Skam Italia 5. E poi?


Ritorna il gruppo di adolescenti creato per l'Italia dalla penna di Ludovico Bessegato con nuovi 10 episodi creati dal team di Cross Productions e Netflix. La serie, tratta dal format norvegese di Julie Andem, parte come al solito da un personaggio principale, il protagonista di stagione, i cui problemi e disagi diventano il punto di partenza per i temi da trattare e attraversare. Il prescelto della stagione 5 è Elia, il diciannovenne interpretato da Francesco Centorame. Al centro della nuova stagione vi è l'importante percorso di accettazione che il giovane dovrà compiere. La complicità degli amici di sempre, determinante per raggiungere questo obiettivo, si intreccerà alle vicende di Elia alle prese con i nuovi personaggi. 
La quinta stagione di Skam Italia (qui la recensione completa della serie) ci porta a conoscere la storia e i tormenti di un ragazzo apparentemente leggero e superficiale che, visto da vicino, non è affatto come appare.

Scopriamo dai primi minuti che Elia è stato bocciato e non ha concluso il suo percorso liceale insieme ai suoi compagni – unico escamotage per poter rientrare del mondo del liceo. Crescere non sarà così facile come aveva creduto: la campanella del Liceo Kennedy continua a suonare (solo) per lui, i punti di riferimento in classe sono cambiati e vedersi con gli altri del gruppo diventa sempre più complicato. Rimasto indietro al vecchio mondo, mentre gli altri sono proiettati in avanti, Elia si sente sospeso e sfugge sempre più le relazioni. Come in una bolla, si allontana anche sentimentalmente da amici e complicazioni sentimentali. Elia, d'altronde, è il classico ragazzo che alle compagne di scuola appare un po' "bello e impossibile". È popolare, canta in una band, ha successo con le ragazze, eppure non ha mai avuto una storia seria. Tutti lo guardano un po' come il classico ragazzo che ama divertirsi e passare da una ragazza all'altra senza impegno, ma la realtà è molto diversa. Sin da subito, quindi, Elia è un personaggio diviso: è in conflitto con il padre, che sta con un'altra donna dopo la morte della madre, ha lasciato casa per vivere da solo in una stanza affittata da Filippo (Pietro Turano), deve confrontarsi con un nuovo anno scolastico in cui è solo e si porta dietro una fragilità di cui nessuno è a conoscenza e di cui non può parlare con lo psicologo scolastico, allontanato perché offriva il vino agli studenti. 
Svelata la motivazione della sua ritrosia (una caratteristica fisica vissuta come un difetto) veniamo a conoscenza del motivo del suo profondo disagio fisico e mentale: ciò che desta ansia da prestazione in Elia è l'ipoplasia peniena, identificata, con un termine più generale, nel micropene. Si tratta di una condizione clinica che riguarda lo 0,6% della popolazione mondiale maschile e si attesta quando il pene in erezione non raggiunge i 7 cm di lunghezza. 

Dopo pochi giorni dall'annuncio della tematica affrontata, internet era già pieno di "ci sono problemi più grandi" e di varie battute sulle dimensioni. In realtà, grazie a Skam Italia 5, uno dei temi trattati riguarda soprattutto il bodyshaming. Quasi sempre il focus è sulle donne: l'approccio alla questione, dal punto di vista qui maschile, mostra l'universalità della sofferenza, quando il proprio corpo non si conforma alla "normalità" e permette anche di sfatare qua e là qualche mito di troppo sulla sessualità maschile e femminile. La mancata accettazione di sé da parte di Elia coincide con un'incapacità a costruire e un'importante carenza di autostima. L'isolamento sembra essere la via più semplice e meno dolorosa da percorrere. Elia sarà ovviamente nell'occhio del ciclone social, sommerso da bullismo e derisione per il suo "difetto" sbandierato ai quattro venti. Deciderà, però, di affrontare il mostro dei bulli con il sostegno degli amici. Questo perché il racconto in Skam si conferma corale: anche se uno dei ragazzi del gruppo è al centro della stagione, chi gli sta attorno ha comunque la sua importanza nel rappresentare quel legame affettivo. Gli episodi finali della quinta stagione mettono a segno uno di questi momenti, quello in cui Elia semplicemente non ce la fa più a tenersi tutto quel dolore dentro e chiama in raccolta i suoi amici. E loro sono lì, attorno a lui, soprattutto le ragazze, a creare quello spazio emotivo di cui Bessegato e il cast hanno tanto tessuto le lodi. 
Al tempo stesso, però, Filippo si fa portavoce di un'altra tematica: l'AIDS che, seppur meno in risalto negli ultimi decenni e in diminuzione, riguarda comunque una parte della popolazione italiana e si affaccia alla tematica dei rapporti non protetti. Il percorso di Elia si interseca, poi, con quello di varie new entry. Ad arricchire il cast c'è soprattutto Viola (Lea Gavino) che riuscirà a guadagnarsi la fiducia del ragazzo. Attraverso lei si affronterà anche un altro tema importante, come quello sulle molestie, e scopriremo nel corso degli episodi che un altro personaggio della serie, Federica, deve affrontare il dolore legato alle conseguenze di una manipolazione psicologica. Emerge la consapevolezza che viviamo in un'epoca in cui tutti possiamo diventare bulli. Risatine sottovoce, commenti inappropriati, sguardi ironici. Superare il limite e passare dall'altro lato è semplice. Basta solo un attimo. Salvare le apparenze è tutto quello che ogni protagonista di questa serie, nel corso delle loro storie, ha dovuto fare ed Elia non è di certo immune: dover essere all'altezza delle aspettative della famiglia, dei partner, degli amici, della scuola, di sé e dell'immagine ideale creata proprio quando ti stai formando, ossia quando vai al liceo. E mentre la storia avanza, Roma non fa solo da bellissima cornice, ma respira con loro e risuona con noi. In questa stagione più delle altre si annulla la distanza e sembra di essere al loro baretto di sempre, sembra che Radio Osvaldo sia anche un po' nostra, che al Liceo Kennedy ci sia andato anche chi non è romano. La scena finale, una comprensibile allegoria, probabilmente ha poca potenza rispetto al finale di stagione precedente. E così, in una stagione che ha saputo dare molto non sbagliando nemmeno un episodio, si sente la mancanza di una più corposa conclusione.

Quando ho iniziato a vedere Skam Italia, l'ho fatto perché avevo bisogno della mia dose di teen drama. Ho iniziato molto dopo la prima messa in onda e con poche aspettative, considerata la mia poca stima nei prodotti italiani dedicati a un pubblico giovane. Skam norvegese finisce con la quarta stagione. E anche Skam Italia aveva più o meno concluso la sua storyline con il nucleo di personaggi storici che, dopo l'esame di maturità, si avviava verso un nuovo capitolo della loro vita, con un monologo riassuntivo, molte scene in slow-motion insieme e la lacrimuccia che scende per il distacco che stava per avvenire. Poi succede che il miracolo accade e viene annunciata una quinta stagione. A questo punto ci chiediamo chi ne sarà protagonista e quale sarà il tema centrale. La notizia arriva dopo quasi un anno: Elia, quello che sulla carta sembra il più superficiale, leggero, senza pensieri e con un'apparente allergia alle relazioni con le donne. Allergia piuttosto comune al giorno d'oggi tra gli uomini. Ad altri personaggi molto amati, come Eva e Giovanni, si dedica zero spazio, forse perché non c'è più nulla da raccontare su di loro per lasciare posto ad altre storie, non solo quella di Elia. Sebbene Federica e Filippo possano essere papabili narratori di nuove tematiche, si dipana il distanziamento dal format originale, che chiudeva la sua esistenza all'universo liceale. Sarebbe, quindi, da considerare se il pubblico sia pronto ad abbandonare i vecchi protagonisti, seppur volti onnipresenti sullo sfondo, per abbracciare una nuova era di Skam Italia, dove volti emergenti, come quello di Viola, possano continuare a raccontarsi. I due nuovi personaggi, Viola e Asia, stanno bene con lo storico cast e hanno il potenziale per un possibile proseguimento della storia con personaggi inediti. Seppur non perfetto e un po' lontano dalle precedenti stagioni, Skam Italia 5, alla fine, lascia così un monito importante: non dimentichiamo che l'essere vittima, a volte, non ci giustifica dal poter noi stessi fare del male.