata stagione. Un altro giro di giostra che, ancora una volta, ci
farà esultare con un esuberante "Nine-Nine!".
Un po' come avveniva nel mai troppo compianto Scrubs,
il team di personaggi e dei loro interpreti sul piano comico funzionano
egregiamente e sono un bersaglio continuo di stravolgimenti dei loro ruoli e
caratterizzazioni: l'effetto comico scaturisce quando queste persone vengono
disattese agli occhi dello spettatore, come ad esempio col palestrato sergente
di colore Terry che, nonostante l'aria da duro e il fisico da urlo (per i criminali), nasconde un
carattere tenero da padre di famiglia con gusti più raffinati; oppure il già
citato capitano Holt, che contrappone la sua rigidezza e austerità nei
comportamenti con la sua omosessualità dichiarata, ma mai sfruttata a
sproposito. Infatti molte tematiche importanti, nella serie, sono state
affrontate. Diversità e inclusività sono state le parole d'ordine per Brooklyn
Nine-Nine fin dagli esordi, dato che il capitano del Distretto, Raymond
Holt, è non solo afro-americano ma anche dichiaratamente gay e sposato, e ha
dovuto fare coming out in polizia in un periodo particolarmente difficile come
gli anni '80, come spesso racconta nello show. Anche il sergente Terry Jeffords
è di colore - in un episodio della quarta stagione è vittima del pregiudizio
razziale di un poliziotto bianco mentre è fuori servizio nel quartiere - e Diaz
e Santiago hanno origini latine.
Nella comedy ci sono stati casi più o meno
ispirati alla "vita vera" ma sempre in funzione della storia dei
personaggi che si andava a raccontare, più che il contrario. Di recente, però,
con la terribile morte negli USA di George Floyd e il movimento del "Black
Lives Matter", la situazione per la polizia si è molto complicata, e quindi
ironizzare su di essa in tv ancor di più.
La forza di uno show come Brooklyn
Nine-Nine sta proprio qui, nei suoi personaggi. Una squadra piena di
sfaccettature e caratterizzazioni originali, che è difficile restituire in un
rapido elenco. L'idea del team variegato, con tanti personaggi amabili proprio
per la loro umanità, tra pregi e difetti, è una costante nei progetti di questo
autore. La caratterizzazione spesso stereotipata dei personaggi – costante
nelle serie comedy - è sempre aperta a nuovi sviluppi nel corso delle stagioni:
è un esempio il personaggio della glaciale Rosa Diaz, che nelle ultime stagioni
ha iniziato ad indagare meglio la sua identità sessuale fino a raggiungere una
soluzione apprezzata dalla comunità LGBT. Una cosa che Brooklyn Nine-Nine
costruisce molto bene è, infatti, il carattere dei personaggi femminili, ben
scritti: essi sono forti (Rosa), nevrotici (Amy) e subdoli (Gina).
Oltre al
razzismo, ben sviscerato in tutte le stagioni, altre tematiche - femminili - affrontate sono,
dunque, l'amicizia, l'amore, la maternità, l'iniquo trattamento delle donne sul
lavoro, l'adozione e l'identità sessuale.
Da The Office a The Good
Place, Schur ha dimostrato di essere straordinario nel creare "famiglie" non convenzionali. E soprattutto di farci ridere. E se è vero che con il tempo Brooklyn
Nine-Nine ha perso un po' del suo smalto (come capita spesso a show con
così tanti episodi), ha mantenuto fino alla sua conclusione un livello molto
alto.
Se siete in cerca di uno show leggero e divertente, che sappia regalarvi anche qualche momento davvero emozionante, Brooklyn Nine-Nine è esattamente quello che stavate cercando. Uno dei maggiori cult degli anni '10, soprattutto nell'ambito comedy, che è stato capace di conquistare un pubblico gigantesco. La comedy sorprendentemente non si configura come una serie che prende in giro i poliziotti, tutt'altro, ci mostra il lato buono della polizia, la polizia che fa il suo lavoro, la polizia e le sue incredibili rivalità ed i vari membri del Distretto, il punto di forza su cui si basa la serie.