"Un uomo che contempla i limiti della propria esistenza non è malato, è semplicemente vivo. Semmai è da pazzi pensare che un uomo non debba mai andare in crisi".
Sette giorni,
una settimana, per imparare a conoscere gli altri e, soprattutto sé stessi:
questo è alla base di Tutto Chiede Salvezza, serie in 7 episodi
liberamente tratta dall'omonimo romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli,
prodotta da Picomedia per Netflix, con la regia di Francesco Bruni.
Per
la prima volta una produzione italiana riesce a trattare tematiche importanti
come la salute mentale con garbo e sincerità, senza pietismo.
Finire per sette giorni sotto regime
di TSO vuol dire essere pazzi? È quello che si chiede Daniele, un ventenne con
un eccesso di sensibilità che, dopo una crisi psicotica, si risveglia nella
camerata di un reparto psichiatrico, assieme a cinque improbabili compagni di
stanza con cui pensa di non avere niente in comune, pressato dai medici che gli
vogliono frugare nel cervello, e accudito da infermieri che gli sembrano cinici
e disinteressati. Ma sette giorni sono lunghi, e quella che all'inizio gli
sembrava una condanna pian piano si trasforma in una delle esperienze più
intense e formative della sua vita.
In sette episodi, ciascuno per ogni giorno
della settimana che il protagonista dovrà trascorrere nella clinica, la serie è
un incalzante calvario che diventa scoperta di sé, senza rinunciare all'ironia
che diventa piacevole e preziosa compagna di viaggio; Daniele si trova a
confrontarsi con i "matti" e con il personale della struttura (medici, infermieri,
assistenti), due mondi che si toccano fino a confondersi.
È una
settimana estiva, afosa e rovente, un periodo in cui tutti cercano di evadere
dalla quotidianità e certo non pensano a chi si trova in un ospedale a
combattere con(tro) i propri demoni. Si parte da qui, ed è già il cuore del
racconto, da questa spaccatura tra ciò che sta fuori (gli svaghi in spiaggia, i
trampolini per tuffarsi in piscina, le serate in discoteca, la possibilità di
attraversare notti selvagge) e quel che accade dentro (il dolore che non trova
pace, la noia di infiniti momenti morti); in questo senso Anzio è un'ottima
location, perché la cittadina balneare nell'agro romano si presta bene a essere
luogo straniante eppure potenzialmente caloroso, con il decadente ospedale non
lontano dal faro del molo. Daniele (Federico Cesari, Skam Italia) ha
vent'anni. Dopo una serata in discoteca con gli amici si trova legato a un
letto di un reparto psichiatrico. Che cosa è successo quella notte? Lui ricorda
di essere tornato a casa, e poi più nulla. I medici gli ricordano che ha
picchiato il padre e ha avuto una reazione violenta anche con la madre. Daniele
non crede alle loro parole, si sente inadeguato in quel posto dove conosce
Gianluca (Vincenzo Crea), gravemente bipolare che devasta con la sua dolcezza – e personalità – incompresa, il maestro
elementare Mario (Antonio Pennacchi), che ha sempre una parola di conforto per
tutti ma è incapace di proteggere sé stesso dai suoi demoni, Alessandro,
immobile nel letto con
il braccio livido per i pizzicotti che gli dà il padre nella speranza di
risvegliarlo dal sonno ad occhi aperti che lo pervade, Giorgio (Lorenzo Renzi),
un ragazzo rimasto bambino in un corpo da gigante con il trauma mai superato della
perdita della madre, e Madonnina (Vincenzo Nemolato), un trentenne la cui mente
è un puzzle scomposto e che ha una passione per il fuoco. Daniele non crede di
riuscire a resistere più di un giorno, "invece i giorni passeranno", gli
assicura l'infermiere cinico Pino (Ricky Memphis). Anzi, col passare delle
puntate (una per ogni giornata) Daniele scoprirà che quelle persone che
all'inizio non sopporta lo stanno aiutando a crescere. Nel suo percorso
incontrerà anche Nina (Fotinì Peluso), una ragazza che ha tentato il suicidio,
che Daniele conosce bene dai banchi del liceo e che ora è un'attrice famosa.
Inizialmente tra i due non scorre buon sangue, soprattutto da parte di Nina,
una tipa a dir poco scontrosa. Col passare dei giorni gli animi tra di loro si
placheranno.
Tornando qualche giorno indietro scopriamo che il protagonista
rimane sconvolto dall'incontro con un ex compagno di scuola, laureato in
ingegneria, che dopo un incidente e un periodo in coma non è più tornato lo
stesso. "Perché proprio lui? Che giustizia c'è? Che cura c'è per la vita? È
tutto senza senso, poi se ti metti a cercare il senso ti pigliano per matto", si chiede il ragazzo. L'incontro
con Marcello lo segna e lo porta al gesto di rabbia eccessiva, descritto dai
medici.
Una delle caratteristiche della
narrazione seriale è che, nel corso degli episodi, gli sceneggiatori non si
limitano ad approfondire (unicamente) la trama principale dei protagonisti ma
riescono a delineare bene anche le storie dei personaggi secondari. Approdiamo sulla "nave dei pazzi" osservandoli e mai compatendoli, osservando le loro sofferenze, cercando di
conoscere il perché sono ricoverati in TSO. Non ci sono buoni o cattivi,
normali o pazzi in Tutto Chiede Salvezza perché "visti da vicino,
nessuno è normale". La
toccante poesia di Daniele letta al funerale di Mario non è che il sunto di
questo messaggio in bottiglia, di naufraghi malati da eccesso di sensibilità
pronti ad essere salvati da un piccolo gesto di solidarietà. E molte volte
salvato e salvatore invertono i ruoli.
Quella tratta dal romanzo autobiografico
di Daniele Mencarelli, vincitore del "Premio Strega Giovani" nel 2020, è una
serie difficile da buttare giù, una serie che dà uno schiaffo in faccia e che
mostra il lato più buio della società e, soprattutto, la grande fragilità dei
ragazzi della generazione Z che sono sempre meno ancorati alla realtà e
rischiano di farsi del male da soli rimuginando in pensieri contorti e negativi
sul senso della vita e su quello dei rapporti umani.
Può far male l'animo ma,
forse, questo dolore è necessario per potersi riappropriare della gioia di
vivere. L'amore può
essere una risposta, soprattutto se inteso come disponibilità a comprendere la
complessità.
Buone le
performance degli attori, a cominciare da Federico Cesari, che dona quell'aria
teen alla serie; d'altro canto, spiace notare che il contraltare al suo lavoro
sia quello del personaggio femminile principale, incarnato da Fotinì Peluso,
che si rivela purtroppo velatamente acerba e altalenante nei toni della sua
performance, forse la più debole dell'intera serie.
Un difetto di Tutto
chiede salvezza? L'audio dei dialoghi: davvero difficile riuscire a capire
tutte le parole – considerando anche che la maggior parte degli attori usa
inflessioni tipiche del dialetto romano – che poi vengono sovrastati dalla
musica che di certo vanta colonne sonore belle e giovanili (Vent'anni
dei Maneskin). In generale la serie lascia piuttosto dubbiosi, forse con una
porta aperta per il futuro della dramedy. Ma le zone d'ombra ci sono e con esse
tante domande: cos'ha deciso di fare Daniele? Lavorare o studiare? È mai andato
a trovare i suoi vecchi compagni d'avventura? E la cura per la depressione come
sta andando? La serie è un crescendo di emozioni, nei 7 episodi che
ripercorrono i sette giorni di ricovero in clinica, viviamo le fragilità dei
suoi protagonisti, ma al contempo cerchiamo di superare il disagio interno che
vivono e che non è compreso dalle loro famiglie e da chi prova a curarli. Tutto
Chiede Salvezza non si nasconde dietro pietismi, affronta la malattia e
aiuta i pazienti a riconoscerla liberandosi del pregiudizio, senza aver paura
di essere additati da una società fatta di apparenza. Ogni personaggio ci
dimostra che dal dolore si può uscire, diventando migliori. Dopo aver vissuto
il buio si può incontrare la speranza di una vita migliore. Anche se non entusiasta del finale, aspettiamo notizie se e come la serie proseguirà (qui la recensione della seconda stagione).