ALFREDINO - UNA STORIA ITALIANA


A quarant'anni dalla vicenda di Alfredino Rampi, caduto in un pozzo artesiano a Vermicino nei pressi di Roma, è andata in onda su
Sky Cinema e su Now la fiction prodotta da Sky Original che ne racconta la tragica storia. Nel corso degli anni sono state avanzate le ipotesi più disparate, i piani di salvataggio che avrebbero potuto trarre in salvo il piccolo o i complotti che sarebbero stati alla base della tragedia di Vermicino. Rimane il fatto che Alfredino non ce l'ha fatta e che la sua morte è una ferita aperta per tutta l'Italia in quello che divenne il primo caso di spettacolarizzazione del dolore. 
Conoscevo la tragica storia solo a voce, poiché non ero ancora nata quando avvenne, e mi ha toccato molto. Non sono una fan delle fiction italiane, ma questa più che fiction è un racconto fatto di realismo e niente retorica. Non c'è niente di "fiction". È questo che cerco spesso dalla tv italiana: qualcosa che sappia raccontare, anche in maniera cruda, qualcosa di reale o realistico facendo smuovere l'animo umano. Perché se lo vogliamo fare, lo sappiamo fare anche bene. E questa serie ne è un esempio.

Con il rischio concreto di trasformarsi in un melodramma strappalacrime e nell'esibizione di una tragedia già offerta a suo tempo allo sguardo morboso del pubblico, la miniserie, diretta da Marco Pontecorvo e divisa in quattro episodi, riporta in tv il dramma avvenuto nel giugno 1981, durante il quale un bambino di sei anni perse la vita per grave disorganizzazione dello Stato italiano. Gli episodi raccontano, in maniera del tutto reale, i tentativi di salvare il bambino dal pozzo: quando la polizia per prima perlustrò la zona e capì che Alfredino era caduto nel pozzo, senza misurare la profondità dello stesso, fecero cadere una tavoletta legata ad una corda con la speranza che il bambino si potesse aggrappare ad essa; successivamente capirono la profondità del pozzo e con un altoparlante legato ad un microfono misero in comunicazione Alfredino con la mamma. Passò poco per capire che era il momento di chiamare i soccorsi e la vicenda fu a dir poco improvvisata: vennero vigili del fuoco, speleologi, medici, psicologi, volontari, e perfino Sandro Pertini (Massimo Dapporto) che volle assistere alla scena. Lentamente la situazione si aggrava: il terreno è instabile, il buco è troppo piccolo e il piccolo Alfredo è incastrato a 36 metri di profondità. La notizia arriva alla Rai e, convinta di poter dare una buona notizia, essa decide di iniziare una diretta televisiva, che sarà l'inizio di una tempesta mediatica.


Ad interpretare Elveno Pastorelli, il Comandante dei vigili del fuoco, è un bravissimo Francesco Acquaroli che, con la presunzione di un rappresentante dello Stato, non volle accettare aiuti da parte di giovani geologi e speleologi (Valentina Romani e Giacomo Ferrara), fino a quando si renderà conto di aver bisogno di tutto il supporto possibile, anche da parte di volontari pronti a calarsi nello stretto pozzo, giungendovi da uno parallelo, scavato per raggiungere il bambino, ormai arrivato a 60 metri di profondità. Un'accuratezza, dunque, nel raccontare ma anche una grande attenzione nel preservare la figura di Alfredino che di fatto, se si esclude qualche scena all'inizio propedeutica al racconto, non si vede praticamente mai. Forte è invece la presenza del pozzo artesiano in cui Alfredino cadde, intorno al quale, nel giro di poche ore, si riempì di giornalisti, gente comune e non, curiosi e speculatori presenti nelle ore dei soccorsi (che probabilmente li rallentarono). 
Vinicio Marchioni è Nando, il vigile del fuoco che, in quei giorni, riuscì a parlare e instaurare un dialogo con Alfredino, parlandogli di Mazinga e dei robot. 
Franca (Anna Foglietta) e Ferdinando Rampi (Luca Angeletti) non erano soli ed accettarono ogni singolo aiuto, nonostante ricevettero altrettante molte cattiverie dette nei loro confronti, ma consapevoli che tutto ciò si sarebbe potuto gestire in maniera diversa. L'interpretazione di Anna Foglietta è esemplare e più empatica non poteva essere, intesa così tanto che ti disperi e piangi con lei.

Lo scopo della serie va ben oltre, però, il commuovere o il raccontare l'episodio di cronaca. Alle vicende avvenute dopo la morte di Alfredino viene dato ampio spazio nell'ultimo episodio che mostra le conseguenze che questo doloroso dramma ha portato nelle vite dei genitori di Alfredino. Grazie al loro impegno, oggi possiamo contare sulla Protezione Civile e sul Centro Alfredino Rampi, costituiti per non permettere che succedesse di nuovo qualcosa del genere. Ormai abile a costruire sulle macerie, l'Italia non avrebbe più dovuto commettere errori simili.

La scomparsa di quel bambino non è rimasta soltanto la storia privata di una famiglia, come sarebbe stato più giusto che fosse, ma è diventata la storia di una nazione intera. Ciò che mancava allora era un sistema organizzato di soccorsi, un coordinamento tra soccorritori. Per ben tre giorni nessuno riuscì a tirare fuori un bambino da un pozzo e il corpo venne recuperato a quasi un mese di distanza. Le continue dirette di quei giorni portarono a far guardare a milioni di italiani l'evento trasformato in un vero e proprio "reality show dell'orrore". 
Citando non solo pezzi d'epoca ma anche la celebre dedica dei Baustelle del 2008, viviamo un'esperienza decisamente ed emotivamente molto forte che, se sommata a tutta la mal gestione organizzativa, è ancora più incredibile immaginare che tutto ciò sia accaduto. Un racconto teso, asciutto, ricco di umanità e rispetto che ci dice davvero chi eravamo e chi siamo diventati oggi.