Definita una miniserie horror di sei episodi, di sicuro di vero horror ne ho visto poco. Netflix ha rilasciato la serie nel 2018, poi cancellata. In realtà non ho ben capito se è stata conclusa volutamente in quel modo. Se fosse così, è stata conclusa con un finale decisamente aperto ed è un vero peccato. I presupposti ci stavano nel migliorarla. Francamente non è una serie da far paura - non ci sono né scene horror né da brivido - ma non è neanche completamente da buttare. Parte molto bene con un crescendo di suspense, di cigolii, riflessi fugaci negli specchi e una villa inquietante infestata da presenze misteriose, ma avrei voluto vedere svilupparsi sotto una trama più avvincente. La trama non è male ed è abbastanza ben scritta, con pochi buchi o parti non chiare, con qualche specchio rotto e alcuni flashback tenebrosi del passato, ma non arriva fino in fondo. Ed è un peccato perché avrebbe tranquillamente potuto conquistare gli appassionati del genere horror, se avesse osato un po'.
Dopo il suicidio della madre davanti ai suoi occhi, poco prima di salire sul palco, Matilda Grey, una famosa violoncellista all'apice del suo successo, decide di indagare le cause dell'estremo gesto; trova a casa della madre dei ritagli di giornale e vecchie foto, riguardanti una misteriosa cittadina e risalenti a molti anni prima, così la sua ricerca la porterà in Galles sulle tracce di una bambina scomparsa molti anni fa.
Già dai primi minuti si intravede lo stesso legame che c'è tra le due tra un fastidio avvertito delle eccessive attenzioni materne e un grande senso di tenerezza. La trama, per quanto ricca di colpi di scena, non riesce ad appassionare fino in fondo, dando quella sensazione di conoscere già il finale. Sembra che rimarchi quel filone di film horror asiatici come The Ring, in cui i protagonisti sono bambini spaventosi o la scomparsa di essi porta a scoperte misteriose.
Il punto di forza della serie sono le sequenze oniriche e soprannaturali, una buona regia in grado di intrattenere discretamente il pubblico e personaggi complessi ma poco delineati. La stessa protagonista Matilda, attanagliata da un senso di isolamento, è una ragazza particolare che si sente oppressa tra le nevrosi del misterioso suicidio della madre e l'ambiente nuovo in cui si trova. Gli abitanti della cittadina di Penllynith, in particolare, sembrano tutti nascondere un oscuro segreto, le cui origini risalgono a diversi anni prima: da qui il divario tra la città cosmopolita di Londra e la campagna isolata dal resto. E proprio a Penllynith, pochi giorni prima della morte della madre di Matilde, è avvenuto un altro strano suicidio. Quindi a Matilda non resta chiedersi: che legame c'è tra lei e la piccola Carys scomparsa nel lontano 1995?
Matilda era pronta a trasferirsi con il suo amico e agente a New York per lavoro e avrebbe avuto sicuramente un futuro brillante prima del suicidio della madre.
L'attrice protagonista svolge abbastanza bene il suo lavoro: è una presenza piuttosto accattivante nei panni di Matilda, istintiva ed emotiva che quasi vorresti prendere a schiaffi a volte, con quel look più da rockstar che da violoncellista, quei capelli biondo platino e quella frangetta sbarazzina. La sua recitazione è piuttosto buona e credibile, soprattutto nelle sequenze drammatiche, a differenza degli altri personaggi, che restano purtroppo anonimi. Insomma avrei gradito un po' di background in più, almeno per la protagonista e il suo collega Hal, che la segue nella follia di trovare la verità, anzi è proprio lui che la spinge a partire. Una serie di fatti misteriosi porterà Matilda a credere di essere lei la bambina scomparsa.
Purtroppo c'è da dire che il primo episodio parte molto bene, ma poi si perde da subito in inquietanti scricchiolii, rumori e tonfi, facendo fatica a proseguire e, a volte, cadendo nella noia. Nella spirale di indagini in cui è risucchiata Matilda in prima persona ci si perde fino al punto da mettere da parte quelle della polizia e, all'avvicinarsi della conclusione, le sfumature orrifiche prenderanno il sopravvento. Fino a quel momento solo sporadici momenti ci ricorderanno di stare a guardare un prodotto horror. Dunque la serie inizia molto meglio di quanto poi proceda fino all'epilogo. In primo luogo non viene minimamente approfondita la natura delle presenze che Matilda vede negli specchi neri; nemmeno l'entità che entra in Matilda alla fine della serie viene definita, o meglio chiamata "arcangelo", sebbene venga evocata da una setta riconducibile più che altro al satanismo. Insomma, senza soffermarmi sul resto degli episodi, nemmeno sul finale si danno troppe spiegazioni: il vero scopo dei rituali, a cui Matilda/Carys viene sottoposta, non viene assolutamente chiarito.
In Requiem ci sono tanti elementi tipici dell'horror e del thriller, ciononostante niente appare banale o scontato. Personalmente non l'ho trovato un prodotto di vera qualità, di certo godibile, ma non lascia entusiasmi. Le storyline sono troppe e non tutte le sottotrame funzionano. La regia gioca fin da subito sull'inquietudine degli scenari e la confusione degli spazi, ricorrendo ad un'ambientazione tipica del Galles: rumore sordo, aria tetra e un po' di mystery che avvolge le numerose scene buie, facendo un buon lavoro, oltre che sulla musica, anche sulla fotografia e sull'atmosfera cupa e malinconica.
Il punto di forza della serie sono le sequenze oniriche e soprannaturali, una buona regia in grado di intrattenere discretamente il pubblico e personaggi complessi ma poco delineati. La stessa protagonista Matilda, attanagliata da un senso di isolamento, è una ragazza particolare che si sente oppressa tra le nevrosi del misterioso suicidio della madre e l'ambiente nuovo in cui si trova. Gli abitanti della cittadina di Penllynith, in particolare, sembrano tutti nascondere un oscuro segreto, le cui origini risalgono a diversi anni prima: da qui il divario tra la città cosmopolita di Londra e la campagna isolata dal resto. E proprio a Penllynith, pochi giorni prima della morte della madre di Matilde, è avvenuto un altro strano suicidio. Quindi a Matilda non resta chiedersi: che legame c'è tra lei e la piccola Carys scomparsa nel lontano 1995?
Matilda era pronta a trasferirsi con il suo amico e agente a New York per lavoro e avrebbe avuto sicuramente un futuro brillante prima del suicidio della madre.
L'attrice protagonista svolge abbastanza bene il suo lavoro: è una presenza piuttosto accattivante nei panni di Matilda, istintiva ed emotiva che quasi vorresti prendere a schiaffi a volte, con quel look più da rockstar che da violoncellista, quei capelli biondo platino e quella frangetta sbarazzina. La sua recitazione è piuttosto buona e credibile, soprattutto nelle sequenze drammatiche, a differenza degli altri personaggi, che restano purtroppo anonimi. Insomma avrei gradito un po' di background in più, almeno per la protagonista e il suo collega Hal, che la segue nella follia di trovare la verità, anzi è proprio lui che la spinge a partire. Una serie di fatti misteriosi porterà Matilda a credere di essere lei la bambina scomparsa.
Purtroppo c'è da dire che il primo episodio parte molto bene, ma poi si perde da subito in inquietanti scricchiolii, rumori e tonfi, facendo fatica a proseguire e, a volte, cadendo nella noia. Nella spirale di indagini in cui è risucchiata Matilda in prima persona ci si perde fino al punto da mettere da parte quelle della polizia e, all'avvicinarsi della conclusione, le sfumature orrifiche prenderanno il sopravvento. Fino a quel momento solo sporadici momenti ci ricorderanno di stare a guardare un prodotto horror. Dunque la serie inizia molto meglio di quanto poi proceda fino all'epilogo. In primo luogo non viene minimamente approfondita la natura delle presenze che Matilda vede negli specchi neri; nemmeno l'entità che entra in Matilda alla fine della serie viene definita, o meglio chiamata "arcangelo", sebbene venga evocata da una setta riconducibile più che altro al satanismo. Insomma, senza soffermarmi sul resto degli episodi, nemmeno sul finale si danno troppe spiegazioni: il vero scopo dei rituali, a cui Matilda/Carys viene sottoposta, non viene assolutamente chiarito.
In Requiem ci sono tanti elementi tipici dell'horror e del thriller, ciononostante niente appare banale o scontato. Personalmente non l'ho trovato un prodotto di vera qualità, di certo godibile, ma non lascia entusiasmi. Le storyline sono troppe e non tutte le sottotrame funzionano. La regia gioca fin da subito sull'inquietudine degli scenari e la confusione degli spazi, ricorrendo ad un'ambientazione tipica del Galles: rumore sordo, aria tetra e un po' di mystery che avvolge le numerose scene buie, facendo un buon lavoro, oltre che sulla musica, anche sulla fotografia e sull'atmosfera cupa e malinconica.
Dunque Requiem richiama il genere della ghost story tipicamente gotica e british che risale a Stevenson, Arthur Conan Dyle e Agatha Christie, ma non lascia segni di un prodotto originale. Direi più che questa serie sia andata a pescare un po' di idee da film e altre serie, ma senza costruirsi una vera identità.