Élite 6: un altro buco nell'acqua


A distanza di pochi mesi dal rilascio di una quinta stagione (qui) che aveva contribuito a dividere ancora di più pubblico e critica, ecco che Netflix compie il suo ennesimo rischio con gli studenti di Las Enchinas, per la precisione a fine novembre scorso. Il prodotto spagnolo ideato da Carlos Montero e Darío Madrona ha dimostrato di avere un po' più da dire, più di quanto abbia fatto negli anni precedenti. Non che ne abbia mai avuto molto. Pur trattando tematiche scottanti che hanno fatto discutere ma anche incuriosire, con Élite 6 la storia continua sulla scia di un trauma proveniente dalla stagione passata che si riaffaccia come tema portante del ritorno su Netflix.

Dopo la tragica morte di Samu (Itzan Escamilla), uno dei personaggi principali della serie (qui la recensione), avvenuta proprio durante lo scorso finale di stagione, un nuovo anno scolastico sta per iniziare a Las Encinas, ma qualcosa è morto anche in Élite. Tentando di nascondere i segreti di un passato ormai macchiato di rosso sangue, i protagonisti tentano di farsi strada in una nuova vita, nella quale però vivono onnipresenti i fantasmi delle loro precedenti azioni, divenute ormai incancellabili. Con l'uscita di scena di volti ormai cari ai fan di lunga data, Élite 6 si appresta ad accogliere, come di consueto, nuovi personaggi e nuove storie. I tre fratelli Ari (Carla Diaz), Mencía (Martina Cariddi) e Patrick (Manu Ríos) vivono ormai da soli, dopo che il padre, Benjamín, tirannico CEO di Las Encinas, è stato arrestato. I tre sembrano piuttosto disorientati. Ari è attratta allo stesso tempo da Nico, un ragazzo che ha fatto la transizione da donna a uomo, e da Bilal, un cameriere che lavora nel nuovo locale di Isadora (Valentina Zenere). Lo stupro subito dal personaggio di Isadora, la quale cerca giustizia, diventa il centro di tutte le storyline che vanno diramandosi nella narrazione, molto più di quell'incidente iniziale che solitamente contraddistingue ogni stagione, toccando i problemi della mascolinità tossica e dell'accettazione di sé stessi. Stavolta la serietà dell'argomento pesa sui toni e sulle svolte intraprese dai protagonisti, per una storia che vuole cercare davvero di farsi spettro delle conseguenze di un atto così abominevole e di quanto sia arduo quando non si viene creduti. Ed è proprio il personaggio di Isadora che ci sorprende, come era successo con Cayetana nella stagione precedente, andando sempre più a fondo nella questione dello stupro. 
Altre tematiche che si aprono riguardano la questione della transfobia con l'introduzione del primo protagonista transgender della serie, le questioni che lo mettono in relazione con gli altri, nonché l'affezione a un corpo in cui non ci si sente a proprio agio e per cui si cercano delle soluzioni. Raccontando la sua storia, la serie è riuscita anche ad entrare più a fondo anche nel tormento di Ari, che ha perso da poco Samu, dal momento che inizialmente sembrava quasi dimenticarsene. Affoga i dispiaceri nell'alcol e usa il sesso per stare meglio. In seguito la ragazza si scopre voler affrontare la sua morte; alla fine della stagione, però, avremo la notizia della sua gravidanza. I dubbi di chi sia il padre ci sono anche se vedremo che la ragazza vorrebbe in cuor suo che il padre sia Samu. 

E c'è infine anche la denuncia della violenza sulle donne, quelle prigioniere di un rapporto instabile, in cui vengono mostrate le diverse fasi di negazione, accettazione, ricaduta e uscita da quella situazione, la quale rimane però addosso come i lividi di chi dice invece di amare, con l'introduzione dei personaggi di Sara e 
Raúl, una coppia di influencer con cui lega Mencía . 
Patrick, invece, sembra davvero legato a Iván, figlio del calciatore Cruz, che a sua volta in qualche modo brama ancora Patrick. Le cose sembrano andare bene tra loro fino a quando Iván  viene sconvolto dalla morte del padre, dopo aver fatto da poco coming out alla stampa, allontanando bruscamente Patrick. 
Élite è una di quelle serie che fanno un ampio turnover nei personaggi, con uscite di scena e nuovi ingressi a ogni stagione. E questo rende più difficile affezionarsi a loro. Per la prima volta, infatti, non abbiamo la presenza nel cast di volti storici della serie (prima e seconda stagione), ma si assiste a un completo rinnovamento, con l'unica presenza di alcuni personaggi entrati nel cast dalla quarta e quinta stagione, quali Ari, Patrick, Mencía  – che molto probabilmente non vedremo più, insieme al personaggio di Benjamín, uscito di prigione grazie all'appoggio dei figli e pronto a partire per salvare Mencía dall'accusa dell'incidente che ha visto coinvolto Iván (in realtà nel finale si scoprirà che al volante non si trovava Mencía, bensì Sara, che insieme al fidanzato ha nascosto le prove), e Isadora, il cui destino ancora non si sa quale sarà – sicuramente, risolto il suo caso, l'abbiamo visto trasformata. Qui ci viene mostrata, complice anche di quello che ha subito, di essere una ragazza come tante, di avere anche lei sensibilità, emotività e tante fragilità: qualcosa che sicuramente ha aiutato lo spettatore ed empatizzare con il personaggio di più rispetto alla stagione precedente. Dídac, amico d'infanzia di uno degli stupratori di Isa, si avvicinerà piano piano alla ragazza quando capirà la colpevolezza dell'amico. Come si vede nei primi istanti di questa sesta stagione, Iván viene investito da un'auto che, dopo averlo colpito, frena di colpo per poi ripartire e lasciare il corpo disteso sull'asfalto. Un mistero che cercherà di dissiparsi con lo scorrere degli episodi. Da qui la decisione di partire della famiglia Blanco e lasciare per sempre la serie. 

Dunque abbandonare continuamente i personaggi, e sempre quelli più amati e riusciti, fa calare l'attenzione rispetto alla serie, facendo venire a mancare così quell'aspetto di fidelizzazione che è la fonte del successo di una serie tv. E introdurre nuovi personaggi è sempre rischioso, perché possono essere meno riusciti e interessanti dei precedenti. I personaggi sembrano insomma essere figurine, scacchi che vengono mossi sulla scacchiera della trama dai creatori più per creare mosse ad effetto che per vivere di vita propria. Fino alla stagione 3 (qui la recensione delle prime tre) il gioco tutto sommato funzionava. Nelle ultime stagioni di Élite (quarta e quinta) i personaggi fanno sempre scelte improvvise, incongrue, immotivate. Così, ad esempio, un personaggio come Ari, ragazza istruita, intelligente, qui diventa una ragazza poco aperta mentalmente: in qualche modo è attratta da Nico e allo stesso tempo da Bilal, perché "diversi", ma nei suoi dubbi e nei suoi discorsi si dimostra transfobica e razzista, oltre che impacciata. È una cosa che non le appartiene. Alcuni rapporti d'amicizia sono dipinti in maniera sincera, come quello tra Isadora e Iván, altri invece sono trattati in maniera superficiale, e questa è un'altra delle grandi pecche della serie. L'unico personaggio davvero ben caratterizzato, e maturato incredibilmente dalla sua prima apparizione, è Mencía, vera femminista della serie: coraggiosa, intraprendente, intuitiva e solidale con le altre compagne. La prova ce la fornisce quando si mette in testa di voler aiutare Sara nello scappare dalle grinfie di Raúl . In sintesi ci ritroviamo alla fine di questa stagione che non è rimasto più nessuno dei personaggi originali che conoscevamo. E anche Élite non è più la stessa. Ormai lo diciamo da tempo, ma abbiamo solo adesso la certezza.


C'è da dire che, però, Élite, pur facendo un salto in avanti, rimane sempre nei suoi limiti, finendo a portare all'estremo alcune dinamiche relazionali all'interno della stagione. Élite 6 tenta quindi la difficile prova dell'inclusività, prova che sempre più show televisivi e prodotti cinematografici si trovano ad affrontare, e molto spesso con risultati mediocri. E anche Élite 6 cade in questa trappola. Il razzismo, sviluppato con il nuovo personaggio di Rocío, è trattato superficialmente, così come la transfobia e l'abuso sessuale, dove i colpevoli sembrano quasi essere assolti. Non basta quindi inserire argomenti del genere per ottenere consensi, ma occorre anche analizzarli nel modo corretto, mantenendoli coerenti con quello che è l'arco narrativo proprio di ciascun personaggio. Il tutto sorretto dalla scrittura troppo frettolosa, che dà corda a quantità di elementi piuttosto che alla qualità. 
Élite 6 è il culmine dell'assurdo e della ripetizione: stesso posto e stessa scena, con una storia confusa priva di quel mix di attrazione e glamour, solito portatore delle stagioni precedenti.

Le campanelle di Las Encinas non hanno ancora suonato per l'ultima volta e, infatti, Élite è già stata rinnovata, sorprendentemente, per una settima stagione (eccola qui) che vedrà il ritorno tanto atteso di uno di questi volti storici, Omar. Non resta, quindi, che aspettare il prossimo anno. Speranza o minaccia? Alla fine l'abbiamo capito che una serie come Élite potenzialmente potrebbe andare avanti all'infinito. Per diverso tempo, Netflix non ha mostrato alcuna pietà nel cancellare serie dal suo catalogo, mentre ha insistito nel voler spremere fino all'ultima goccia il successo di Élite, anzi: la piattaforma streaming si fida talmente tanto della serie che ha deciso di rinnovarla per una settima stagione ancora prima della première della sesta e prima di poterne analizzare i dati di ascolto. Come ci aspettavamo fosse Élite 6, ormai la serie non si è dimostrata altro che una che scimmiotta sé stessa, perdendo ogni briciolo di credibilità e spazzando via ciò che di serio i protagonisti si erano impegnati a costruire. Forse ci aspetta un nuovo altro ciclo? Dopo sei stagioni di Élite, i sospetti che nutrivamo già da anni si stanno trasformando in certezza: questi adolescenti ricchissimi non hanno più nulla da dirci e perfino i loro eccessi non sono più in grado di divertire. Basta, abbassiamo la settima stagione.