CRISIS IN SIX SCENES


Vista in lingua originale perché la serie ancora non era uscita in italiano, l'ho iniziata dal momento che il mio amore smisurato per Woody Allen era tale che l'ho trovata prima che Sky la mettesse a disposizione. Si tratta di una serie originale Amazon, la cui piattaforma aveva convinto il famoso regista a scrivere per il piccolo schermo per la prima volta, ma sia per lui che per il pubblico affezionato ai suoi film non era sembrata un'ottima idea. Woody Allen fa una cosa: sei episodi da venti minuti circa. 
A questo punto non so se può essere considerata una serie tv di soli sei episodi, un film lunghissimo diviso in sei parti oppure addirittura un'opera teatrale. 
Forse è proprio questo il motivo di tanta perplessità di cui veniamo, comunque, affascinati: battute a random in stile Woody Allen e scene poco collegate tra loro. La cosa divertente è che lo stesso Allen dice di non guardare serie televisive. E allora perché l'ha scritta, ci chiediamo? 
Comunque direi che poco più che mediocre è un complimento per come si presenta questa serie; mi dispiace dare un giudizio così schietto considerando che sceneggiatore e regista sono uno dei più grandi pilastri del cinema. In realtà non si sa dove vorrebbe andare a parare: tutte le contraddizioni dei personaggi convergono in una comicità paradossale, in cui ognuno si comporta negando il suo status. Stile Woody Allen indubbiamente, ma mi sarei aspettata un pochino di più.


Una famiglia di classe media, composta da una coppia di anziani, vive una vita tranquilla nella società americana degli anni '60. Sidney Muntzinger (Woody Allen) è uno scrittore cinico e pubblicitario ipocondriaco, insoddisfatto della sua carriera. La moglie Kay, una terapista di coppia che ha il vizio di bere, ha un appuntamento fisso con il "Club del libro" insieme alle sue amiche. Poco gli importa ad entrambi di ciò che sta accadendo in Vietnam. 
Quando la rivoluzionaria Lennie (Miley Cyrus) entra nella loro vita, cominciano a vacillare pensieri e pregiudizi della gente sul conformismo o sulla rivoluzione. Uscita dal periodo provocazioni e trasgressioni, troviamo una Miley Cyrus poco credibile - d'altronde non è che sia questo genio di attrice. Lennie da un lato disprezza nell'immediato le abitudini dei suoi ospiti, dall'altro ama e poi distrugge tutto non appena ne ha l'occasione. Con un certo fervore cerca di mobilitare la gente con le sue idee rivoluzionarie, ma presto si scontrerà con Sidney. Da qui ci vuole poco a tirare dentro anche la polizia e buffi tentativi di spionaggio.
Alan, figlio di una famiglia di banchieri che vive a casa Muntzinger (non ci si sofferma molto sul motivo) e pronto a sposarsi, è impegnato a costruire bombe nella propria camera da letto. Presto si innamora di Lennie, non ricambiato. Quando Alan parla sembra la versione giovane di Sidney, che a sua volta sembra in tutto e per tutto Woody Allen. 
Sul finale solo le donne del "Club del libro" diventano rivoluzionarie marxiste, solo perché è "trasgressivo", senza alcun reale convincimento; a differenza degli altri personaggi che tornano ad essere ciò che sono sempre stati, compreso Sidney.

Le critiche generali verso Woody Allen riguardo il giudizio della serie sono in parte un po' esagerate. Se qualcuno non ha mai visto i suoi film, ritengo difficile che possa comprendere che quello descritto è proprio lui. Dopo anni di assenza rimette in scena il suo personaggio buffo e goffo, a volte ipocrita, colto, ma dalle sfumature ironiche. Sicuramente non è la sua migliore sceneggiatura e interpretazione, ma si è messo in gioco. Allen a 81 anni ha deciso di esplorare un mondo nuovo, ma secondo me era meglio che rimaneva nel suo di mondo, ovvero quello di fare cinema. Non si sa che la serie l'ha quasi rinnegata e di tutto questo progetto, già dall'inizio, diceva "facciamolo ma non garantisco niente". Alla fine anche lui, come Sidney, è tornato a fare quello che faceva e ci siamo tutti dimenticati di questa breve parentesi.