La serie tv Netflix percorre un pezzo della storia
romana dal punto di vista del popolo barbaro. Infatti è proprio la battaglia di
Teutoburgo – qui vengono narrati i precedenti eventi scatenanti - ad essere una
delle poche in cui i Romani furono sconfitti (IX secolo d.C.). Negli ultimi
anni della dominazione di Ottaviano Augusto le terre dei Germani (attuale Bassa
Sassonia) furono invase dall'Impero Romano. Un evento storico che, seguendo
intrecci, tradimenti e spargimenti di sangue, si rivela adatto alla realizzazione
televisiva. La serie porta in scena tutti i protagonisti principali del
racconto che ne fece Tacito nei suoi Annales. Anche molta
letteratura successiva rende il prodotto fedele nella scrittura.
La nuova serie
tedesca, Barbari, è dunque abbastanza accurata, con pochi elementi romanzati, senza perdersi in troppe
storpiature. In realtà ciò che si vuole raccontare non è la disfatta romana, bensì la vittoria barbara.
Barbari ha quindi il merito di guardare alle
vicende senza concentrarsi sul centrismo romano come diverse rappresentazioni
del passato hanno fatto. Vederlo in lingua originale, oltre alla già presente
lingua latina, si possono apprezzare anche i dialoghi tra romani e barbari.
Siamo ben dopo l'epoca di Cesare e questa volta è Publio
Quintilio Varo, interpretato dall'italiano Gaetano Aronica, il generale a
comando delle legioni romane, che stanno avanzando nella conquista della
Germania. Il suo esercito ha non solo un numero esageratamente maggiore di
uomini, ma anche il vantaggio di vittorie, tra tutte le altre legioni, di lotte
contro popoli stranieri. In questo caso tre legioni romane sono unite tutte
contro un solo nemico: i barbari. I romani giocano di strategia e d'astuzia e
sembrerebbe quasi che si meritassero la sconfitta per aver peccato di superbia
(ubris); e sembrerebbe, inoltre, che è scontato che lo spettatore tifi per i barbari. Ma
perché si arrivò a tanto? I germani non comprendevano il modus
operandi dei romani e molte decisioni politiche rappresentarono per i
barbari insulti e profanazioni.
Il protagonista dei sei episodi, però, è Arminio, detto
Ari, figlio del capo dei Cherusci, consegnato a Roma in giovanissima età, che si
scontrerà con il padre adottivo Varo, dopo aver realizzato la crudeltà
dell'Impero nei confronti di quello che era il suo popolo. Le sue azioni
cambiano nel corso del tempo per gelosie personali. Il suo è un dilemma
interiore ed è proprio questa sua doppia natura che non lo fa sentire davvero
appartenente a nessuno. Tra i tanti personaggi c'è anche un'interessante coppia: Thusnelda, figlia di un signore dei Cherusci (Segeste), promessa sposa al
Reik di un altro villaggio, ma innamorata segretamente di un guardia spade,
Folkwin. Lei non accetta compromessi e si ribella alla società patriarcale e
maschilista. Un richiamo ad un femminismo per nulla forzato. Entrambi sono
amici d'infanzia di Arminio.
Tutto parte quando gli occupanti romani di Varo chiedono
continuamente tributi alle tribù germaniche che, a causa dell'odio interno, non
riescono a fare un'alleanza per difendersi. Thusnelda e Folkwin decidono di
agire, umiliando l'Impero, rubando l'aquila simbolo del potere romano. Arminio, con il tradimento fatto al popolo che l'ha cresciuto ed educato, scatena ed incoraggia i barbari alla ribellione. Non mancano scene cruente, di sangue e di violenza. Quella fatta al fratello di Thusnelda, per esempio, è ricca di pathos.
Dopo la fortunata Roma, Barbari fa riferimento
all'avvio di serie tv storiche di certo spessore, per la precisione sulla
storia romana, considerando anche una certa filiazione con le serie di successo
Games of Thrones e Vikings. Ovviamente non possiamo fare
confronti perché Barbari si distingue per una certa accuratezza. Dalla
perfetta realizzazione dei costumi e dei trucchi, agli effetti speciali e alla
fotografia fino alla scenografica e all'efficace messa in scena. La trama scorre
senza intoppi in maniera fluida e con tempi stretti e scanditi mirando all'essenzialità
con splendide ambientazioni e recitazioni ottime. Purtroppo, però, le
caratterizzazioni dei protagonisti mancano. Lo stesso Arminio risulta poco
carismatico, seppur l'unico con un percorso ben delineato. La frettolosa love
story con Thusnelda, che fiorisce quasi dal nulla, fa cadere in leggeri cliché. Puntata
dopo puntata assistiamo al percorso evolutivo di Arminio verso la piena
consapevolezza delle proprie radici, insieme a quello di Thusnelda, fino ad
arrivare un po' per stanchezza ad un ultimo episodio (memorabile il monologo
che a fine battaglia Arminio ci regala nei confronti di Varo) con la sconfitta
di tre legioni romane ad opera di una coalizione di tribù germaniche capeggiate
da Arminio e Thusnelda – episodio capace di regalare forti
emozioni e di spiazzare con un sottile cliffhanger, non necessitando per forza
di una nuova stagione (la seconda qui).