Disponibile da novembre 2021 su Amazon Prime Video e
divorata in due giorni, la serie racconta la vita di Carlo Verdone – non è
un'autobiografia – in maniera "romanzata" e con qualche differenza tra realtà e
fiction. Carlo Verdone ha sempre portato sé stesso nei suoi film. Quando ha
abbandonato i personaggi più macchiettistici, iniziando a portare storie più
complesse, ha messo molto della sua persona nei protagonisti, tra ansie, tic e
modo di pensare. Ed ecco, quindi, che in Vita da Carlo troviamo nuovamente
Verdone ad interpretare sé stesso. La cosa sorprendente, dalle parole di Carlo
Verdone, la serie contiene un 40% di verità, amalgamando finzione e realtà in dieci
puntate scritte e dirette da Verdone e dalla sua squadra, che raccontano la
quotidianità dell'attore e regista, separato da anni dalla moglie e con due
figli più assenti che presenti. Oltre alla famiglia, gli amici, tra cui spicca Max
Tortora, anche lui nei panni di sé stesso, vera spalla comica per tutta la
durata della serie, che trova una buona alchimia con il protagonista, dopo un
unico sodalizio romano nel film, Si vive una volta sola.
Carlo Verdone nella serie è vessato da un produttore che
vorrebbe, guarda caso, proprio un ritorno ai film di una volta, coi personaggi,
che secondo lui facevano ridere davvero. Ma Carlo vuole cambiare, fare un film
serio. Poi, tra stress familiare e professionale, assistendo a un piccolo
incidente, uno sfogo contro il degrado di Roma, fatto dall'attore fuori dalla
sua farmacia di fiducia, viene filmato e reso virale. Il consenso della gente
sale e qui l'idea della giunta: proporlo come sindaco. "Lo famo sindaco!" titola Dagospia. Inizia così un periodo complicato, con pressioni da entrambe
le parti: fare un film che non vorrebbe fare oppure darsi alla politica verso
la quale però non prova davvero interesse? Carlo non sa dire di no, sa solo
tergiversare da entrambe le parti, così si trova a combattere con le volontà
della gente e mai con le sue. A risolvere i problemi degli altri e mai i suoi. A
nessuno sa dire di no: alla figlia che vuole partire per l'Inghilterra, all'ex
fidanzato che non vuole andarsene da casa Verdone presso la quale vive da
parassita, a fan esagerati che gli chiedono i selfie nelle situazioni più
assurde. I personaggi di Verdone sono, quindi, onnipresenti dai primi agli
ultimi passaggi della serie, come nell'esilarante scena con l'ammiratrice
malata di cancro che Carlo va a trovare per suo buon cuore (e perché, appunto,
non sa dire no!) e che gli richiede di fare qualche battuta dai suoi film, però
che siano Un sacco bello o Borotalco, perché Maledetto il
giorno che ti ho incontrato già le sembra troppo malinconico.
La trama è
semplicissima, arricchita proprio dalle svariate situazioni in cui Verdone si
ritrova. Da amante dei suoi film, ho trovato questa serie piacevole da vedere
come guardare un pezzo della sua vita sul piccolo schermo e non più sul grande.
Ma questo non significa che abbia fatto un passo indietro, nonostante non abbia
spiccato di originalità, anzi cimentarsi con una serie gli ha permesso
di allungare certi tempi, prendersi le giuste pause, alternare meglio le parti
comiche a quelle più amare. Nonostante la serie rappresenti una parte di verità
della vita del protagonista, il resto dei personaggi sono tutti attori,
pertanto nessuno dei figli, la moglie o i cognati è reale, anche i nomi
cambiano. Qualche interessante escamotage cinematografico, come l'ex moglie da
cui non si è mai separato per non dare un dispiacere ai suoceri, interpretata
da Monica Guerritore. Per l'aspetto recitativo, non spiccano di curiosità
nessuno dei due figli, a differenza dell'ex fidanzato della figlia,
interpretato da Antonio Bannò, nel ruolo di Chicco, che diventa presto amico e
confidente di Carlo, soprattutto quando questi scopre la sua storia famigliare non proprio
idilliaca. Poi c'è la farmacista Annalisa, interpretata da Anita Caprioli, che
non sembra suggestionata dall'idea del personaggio famoso, quale è Verdone,
piuttosto dalla persona. Tutti i personaggi ruotano intorno a lui, giusto per
dare alla trama anche una componente familiare e sentimentale dentro cui far
scattare dinamiche utili a rivelare, però, le sue grandi passioni da Roma, alla
Roma e alle medicine (non è ipocondriaco, al massimo un po' ansioso, ama
consigliare farmaci agli amici), l'animo bonario (ai limiti dell'ingenuità) e
rassegnato di Verdone, quello che ormai conosciamo bene grazie ai suoi film.
Roma è la seconda protagonista della serie, assieme a Carlo
e la sua maestosa casa ricostruita come set cinematografico, dominata dalla
presenza di una domestica che sembra uscita da un revival anni '60. La sua
corsa a sindaco nasce, appunto, dal suo amore per la città, attraversando quasi
ogni angolo della capitale, dai più ricchi ai più poveri, raccontata brevemente
in ogni suo aspetto, dalle ville dell'ambiente del cinema ai viali con le
prostitute. Grazie alla sua presenza, ovviamente le risate non mancano, alcune
anche amare. Sembra quasi che Verdone voglia svestirsi dei panni del Carlo
regista per indossare quelli del Carlo umano, raccontandoci chi è. Ne viene
fuori una comedy che non sempre brilla per umorismo, in cui alcuni episodi
sembrano saltare il filo logico. Numerosi cameo interessanti come quello di
Alessandro Haber, un vecchio attore ubriacone, Paolo Calabresi, uno
sceneggiatore in crisi, Rocco Papaleo, un pusher letterato, ci sono stati, come
anche partecipazioni speciali come quella di Antonello Venditti. Poi la presenza
sbucata di Morgan, quasi a ricordarci dove possa finire un personaggio dannato,
forse è l'unico neo in tutta la combriccola.
Ritmo e regia sono molto buoni. La prima metà della stagione
è più coinvolgente della seconda che prosegue più lentamente, terminando con un
finale un po' spento, che fa pensare che potrebbe proseguire con una seconda
stagione. Verdone ha studiato il quotidiano malinconico di una generazione alla
continua ricerca di un posto nel mondo, restituendolo attraverso una serie di
personaggi difettosi e stupiti di fronte al mistero femminile. C'è molto,
moltissimo di Verdone in questa serie, non tanto perché si mette a nudo, manie
e abitudini comprese (la prescrizione dei farmaci, il rapporto con il
cellulare, con i fan, l'amore, la malinconia), ma anche per la volontà di
riflettere sul suo percorso. Qualcuno gli ricorda: "Ti sei un po' appiattito" e
forse dopo tanti anni di più Verdone, qui troviamo un po' più Carlo con i suoi
pregi e i suoi difetti.